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HOSSHŌ
La Reale Natura dei Fenomeni
In questo breve capitolo, attraverso il commento ad un kōan del Maestro Baso, il Maestro Dōgen indaga sul rapporto tra la dharmathā, o natura-dharma, la quintessenza, la natura ultima delle cose, e gli esseri senzienti nel loro agire quotidiano.
Nello studiare, seguiamo a volte l’insegnamento dei sūtra, altre volte l’insegnamento di un maestro, ma in fondo tutto si risolve in un risvegliarsi da sé, senza insegnante. Il risvegliarsi da sé, senza un maestro, avviene attraverso la natura-dharma,[1] la reale natura del mondo fenomenico.
Pur possedendo tale conoscenza in modo innato, è tuttavia necessario far visita ai maestri e ricercare la Via. Se riteniamo di essere privi di tale conoscenza innata, dobbiamo studiare e addestrarci più intensamente. Non c’é una sola persona che non possieda la conoscenza innata. L’insegnamento dei sūtra o di un maestro, devono essere seguiti fino al conseguimento del risveglio del Buddha. Dobbiamo sapere che tenendo tra le mani un sūtra o nell'incontrare un maestro, penetriamo nel mondo del dharmāta samādhi.[2] Penetrare e conseguire il dharmāta samādhi è chiamato conoscenza innata. Otteniamo così di conoscere le nostre precedenti esistenze e sanmyo[3], i tre generi di conoscenza. È questa l’attestazione del supremo risveglio.
E' incontrando la conoscenza innata, che apprendiamo la conoscenza innata. Trasmettiamo correttamente la saggezza non ricevuta da un maestro, o saggezza naturale, incontrando la saggezza non ricevuta da un maestro, o saggezza naturale. Se non possedessimo l’innata conoscenza, anche incontrando sūtra e maestri non saremmo capaci di udire, o di illuminare, la natura-dharma.
Bevendo dell’acqua sappiamo se è calda o fredda; il principio della grande Via non è così. Tutti i Buddha, i Mahāsattva e gli esseri senzienti chiariscono la grande Via della natura-dharma mediante il potere della conoscenza innata. Seguire i sūtra o i maestri, e chiarire la grande Via della natura-dharma è il risveglio della propria natura-dharma.
I sūtra sono la natura-dharma: sono cioè il loro proprio sé. Anche i maestri sono la natura-dharma, cioè il loro proprio sé. La natura-dharma è i maestri, ed essa è il nostro sé. Poichè la natura-dharma è il nostro proprio sé, essa non è il sé della gente comune né dei dèmoni. Nella natura-dharma non ci sono profani o dèmoni; non c’è nient’altro che mangiare la farinata quando viene servita, prendere il riso quando viene donato, e bere il tè quando è offerto.
Vi sono alcuni che proclamano di avere venti o trent’anni di studio alle spalle ma che, nel confrontarsi in una discussione sulla natura-dharma, ammutoliscono e tutti i loro sforzi sono inutili. Altri hanno passato anni in un monastero e ora occupano posti di prestigio, eppure sono confusi dalla voce e dalla forma della natura-dharma. La loro comprensione è che la natura-dharma compare solo dopo la distruzione dell’intero Universo e dei tre mondi, e che essa non viene percepita in questo mondo. Il principio della natura-dharma non è questo. Esso va completamente al di là delle idee di diversità e identità, o di separazione e unità, tra questo mondo fenomenico e la natura-dharma. Poiché non è passato, presente o futuro, né temporaneo, eterno, forma, percezione, concezioni mentali, volizione o consapevolezza, diventa la natura-dharma.
Il Maestro Zen Baso Daijaku, del Kosei[4] nel Koshū, disse: “Nel corso di miriadi di kalpa[5] gli esseri senzienti non hanno mai abbandonato la condizione di dharmatā samādhi. Essi si trovano sempre in uno stato di dharmatā samādhi; indossando gli abiti, mangiando riso, salutando gli ospiti, utilizzando i sei organi di senso.[6] Ognuna delle loro azioni è funzione della natura-dharma.”
La natura-dharma di Baso è la natura-dharma della natura-dharma. Studiando sotto Baso studiamo la natura-dharma. Baso comprende la natura-dharma e non può non riuscire ad esprimerla. La natura-dharma cavalca Baso.[7] Gli esseri umani mangiano il riso, il riso mangia gli esseri umani. La natura-dharma appare come natura-dharma; non ha mai lasciato il dharmatā samādhi. Sia prima che dopo la sua manifestazione, la natura-dharma non ha mai lasciato nulla. La natura-dharma e miriadi di kalpa sono dharmatā samādhi; la natura-dharma è miriadi di kalpa. Dunque, tutte le cose nel presente sono la natura-dharma, e la natura-dharma è tutte le cose nel presente.
“Indossare gli abiti e mangiare riso” è l’indossare e il mangiare del dharmatā samādhi. È la realizzazione della natura-dharma nel momento dell’indossare, del mangiare, degli abiti e del riso. Se non indossiamo abiti e non mangiamo riso, se non porgiamo i saluti e non utilizziamo i sei organi di senso, se non facciamo alcunché, questo non è il dharmatā samādhi, nè possiamo penetrare la natura-dharma.
L’attuale realizzazione della Via fu trasmessa da tutti i Buddha al Buddha Śākyamuni, e tutti i Patriarchi la trasmisero correttamente a Baso. Tutti i Buddha e i Patriarchi, reciprocamente, ricevono e trasmettono il dharmatā samādhi. Tutti i Buddha e tutti i Patriarchi rendono la natura-dharma vivente e attiva mediante il loro non attaccamento.
I maestri della dottrina[8] possono anche parlare della natura-dharma, ma non è la natura-dharma degli esseri senzienti di Baso, i quali non hanno mai abbandonato la natura-dharma. Anche se costoro mettono in dubbio questa natura-dharma, nondimeno saranno in grado di ottenere un qualcosa. Vale a dire che un simile pensiero è solamente una forma diversa della natura-dharma. Pur ritenendo di essere privi della natura-dharma, essi porgono i saluti ed agiscono, e questo è natura-dharma. Illimitati kalpa scorrono e la natura-dharma passa. Presente e futuro sono esattamente così.
Possiamo anche pensare che la capacità di corpo e mente sia limitata a ciò che possiamo abbracciare, e che in ciò sia diversa dalla natura-dharma, ma anche questa idea è ancora natura-dharma. Ma anche l’opposto è vero. Pensiero e non-pensiero, insieme, costituiscono la natura-dharma. Tā significa natura, ma la si dovrebbe considerare una cosa permanente come l’acqua che scorre, o come un albero che né cresce né muore. Questa è l’opinione dei profani. Il Buddha disse: “La quiddità è forma, la quiddità è natura.” Dunque, i fiori che sbocciano e le foglie che cadono sono ‘la quiddità è natura’. Gli sciocchi, tuttavia, ritengono che nel mondo della natura-dharma non vi siano fiori che sbocciano, o foglie che cadono.
Cessiamo per un momento di interrogare gli altri e poniamo a noi stessi la medesima domanda. Cercate di cogliere le domande degli altri ed esaminatele voi stessi ripetutamente. Allora sarete in grado di risolvere tali questioni. Le vostre idee precedenti non erano né malvagie né dettate da cattive intenzioni: solo erano inadeguate. Queste idee inadeguate continueranno a restare in qualche luogo, anche nel momento in cui avrete chiarito tali argomenti. I fiori che sbocciano e le foglie che cadono sono di per sé fiori che sbocciano e foglie che cadono. Anche il pensiero che non vi sono fiori che sbocciano e foglie che cadono è natura-dharma. Pensiero significa lasciar cadere ogni dubbio; è il pensiero della natura-dharma, così com’è. La somma di tutti i nostri pensieri sulla natura-dharma è il nostro volto originale.
“Ogni cosa è natura-dharma.” Queste parole di Baso sono l’ottanta o novanta per cento della verità,[9] ma egli ha ancora taciuto molto. Ad esempio, non disse: “La natura-dharma non lascia la natura-dharma”, “La natura-dharma è l’intera natura-dharma”, o “Gli esseri senzienti non possono lasciare gli esseri senzienti”, né “Gli esseri senzienti sono solo una piccola parte della natura-dharma.” Nemmeno disse: “Gli esseri senzienti sono solo una piccola parte degli esseri senzienti”, “La natura-dharma è metà degli esseri senzienti”, “La metà degli esseri senzienti è metà della natura-dharma”, “Nessun essere senziente è la natura-dharma”, o “La natura-dharma non è alcun essere senziente”, o ancora “La natura-dharma lascia la natura-dharma”, o “Gli esseri senzienti lasciano gli esseri senzienti.”
Egli disse solo che gli esseri senzienti non lasciano il dharmatā samādhi. Non disse che la natura-dharma non lascia il samādhi degli esseri senzienti, né che il dharmatā samādhi lascia qualche luogo e penetra nel samādhi dell’essere senziente. E neppure abbiamo udito: “La natura-dharma diventa Buddha”, “Gli esseri senzienti illuminano la natura-dharma”, “La natura-dharma illumina la natura-dharma”, “Le cose inanimate non lasciano la natura-dharma.” Chiediamo a Baso: “Come chiami gli esseri senzienti?” Chiamandoli natura-dharma, da dove provengono? Chiamandoli esseri senzienti, ciò significa: “Neppure una sola cosa può essere spiegata.” Presto rispondete. Presto!
Questo fu trasmesso ai monaci del Kippōji, nell’Eshū, agli inizi dell’inverno del 1243.
[1] Lett. “Natura-dharma”.
[2] Significa il samādhi della reale natura-dharma, vale a dire la condizione equilibrata nello zazen.
[3] Lett. “Tre conoscenze”. Il ricordo delle precedenti nascite, la penetrazione del destino futuro degli esseri, e la conoscenza dell’origine della sofferenza e il modo per eliminarla.
[4] Il Maestro Baso Dōitsu (704-788), nella linea di trasmissione del Maestro Daikan Enō. Daijaku Zenji è il suo titolo postumo. [Ma-tsu Tao-i]
[5] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 60.
[6] I sei organi di senso sono: caksus, gli occhi; srotra, le orecchie; ghrāna, il naso; jihvā, la lingua; kāya, il corpo; manas, la mente come organo di senso.
[7] Può essere un gioco di parole in quanto il carattere Ba, che compone il nome Baso, significa cavallo.
[8] Si riferisce ai maestri dell’Hīnayāna e dell’Abhidharma, i commentari.
[9] Si veda il cap. 18, Kannon.