(57)
HENZAN
Studio Diretto Sotto Un Maestro
Letteralmente il titolo significa studiare estesamente, o anche esplorazione completa. È questo il senso profondo del ricercare e ricevere l’istruzione diretta, da parte un maestro. Non si tratta tanto di girovagare da un monastero all’altro, quanto piuttosto di approfondire ed esaurire lo studio sotto un maestro, attraverso lo zazen.
La grande Via dei Buddha e dei Patriarchi è fare l’esperienza dello scopo ultimo dello studio; nessun laccio può sorgere sotto i nostri pidi, solo le nuvole appaiono.[1] Tuttavia, pur potendo affermare ciò, come dice il Maestro Tōzan:[2] “Quando un fiore sboccia l’intero mondo sorge, e noi siamo sempre sulla Via.” Allo stesso modo, perfino la buccia di un melone è dolce, mentre una zucca amara è amara fino alle radici; il dolce è dolce, l’amaro è amaro. Ecco ciò che dobbiamo investigare.
Una volta, il Grande Maestro Gensha Sōitsu[3] venne chiamato dal suo Maestro Seppō,[4] che gli chiese: “Perché non prosegui nel visitare altri maestri?” Gensha rispose: “Bodhidharma non è venuto in Cina e il secondo Patriarca non è andato in India.” Seppō elogiò la risposta.
Il principio che sta dietro alla domanda di Gensha, circa il visitare altri maestri, è diverso dal significato delle parole e non vi è niente di speciale; in buona sostanza, non vi è differenza di rango tra i diversi maestri.
Quando il Maestro Zen Nangaku Dai-e[5] incontrò per la prima volta l’antico Buddha Sōkei,[6] questi gli chiese: “Da dove vieni?” Dai-e non seppe che dire e passò otto anni a cercare la risposta a questa domanda. Infine, dopo che si fu così addestrato sotto il suo maestro, si prostrò davanti all’antico Buddha e disse: “Quando venni qui per la prima volta mi chiedesti da dove venivo. Ora comprendo il vero scopo delle tue parole.”
L’antico Buddha Sōkei chiese: “Cosa hai chiarito?” Dai-e rispose: “Non posso spiegarlo a parole.[7] È quello che ho imparato.” Questa è la realizzazione degli otto anni di studio di Dai-e, sotto un maestro. Sōkei chiese: “Perché cerchiamo prassi e illuminazione?” Dai-e rispose: “Prassi e illuminazione non sono non-qui, ma non possono essere ottenute se sussiste qualche impurità.” Sōkei allora disse: “Io sono così, tu sei così e così sono tutti i Buddha e i Patriarchi.” Dopo questo episodio, Nangaku perfezionò la sua prassi per altri otto anni e quindi, in tutto, studiò per più di quindici anni; eppure, perfino il suo primo incontro con Eno fu esplorazione completa.
“Non si può conseguire a parole”, schiude la porta per incontrare tutti i Buddha e i Patriarchi, vale a dire per addestrarsi sotto un maestro Zen. Entrare in monastero non richiede necessariamente innumerevoli kalpa.[8] Colui che ha molto tempo libero, e va e viene di frequente, non conseguirà mai la vera prassi sotto un maestro. Non andare e venire è la completa visione illuminata, ed è il totale conseguimento dello studiare sotto un maestro. Anche percepire il volto originario del maestro è esplorazione completa. L’essenza della domanda di Seppō sul visitare altri maestri, fondamentalmente, non ha a che fare con il recarsi su altre montagne, a nord o a sud.
La risposta di Gensha: “Bodhidharma non è venuto in Cina e il secondo Patriarca non è andato in India” sviluppa questa domanda. La frase: “Bodhidharma non è venuto in Cina” non ha a che fare con venire o con non venire. Questo è il principio della grande, incommensurabile terra.
La linfa vitale di Bodhidharma pervade ogni luogo. E anche se tutti, in Cina, avessero studiato sotto di lui, ancora non si potrebbe affermare che Bodhidharma venne in oriente, o che andò in occidente. Dunque, non venire in Cina è venire liberamente. In oriente possiamo vedere i volti dei Buddha e dei Patriarchi, ma ciò non significa che essi ‘vennero’ in Cina. Conseguite la mente dei Buddha e dei Patriarchi attraverso il ‘non venire’, ma non smarrite la loro essenza attraverso il ‘venire’.
Generalmente, la terra non ha un oriente né un occidente, e non c’è nemmeno un luogo in cui esistano l’est e l’ovest. Dal momento che il secondo Patriarca non andò in occidente, non è per noi necessario trasferirci là per studiare. Se il secondo Patriarca fosse andato in India, avrebbe perso anche l’altro braccio e la Via del Buddha non sarebbe stata trasmessa. Per questo non ci andò. Dal momento che era balzato nell’illuminata visione di Bodhidharma, non aveva necessità di soggiornare in occidente. Se non avesse posseduto l’occhio illuminato del suo insegnante, egli certamente avrebbe dovuto soggiornare in occidente. L’esplorazione completa, vero studio sotto un vero maestro, è strappare via l’occhio illuminato di Bodhidharma, non è andare in occidente o venire in oriente. Allo stesso modo, andare sul monte Tendai, sul Nangaku o sul Godai non è esplorazione completa. Se non trascendiamo il mondo dei quattro oceani e dei cinque laghi[9] non possiamo realizzare l’esplorazione completa. Se ci mettiamo sul cammino sbagliato e non cogliamo la completa esplorazione, perdiamo la Via.
Tutte le cose, nelle dieci direzioni dell’intero Universo, hanno una forma reale e un vero corpo; lo studio di tale forma e corpo è esplorazione completa. Perciò possiamo ritrovare l’esplorazione completa nelle parole: “Bodhidharma non è venuto in Cina e il secondo Patriarca non è andato in India.” Esplorazione completa significa: “Una grande pietra è grande, una piccola pietra è piccola.” Pietra, è pietra e nient’altro; grande è grande, piccolo è piccolo. Se ogni volta che guardate una pietra la vedete diversa, questo non è esplorazione completa. Essere capaci di accettare una parola, o mezza parola, da un vero maestro è chiarire se stessi. Questo è esplorazione completa, o illimitato non-attaccamento. Per esempio Dachi, un allievo di Baso, nel porre una qualsiasi domanda era solito battere un colpo per terra; questo è esplorazione completa. Se il monaco colpisce il terreno, poi l’aria, e poi in tutte le direzioni, questo non è esplorazione completa. Il monaco Gutei[10] fece visita a Tenryū[11] e quando il Maestro sollevò un dito, Gutei conseguì il risveglio. Questa è vera esplorazione completa; da quella volta Gutei, ponendo una domanda, alzò sempre un dito.
Una volta Gensha,[12] rivolto ad un’assemblea di monaci, disse: “Śākyamuni e io abbiamo studiato insieme.” Un monaco domandò: “Non è un poco strano? Chi era il maestro a quell’epoca?” Gensha rispose: “Shasaburo, il pescatore.”[13]
In tal senso possiamo affermare che Śākyamuni e Gensha studiarono insieme. Questo è il principio di studiare estesamente. Dal momento che Śākyamuni e Gensha studiarono assieme, entrambi possono essere chiamati antichi Buddha. Gensha studiò con Śākyamuni, perciò è conosciuto come suo discendente. Dobbiamo chiarire minuziosamente questo principio. Inoltre, è necessario chiarire l’essenza di “Shasaburo, il pescatore.” Qui, il punto essenziale è che Śākyamuni e Gensha studiarono assieme, nello stesso momento.
Dobbiamo chiederci se Shasaburo vide o no il vecchio Maestro Gensha, oppure se il calvo Gensha vide Shasaburo salire sulla barca da pesca. Dobbiamo chiarire se essi si videro l’un l’altro, o no. Gensha e Śākyamuni si incontrarono e si scambiarono una completa esplorazione. Shasaburo e io ci siamo visti ed incontrati; dobbiamo scovare il principio che sta dietro a tutto ciò, e scambiarci una completa esplorazione. Incontrare e vedere se stessi è il principio della completa esplorazione; se tale principio non compare, non possiamo vedere noi stessi. Non vedendo noi stessi, non siamo capaci di vedere gli altri; entrambi gli aspetti sono in sé insufficienti. Se non siamo capaci di vedere gli altri non possiamo vedere noi stessi. In tal caso non possiamo indirizzare gli altri, né avere una visione illuminata; non possiamo pescare per noi stessi e nemmeno ottenere il risveglio. Il conseguimento completo dell’esplorazione completa è possibile solo se ne siamo del tutto distaccati.
“L’oceano si prosciuga e non possiamo vederne il fondo.” “La gente muore, ma la mente non trapassa.” Si prosciuga significa che l’intero oceano si prosciuga completamente ma, nondimeno, se non si prosciuga non possiamo vederne il fondo. Trapassa o non trapassa è indipendente dalla mente umana. Quando una persona muore, la mente non trapassa. Quando la morte viene, è morte completa; di conseguenza l’intera persona è mente, e la totalità della mente è la persona. Così dobbiamo investigare e chiarire questi rapporti, da ogni angolazione.
Il vecchio Buddha Tendō, mio defunto Maestro, un giorno fu pregato di istruire un gruppo di anziani che avevano già studiato sotto uno stesso maestro. Egli, salito sulla piattaforma, disse: “La grande Via non ha porta. Eppure, prendendo la strada della vacuità universale, siete venuti da tutte le direzioni per entrare nel cuore di Seiryōji. In effetti, stiamo dando il benvenuto ad un branco di ladri e di ruffiani, seguaci di Rinzai. È come una dolce brezza primaverile che segue un tremendo uragano che ha scosso la terra. Questa brezza stupisce i fiori d’albicocco nel momento in cui i loro petali cremisi fluttuano verso terra.”
Questo fu il discorso tenuto dal mio defunto Maestro Tendō, un vecchio Buddha, mentre si trovava nel tempio di Seiryō, nel Kenkoku, in occasione di un incontro con anziani lì convenuti da ogni parte. Il mio defunto Maestro fu, per essi, sia padrone di casa sia ospite; sedettero insieme in zazen. Molte persone erano lì radunate e parecchie di esse erano esperte nel tenere discorsi; il fatto che chiedessero espressamente di Nyojō mostra quanto egli fosse altamente rispettato, in quel tempo. Probabilmente l’esplorazione completa del mio defunto Maestro era diversa da quella degli altri anziani. Erano due o trecento anni che nella grande Cina dei Sung non appariva un antico Buddha simile a lui.
“La grande Via non ha porta.” In primavera, innumerevoli salici e ciliegi fioriscono ovunque, e gli strumenti a fiato e a corda risuonano di continuo. Non c’è un altro modo per saltare al di là della porta senza porta col nostro intero corpo. Dobbiamo balzare sulla testa dei Buddha e dei Patriarchi, e penetrare nella loro narice. Questo è il corretto modo di studiare. Coloro che non si sono liberati, o che non sono penetrati nella narice dei Buddha e dei Patriarchi, non possono essere chiamati veri studenti, né conseguire l’esplorazione completa. Si può scoprire l’essenza di quest’ultima solamente studiando il Maestro Gensha.
Il quarto Patriarca[14] si addestrò sotto il terzo Patriarca[15] per nove anni, e il Maestro Zen Nansen[16] studiò sul monte Nangaku, nel Chiyo, per trent’anni senza mai allontanarsene; Ungan[17] e Dōgo [18] studiarono per più di quarant’anni sotto Yakusan. Essi rappresentano la vera esplorazione completa. Il secondo Patriarca Eka[19] si addestrò sotto Bodhidharma per otto anni, sul monte Suzan, e sviscerò pelle, carne, ossa e midollo della completa esplorazione.
Studiare estesamente è shikantaza, sedere con mente universa e lasciar cadere corpo e mente; in questo modo possiamo trovare il nostro vero sé e realizzare la mente-di-Buddha. L’intero corpo della completa esplorazione è l’intero corpo della grande Via. È libero, non impedito samādhi, ed è l’agire di un illuminato. Un simile studio e prassi è ininterrottamente trasmesso come un inestricabile viluppo di viticci e zucche. Questo è, fin dai tempi antichi, il fondamento di un dōjō[20] buddhistico. La vita dei Tathāgata[21] è un filo infinito che non è mai stato interrotto. Una zucca trasmette lo studiare estesamente ad un’altra. Anche un filo d’erba può donare l’esplorazione completa.
Questo fu trasmesso ad un’assemblea di monaci, il 27 novembre dell’anno 1243, nell’eremo di Hotori sullo Zenjihō.
Trascritto da Ejō, il 27 dicembre dello stesso anno, nell’alloggio del discepolo principale.
[1] Questo passo trae spunto dalla disputa tra Bodhidharma e il profano Shū-shō. Dopo che quest’ultimo ebbe ammesso la propria sconfitta, si narra che, da sotto i piedi di Bodhidharma, apparvero delle nuvole ed egli se ne andò, fluttuando nell’aria.
[2] Il Maestro Tōzan Ryōkai (807-869), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tung-shan Liang-chieh]
[3] Il Maestro Gensha Shibi (835-907), un successore del Maestro Seppō Gison. Noto anche come Sōitsu Daishi. [Hsüan-sha Shih-pei]
[4] Il Maestro Seppō Gison (822-907), uno dei due successori del Maestro Tokusan Senkan. Shinkaku Zenji è il suo titolo postumo. [Hsüeh-feng I-ts’un]
[5] Il Maestro Nangaku Ejō (677-744), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. [Nan-yüeh Huai-jang]
[6] Il Maestro Daikan Enō (638-713), successore del Maestro Daiman Kōnin. Spesso è chiamato semplicemente Sesto Patriarca o Sōkei, dal monte su cui dimorava. [Ta-chien Hui-neng]
[7] Lett. “Descrivere una cosa non coglie nel segno.”
[8] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Vedi Sūtra del Loto, pag. 60.
[9] Il mondo della discriminazione.
[10] Il Maestro Kinka Gutei (?), nella linea di trasmissione del Maestro Baso Dōitsu. [Chin-hua Chü-chih]
[11] Il Maestro Kōshū Tenryū (?), che era nella linea di trasmissione del Maestro Baso Dōitsu. Successore del Maestro Dai bai Hōjō (752-839). [Hang-chou T’ien-lung]
[12] Il Maestro Shibi (835-907). [Hsüan-sha Shih-pei]
[13] Shasaburo era il nome secolare di Gensha.
[14] Il Maestro Dai-i Dōshin (580-651), successore del Maestro Kanchi Sōsan. [Ta-i Tao-hsin]
[15] Il Maestro Kanchi Sōsan (?-606), successore del Maestro Taiso Eka. Ha scritto lo Shinjinmei (Inno della Sincera Mente). [Chien-chih Seng-ts’an]
[16] Il Maestro Nansen Fugan (748-834), uno dei successori del Maestro Baso Dōitsu. [Nan-ch’üan P’u-yüan]
[17] Il Maestro Ungan Donjō (782-841), uno dei successori del Maestro Yakusan Igen. [Yün-yen T’an-sheng]
[18] Il Maestro Dōgo Enchi (769-835), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tao-wu Yuan-chih]
[19] Il Maestro Taiso Eka (487-593), il successore del Maestro Bodhidharma. Noto anche come Jinkō Eka. [Shen-kuang Hui-k’o]
[20] Lett. “Luogo della Via”. Indica un luogo dedicato allo studio ed alla prassi.
[21] Lett. “Così arrivato”.