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BAIGE
Fiori di Pruno
La fioritura del pruno è precoce e appare quando ancora non vi sono altri fiori: l’immagine del ramo fiorito nella neve. Il Maestro Dōgen in questo capitolo espone e commenta gli insegnamenti del suo Maestro Tendō per mostrarci, attraverso questo concreto evento naturale, il piano più alto dell’ineffabile, dove lo sbocciare di un fiore è lo sbocciare del risveglio.
Il mio defunto Maestro Tendō, fu il trentesimo Patriarca del Keitokuji, sul monte Daibyaku. Un giorno disse ai monaci: “Questo è il mio primo discorso della stagione invernale. Tuttavia, perfino ora un vecchio pruno dai molti rami contorti sta iniziando a fiorire: uno, due, tre, quattro, cinque, innumerevoli fiori sbocciano. Questi fiori non sono orgogliosi della loro purezza e fragranza. I petali poi cadono ed è come in primavera, quando il vento soffia attraverso fiori, alberi ed erbe. Senza dubbio voi monaci sarete sorpresi di udire questo. Tuttavia, all’improvviso tuttavia, ecco un grande mutamento. Si scatena una violenta tempesta e una pioggia sferzante colpisce il terreno; la pioggia si trasforma poi in tormenta e la neve copre la terra. Il vecchio pruno sopporta tutte le condizioni, comprese le gelate che sembrano porre fine alla sua stessa vita.”
Il vecchio pruno di cui si sta parlando resiste a tutte le condizioni. A volte fiorisce, altre volte reca frutti; affronta talvolta la primavera, talvolta l’inverno; fronteggia ora forti venti, ora tempeste; a volte stupisce i monaci, a volte è la visione illuminata dei vecchi Buddha; a volte si mostra tra erbe e piante, altre volte è pura fragranza. Egli affronta questi mutamenti e anche tutti quelli che avvengono impercettibilmente. Cielo e terra, il sole splendente e la chiara luna, sono tutti aspetti del vecchio pruno, che non possono essere separati l’uno dall’altro. Quando il vecchio pruno fiorisce, il mondo intero fiorisce. Quando il mondo fiorisce, viene la primavera. Allora le cinque foglie germogliano come un unico fiore;[1] tre, quattro, cinque, cento, mille, infiniti fiori sbocciano, spuntando su uno, due, o innumerevoli rami di un vecchio pruno. Un fiore di udumbara e un loto blu spuntano sullo stesso ramo. Tutto questo sbocciare di fiori è il benevolo dono di un vecchio pruno. Questo vecchio pruno comprende in sé i mondi degli esseri umani e degli esseri celestiali; tutti questi mondi si manifestano all’interno del vecchio pruno. Fiori a centinaia di migliaia: sono i fiori degli esseri umani e degli esseri celestiali. Fiori a milioni: sono i fiori dei Buddha e dei Patriarchi. Quando fiorisce questo genere di pruno, tutti i Buddha si manifestano in questo mondo e Bodhidharma viene in questa terra.
Una volta, il mio defunto Maestro disse ai monaci: “Quando il Buddha Śākyamuni abbandonò il Suo modo di vedere ordinario e conseguì la visione illuminata, un ramo di pruno fiorì nella neve. Ma ora sono comparsi piccoli rami e gli splendidi fiori si burlano del vento primaverile che soffia selvaggio.” ‘Ora’ è il momento in cui, nel mondo intero, comincia a girare la ruota del Dharma dei vecchi Buddha, risvegliando tutti gli esseri, sia umani che celestiali; le nuvole, la pioggia, il vento, l’acqua, le erbe, le piante e gli insetti sono anch’essi influenzati dal girare della ruota della Legge. Ogni regione del cielo e della terra è ravvivata dal movimento di questa ruota. Udire, per la prima volta, questo insegnamento, produce tali meravigliosi fenomeni. Il vero conseguimento è quello di ottenere la comprensione di cui manchiamo. Se nella nostra realizzazione non vi è gioia o virtù, non è la ruota della Legge che dovremmo studiare.
Attualmente la Cina della dinastia Sung conta centoottanta province, con templi innumerevoli, sparsi sulle montagne e nelle città. Vi sono molti unsui[2] e monaci che nulla conoscono del mio defunto Maestro, un vecchio Buddha. Ancora più numerosi sono coloro che non l’hanno mai incontrato e rari sono coloro che hanno udito direttamente le sue parole, o che hanno avuto con lui un incontro mente a mente. Pochissimi erano accettati come allievi ammessi a prostrarsi davanti a lui; pochissimi erano coloro a cui era consentito di ricevere la sua pelle, carne, ossa e midollo, o di vederne il volto originario e la chiara visione.
Il mio defunto Maestro, un vecchio Buddha, non accettava facilmente discepoli nel suo monastero. I monaci che erano negligenti, o che mostravano di non possedere la mente che cerca il Buddha, li allontanava dal monastero. Egli diceva: “Non è necessario aiutare quei monaci che non sono dei veri ricercatori; costoro disturbano soltanto gli altri e per essi non c’è posto qui.” Ho visto molte persone di questo genere e spesso mi sono chiesto che cosa impedisse loro di stare in monastero. È stata una vera fortuna per me, uno straniero, l’essere non solo accettato come allievo, ma anche autorizzato a fare liberamente visita al Maestro ed osservare la sua vita quotidiana. Dacché sono poco intelligente e non possiedo una corretta comprensione, è stata una immensa fortuna l’incontrare un simile Maestro. L’influenza del mio defunto Maestro si è diffusa in tutto il territorio governato dalla dinastia Sung e molti conseguirono la Via. Con la sua morte è scesa sulla dinastia Sung l’oscurità più completa; non vi è alcun vecchio Buddha, passato o presente, che possa essere paragonato a lui. Gli studenti dei giorni nostri dovrebbero pertanto sapere che un simile insegnamento del Dharma non può essere udito o studiato sotto altri, in nessun luogo, sia nel mondo degli uomini, sia in quello degli dèi.
Un pruno che fiorisce nella neve è la manifestazione del fiore di udumbara che Śākyamuni sollevò davanti a Mahākāśyapa. Nella nostra vita di tutti i giorni abbiamo la possibilità di vedere l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge del Tathāgata[3] eppure, per la maggior parte del tempo, ci lasciamo sfuggire l’opportunità di sorridere e mostrare così la nostra comprensione. Nondimeno, il mio defunto Maestro ha trasmesso il principio del pruno che fiorisce nella neve, rivelando chiaramente il risveglio del Buddha. La sapienza del risveglio è la suprema prajñā[4] e indubbiamente la realizzeremo investigando a fondo sui fiori di pruno. Un fiore di pruno è l’osservazione che “Al di sopra dei cieli e da un capo all’altro dell’intera terra, io solo sono l’Universalmente Venerato.”[5] Ogni cosa è la più venerata nel mondo.
Dunque, tutti i fiori nelle dieci direzioni dell’Universo, nei cieli, sulla terra, i fiori di loto bianchi e i bianchi fiori del loto gigante, i fiori di loto rossi e i rossi fiori del loto gigante, tutti sono interrelati al pruno che fiorisce nella neve; tutti questi fruiscono della benefica azione del fiore di pruno. Tutti i milioni di generi di fiori è come se fossero sue sottospecie e possono essere chiamati piccoli fiori di pruno. Inoltre, i fiori del cielo, della terra, e i fiori del samādhi, sono piccole e grandi versioni del fiore di pruno. In un unico fiore si manifestano innumerevoli paesi; in ognuno di questi paesi sbocciano fiori diversi e ciò per l’azione benefica dei fiori di pruno. Solo essi e non la pioggia né la rugiada, possono esercitare questa forza benefica. La trasmissione ininterrotta della Via del Buddha è basata proprio su questo fiore di pruno.
Non esaminate soltanto la neve in cui Eka giacque, presso lo Shōrinji sul monte Sūzan, supplicando Bodhidharma perché gli concedesse l’insegnamento.[6] La neve stessa è l’Occhio Illuminato del Tathāgata; essa illumina il cielo sopra la vostra testa nonché la terra sotto i vostri piedi. Non studiate soltanto la neve dell’Himālaya dove si addestrò il Buddha Śākyamuni; proprio la neve in sé è l’occhio della vera Legge del Vecchio Gautama. I cinque occhi del risveglio[7] ci consentono di far chiarezza nel nostro studio; i mille occhi[8] dell’illuminazione ci permettono di completarlo. La luce infinita del corpo e mente del Venerabile Śākyamuni rischiara tutti gli aspetti del mondo fenomenico reale.[9] Gli esseri umani e quelli celestiali hanno diversi punti di vista, così come accade tra la gente comune e i saggi. Tuttavia, quando la terra è coperta di neve, ogni differenza scompare. La neve deve coprire la terra, la terra deve essere sommersa dalla neve. Niente neve, niente terra. La terra ricoperta di neve è l’occhio illuminato del Vecchio Gautama.
Dovremmo sapere che fiori e terra trascendono vita e morte e che, di conseguenza, anche l’occhio illuminato trascende vita e morte. Ciò è chiamato “La suprema illuminazione del Buddha.” Il giusto momento per comprendere questo è quando un ramo di pruno fiorisce nella neve. Fiori e terra sono la vita al di là della vita. “Ricoperta di neve” significa, interamente, davanti e dietro. Il mondo intero è la nostra mente, la mente di un fiore. Di conseguenza, il mondo intero è un fiore di pruno, cioè l’occhio del Buddha Śākyamuni. L’eterno presente è montagne, fiumi e terra, ed ovunque, in ogni momento, queste sono la manifestazione di:
“Fin dal primo momento sono
venuto qui per salvare tutti
gli esseri senzienti che
soffrono nell’illusione; sboccia un
fiore e cinque petali
cominciano a crescere. Questo è il
giusto, naturale
momento.”[10]
La Legge del Buddha è giunta in oriente, da occidente, molto tempo fa ma è questo il tempo perché sbocci il fiore di pruno. Quando appaiono sottili rami, è giunto il tempo della realizzazione. Vi sono rami vecchi e vi sono rami giovani, tanto tra quelli grandi che tra quelli piccoli. Dovremmo studiare questi rami; essi si estendono ovunque nell’eterno presente. In mezzo a tre, quattro, cinque o sei fiori vi sono innumerevoli fiori. Ognuno di essi possiede, nella propria altezza e larghezza, la propria profonda e vasta virtù. Un fiore di pruno schiude tanto il proprio interno, quanto l’esterno. Quando un fiore di pruno sboccia su un ramo solitario non sono necessari altri rami o semi. Là dove il ramo si manifesta, lì è l’eterno presente; questo ramo solitario è l’unica, integra, Legge trasmessa da uno all’altro. Perciò il Buddha Śākyamuni disse: “Io possiedo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge, ed ora questo trasmetto a Mahākāśyapa”, ed il Patriarca Bodhidharma disse ad Eka: “Tu possiedi il mio midollo.” Quando una simile condizione è raggiunta, il mondo intero appare colmo di tesori.
“Sboccia un fiore e cinque petali cominciano a crescere.” Questi cinque petali sono un fiore di pruno. Allo stesso modo, i sette Buddha, i ventotto Patriarchi, i sei Patriarchi cinesi e i loro diciannove successori, non sono altro che i cinque petali che spuntano su di un solo ramo. Se conoscete a fondo il ramo, potete padroneggiare i cinque petali e apprendere la corretta trasmissione del fiore di pruno nella neve. Inoltre, possiamo investigare il modo di conseguire la liberazione, proprio del ramo, e scoprire che luna e nuvole sono la stessa cosa, e che montagne e torrenti sono indipendenti.
Una volta, uno sciocco ha affermato: “I cinque petali sono i cinque Patriarchi cinesi che si succedettero dopo che il fiore di Bodhidharma era sbocciato.” I cinque petali sarebbero così riferiti ad un preciso momento, e correlati a passato e futuro. Non merita sprecare tempo su una simile interpretazione. Questo genere di comprensione non è basato su di un serio sforzo, non è studiare il Buddha e i Patriarchi con l’intero corpo, ed è da commiserare. Perché mai “Un fiore e cinque petali” dovrebbe essere limitato ai cinque Patriarchi? Non sono forse da prendere in considerazione anche coloro che succedettero al sesto Patriarca? Questa non è neppure una bella fiaba; non aggrappatevi ad interpretazioni di questo genere.
Una volta, in occasione del suo primo discorso dell’anno, il mio defunto Maestro disse: “Mi rallegro con voi per questo nuovo anno. Ogni cosa è rinnovata. Prostratevi! Il fiore di pruno sboccia e viene la primavera.” Riflettendo con calma su questo, possiamo vedere che qualunque maestro Zen, del passato e del presente, può aver trasceso ogni attaccamento a questo mondo, ma non si può dire che abbia chiarito la Via se non si è risvegliato al significato profondo di: “Il fiore di pruno sboccia e viene la primavera.” Solo il mio defunto Maestro è un vero vecchio Buddha, tra i vecchi Buddha. L’essenza dei suoi auguri per il nuovo anno è che, quando il fiore di pruno sboccia, il mondo intero è pervaso di primavera. Il potere di uno o due fiori di pruno porta la primavera ovunque. Questo è anche il significato di “Tutte le cose sono rinnovate.” “Tutte le cose” non si riferisce solo al passato, al presente, o al futuro, ma anche al tempo di là dal tempo; ciascuno degli infiniti e illimitati istanti è rinnovato. Questo rinnovamento va al di là del comune rinnovamento. Perciò tutti i monaci devono esaminare il fondo del loro cuore; questo rivelerà tutte le cose per quello che sono veramente.
Il mio defunto Maestro, il vecchio Buddha Tendō, così disse ad un’assemblea di monaci: “Se ci siamo risvegliati all’unica parola di illuminazione, quella condizione non cambia mai. Le gemme spuntano sul salice, e un vecchio ramo è pieno di fiori di pruno.” Si dice che lo scopo di centinaia di kalpa di addestramento sia il completo risveglio, dall’inizio alla fine, ad una sola parola del Buddha. Il fine di un breve periodo di addestramento è lo stesso. In primavera il salice reca nuove gemme; esse sono nuove, eppure sono capaci di aprire l’occhio del risveglio. Questo occhio del risveglio non è altro che noi stessi. Dovremmo sapere che nelle nuove gemme c’è un occhio del risveglio, e che il loro essere nuove è l’essere nuovo di tutte le cose. “Un vecchio ramo è pieno di fiori di pruno.” I fiori di pruno penetrano nei rami e i rami portano i fiori di pruno, per quel che sono e niente altro. Fiori e ramo crescono insieme, e insieme raggiungono la propria completezza. Fiori e rami sono una sola entità e costituiscono l’intero albero. Le parole di Śākyamuni: “Possiedo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge, e ora questo trasmetto a Mahākāśyapa” sono il sollevare un fiore, e il Suo sorriso è il pieno sorriso del fiore.
Il mio defunto Maestro, un vecchio Buddha, disse: “Un salice è adorno di una stupenda cintura; un pruno indossa un braccialetto squisito.” Questo braccialetto non è di giada o di gioielli, ma è i fiori di pruno. Lo sbocciare dei fiori di pruno è la trasmissione della Via: il midollo passa da uno all’altro.
Una volta, il re dell’India Hashinoku[11] invitò a pranzo il Venerabile Binzuru.[12] In quell’occasione il re gli chiese: “Ho udito, o Venerabile, che avete visto il Buddha. È vero?” Binzuru inarcò le sopracciglia e spalancò gli occhi. Per un tale agire il mio defunto Maestro elogiò Binzuru con questo gāthā:
“Inarcando le sopracciglia rispose alla domanda;
che avesse incontrato e visto il Buddha non era menzogna.
La sua virtù è stimata ovunque;
la primavera è sulla punta di un ramo di pruno
avvolta dal gelo della neve.”
Questa storia prende le mosse dalla domanda del re Hashinoku. Incontrare il Buddha è agire come il Buddha, e agire come il Buddha è muovere le sopracciglia. A meno che non si tratti veramente di un santo, nemmeno di un arhat,[13] si può dire che abbia incontrato il Buddha. Se non ha incontrato il Buddha non può agire come un Buddha e, in tal caso, non può dimostrare la sua comprensione alzando le sopracciglia. Dovremmo sapere che un uomo venerabile è colui che ha ricevuto la trasmissione diretta, viso a viso, del Buddha Śākyamuni e che, inoltre, ha conseguito i quattro stadi della prassi e attende di diventare un futuro Buddha. Costui ha incontrato il Buddha, non è vero? Incontrare il Buddha significa non solo vederlo ma, anche, arrivare al suo livello. Per questo il re comprese che Binzuru era un buon insegnante. Dobbiamo investigare con molta attenzione le parole “Incontrare il Buddha.” La primavera non esiste solo negli esseri umani o nelle terre di Buddha, ma anche in punta ad un pruno. Come possiamo esserne certi? Per il fatto che Binzuru, muovendo le sopracciglia, ci ha mostrato la condizione di un pruno gelato, coperto di neve.
Il mio defunto Maestro, un vecchio Buddha, disse: “Il nostro volto originale non possiede né vita né morte; nel fiore di pruno la primavera è bella come un paesaggio dipinto.” Quando dipingiamo un paesaggio primaverile dobbiamo disegnare non solo salici, pruni, peschi, verdi e rossi; dobbiamo dipingere la primavera stessa. Se dipingete soltanto degli oggetti, allora non sarà un vero dipinto; esso deve essere nient’altro che la stessa primavera. Non c’è stato nessuno, in India o in Cina, capace di dipingere la primavera così come il mio defunto Maestro. La sua abilità era la precisione. La primavera di cui abbiamo parlato è questa primavera del paesaggio dipinto. La primavera si deve manifestare senza sforzo nel dipinto. I fiori di pruno sono necessari in questo genere di soggetto. La primavera deve essere posta all’interno dell’albero. I mezzi abili di Nyojō sono davvero meravigliosi.
Il mio defunto Maestro, un vecchio Buddha, chiarì l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e questo trasmise ai Buddha, ai Patriarchi e a tutta la gente, in ogni direzione, nel passato, nel presente e nel futuro. Perciò egli padroneggiò completamente la visione illuminata e si risvegliò, totalmente, all’essenza dei fiori di pruno.
Questo fu trasmesso, il 6 novembre 1243, ai monaci del Kippōji, mentre la terra era coperta da tre piedi di neve.
Dimorando nell’illusione e ritenendo che il fiore di pruno non sia il vero Occhio illuminato di Śākyamuni, dovremmo chiederci se esista, oltre a questa, qualche altra visione. Dovreste sapere che, se cercate il risveglio di là dai fiori di pruno, non l’avrete anche se si trova proprio nelle vostre mani. Non lo vedreste nemmeno se fosse davanti al vostro viso. Oggi non è il nostro giorno ma è il giorno della Via del Buddha. Proprio ora dobbiamo aprire l’Occhio illuminato dei fiori di pruno e cessare di inseguire altre cose.
Il mio defunto Maestro, un vecchio Buddha, disse: “Chiaramente illuminati, i fiori di pruno non proiettano più ombra. A volte piove, altre volte è nuvolo; il fiore di pruno se ne sta solitario, nel passato e nel presente. Non manca di nulla!” Pioggia e nuvole sono la forma e la funzione dei fiori di pruno. Esse rappresentano le miriadi di mutevoli forme dei fiori di pruno e i fiori di pruno formano il passato e il presente.
Tempo addietro, il Maestro Zen Hōen[14] disse: “Soffia il gelido vento del nord e il boschetto di bambù, giù nella valle, trema. La terra è completamente gelata ma non c’è alcun risentimento. Solo i pruni selvatici, sulle montagne, sono pieni di vita; essi narrano, silenziosamente, dei freddi e solitari giorni d’inverno.” I fiori di pruno ci sono familiari e dunque possiamo sentire i freddi, solitari, giorni di dicembre. È il potere dei fiori di pruno che fa soffiare il gelido vento del nord, fa cadere la neve, fa trascorrere i mesi, e fa esistere il boschetto di bambù nella valle.
L’Anziano Fu di Taigen,[15] elogiando il risveglio ebbe a dire: “Tempo addietro, quando non ero risvegliato, il suono di un flauto mi rendeva malinconico. Ora non ho tempo per questi sogni inutili, neppure quando dormo. Mi lascio fluttuare nel vento assieme ai fiori di pruno.” L’Anziano Fu era in origine, un predicatore itinerante ma, infine, conseguì la grande illuminazione sotto il cuoco del monte Kassan.[16] Questo è il vento di primavera che soffia attraverso i fiori di pruno.
[1] Allude alle parole del Maestro Bodhidharma citate più avanti. Vedi anched il cap. 12, Kuge.
[2] Unsui, lett. “Nuvole e acqua”, tradizionalmente è riferito ai monaci novizi. La figura si riferisce alla condizione priva di impedimenti del correre delle nuvole e del fluire dell’acqua.
[3] Lett. “Così arrivato”.
[4] Uno dei sei pārāmita o perfezionamenti. E' la conoscenza intuitiva profonda, trascendente; è la forma più alta e completa di conoscenza e non ha nulla a che vedere con la conoscenza concettuale.
[5] La leggenda vuole che, alla nascita, il Buddha facesse sette passi e, con una mano che puntava al cielo e l’altra che puntava alla terra, pronunciasse queste parole.
[6] Si riferisce a quando il Maestro Taiso Eka si recò dal Maestro Bodhidharma, per la prima volta. Si veda il cap. 16, Gyōji.
[7] I cinque occhi o le cinque condizioni intuitive sono: l’occhio fisico, l’occhio soprannaturale, l’occhio della prajñā, l’occhio-di-Dharma, l’occhio-di-Buddha.
[8] I mille occhi di Avālokiteśvara. Si veda il cap. 18, Kannon.
[9] Si veda il cap. 43, Shohōjissō.
[10] Versi del Maestro Bodhidharma. Si veda il cap. 14, Kuge.
[11] Prasenajit, Re del Kośala, era un seguace laico del Buddha.
[12] Il monaco Pindola, uno dei 16 arhat della comunità del Buddha.
[13] Arhat, lett. “Colui che ha valore”. Nel Buddhismo Hīnayāna, si dice che lo śrāvaka (uditore della voce) passi attraverso quattro stadi. Il primo è srotāpanna (l'entrata nella corrente), il secondo è sakrdāgāmin (chi è soggetto a tornare una volta sola), il terzo è anāgāmin (chi non è soggetto al ritorno), e il quarto ed ultimo è arhat.
[14] Il Maestro Goso Hōen (?-1104), nella linea di trasmissione del Maestro Yōgi Hōe. [Wu-tsu Fa-yen]
[15] Il Maestro Taigen Fu Jōza(?), uno dei successori del Maestro Seppō Gison (822-907). [T’ai-yüan Fu Shang-tso]
[16] Il nome del cuoco non è noto. Sul monte Kassan, il Maestro Kassan Zenne (805-881) aveva fondato un tempio nell’870. [Chia-shan Shan-hui]