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BUKKYŌ
I Sūtra Buddhistici
Il titolo di questo capitolo è apparentemente uguale a quello del Cap. 39, la romanizzazione infatti è la stessa ma gli ideogrammi sono differenti; ciò spiega la differenza nei relativi sottotitoli. In questo capitolo, il Maestro Dōgen esamina il rapporto tra studio e risveglio e tra insegnamento e sūtra, ponendo un accento particolare sull’aspetto dell’agire quotidiano che, nei maestri del passato, è esso stesso insegnamento e sūtra. Il capitolo, che contiene anche un’apparente critica ai Maestri Rinzai e Ummon, si conclude con la confutazione dell’idea, abbastanza diffusa all’epoca, che Taoismo, Confucianesimo e Dharma del Buddha fossero, in fondo, lo stesso insegnamento.
La Legge contiene l’insegnamento del Buddha e l’insegnamento del Bodhisattva; entrambi servono ad insegnare la grande Via. Sono mezzi che guidano ed utilizzano se stessi. Dunque, in India e in Cina, i Buddha e i Patriarchi seguirono le istruzioni di eccellenti insegnanti e l’insegnamento dei sūtra, ed al momento giusto svilupparono rispettivamente prassi, studio, e illuminazione senza la minima discontinuità. Prassi, studio e risveglio sono in armonia con le istruzioni impartite dagli insegnanti e con i sūtra. Prima del risveglio e della conseguente realizzazione, operiamo con gli insegnanti e con i sūtra, ed in occasione dello studio e del risveglio operiamo con gli insegnanti e con i sūtra. Un insegnante utilizza sempre abilmente i sūtra; utilizzarli significa studiarli a fondo e trattarli come fossero corpo e mente. Coloro che insegnano, utilizzano i sūtra quali strumenti per istruire gli altri. I sūtra sono le loro azioni: sedersi, giacere, camminare e muoversi. I sūtra sono i padri e le madri degli insegnanti e sono la loro prole. Gli insegnanti studiano i sūtra perché i sūtra si fondano su addestramento e interpretazione.
Un maestro che si lava il viso o che beve tè: questo è un antico sūtra. Un insegnante che crea dei sūtra è simile ad Ōbaku[1] che impartì sessanta colpi per ravvivare la vita dei suoi discendenti, o ad Ōbai[2] che colpì tre volte il mortaio e trasmise il kesa e la Legge al sesto Patriarca;[3] vi è poi chi conseguì l’illuminazione vedendo i fiori di pesco o udendo una pietra colpire il bambù,[4] ed altri ancora, come il Buddha Śākyamuni che si risvegliò alla luce della stella del mattino. Tutti questi eventi sono sūtra creati da un insegnante. Certuni diventano una cosa sola con i sūtra, mentre altri li utilizzano per scoprire la Via.
Ciò che è chiamato sūtra, è l’intero Universo nelle dieci direzioni. Ovunque, nel tempo e nello spazio, non vi è altro che sūtra. A volte sono scritti in caratteri sacri, talvolta in caratteri profani, o ancora divini od umani; talvolta sono caratteri delle bestie, o degli asura,[5] talvolta i caratteri di un centinaio di erbe o quelli di diecimila alberi. Così, tutti i fenomeni che percepiamo, siano essi lunghi, corti, quadrati, rotondi, blu, gialli, rossi o bianchi, tutti sono caratteri dei sūtra sono il loro rivestimento esteriore. Sono gli utensili della grande Via, e i sūtra degli studenti del Dharma. Questi sūtra sono stati divulgati in ogni epoca e ovunque si usa il loro insegnamento per aprire la porta a tutti. In ogni parte del mondo la gente è in grado di recepire il loro insegnamento ed esserne salvata. L’insegnamento di tutti i Buddha e Bodhisattva pervade l’intero Universo, apre la porta dei mezzi abili e dei metodi di liberazione; una singola persona, e addirittura una mezza persona, possono indicare la reale forma della verità. I Buddha e i Bodhisattva, coscientemente o non coscientemente, senza forzare l’accadimento, al momento giusto ottengono i sūtra e portano a compimento il loro grande scopo.
Il momento in cui con certezza otteniamo il sūtra non è nel passato né nel presente. Passato e presente sono il motivo per cui si ottengono i sūtra. Il mondo intero appare davanti ai nostri occhi: questo è ottenere i sūtra. Per accumulare merito con la lettura dei sūtra è necessario possedere la saggezza del Buddha, la saggezza naturale, e l’innata saggezza esistente prima che esistessero mente e corpo. Queste insolite manifestazioni non vi gettino nel dubbio. Nel momento in cui riceviamo, custodiamo, leggiamo e salmodiamo questo sūtra, il sūtra diventa nostro. Prima dei caratteri e fuori dalle parole, sotto e sopra il testo – subito! – trovate la verità.
Questi sūtra costituiscono il Dharma, la proclamazione degli ottantaquattromila insegnamenti. Nei sūtra sono presenti i caratteri di tutti i Buddha risvegliati, i caratteri di tutti i Buddha di questo mondo, i caratteri di tutti i Buddha nel parinirvāna. Così venuti e così andati, tutti i caratteri dei sūtra sono caratteri del Dharma, oltre il Dharma.
Sollevare il fiore e sorridere sono gli antichi sūtra della corretta trasmissione da parte dei sette Buddha. Tagliarsi il braccio e attendere nella neve, inchinarsi e ricevere il midollo, sono gli antichi sūtra della trasmissione da maestro ad allievo. Nel momento in cui furono trasmessi il Dharma e l’abito, fu trasmesso tutto il contenuto dei sūtra. Quando Kōnin colpì il mortaio tre volte ed Enō[6] scrollò per tre volte il sacco del riso, fu la funzione di un sūtra che passa ad un sūtra, e la corretta trasmissione di un sūtra ad un sūtra. Vi sono molti altri esempi. “Chi sei e da dove vieni?”[7] è l’insegnamento buddhistico di mille sūtra ed è l’insegnamento dei Bodhisattva di diecimila scritture. Alcuni anni più tardi Nangaku gli disse: “Le parole possono descrivere le cose ma non sono la verità stessa”; questo spiega l’intero canone con le sue dodici suddivisioni e gli ottantaquattromila volumi. Inoltre, il primo sguardo gettato da un maestro sotto i piedi di un allievo, il bastone e lo scacciamosche, sono sūtra del passato e del presente, pieni e vuoti. La dura prassi dei monaci e il concentrarsi nello zazen sono veri sūtra buddhistici dall’inizio alla fine, e così pure scrivere versi sulle foglie dell’albero della Bodhi o nell’aria. Tutte le azioni dei Buddha e dei Patriarchi, nel tempo e nello spazio, sono l’esordio e la chiusa dei sūtra.
Una volta appresi i princìpi fondamentali, anche l’inspirare e l’espirare sono sūtra, e muovere un piede non è altro che una delle funzioni dei sūtra. Tutte le azioni sono funzioni dei sūtra, anche prima della nascita dei nostri genitori e prima della manifestazione dell’Universo. Le montagne, i fiumi e la terra proclamano i sūtra; il sole, la luna e le stelle proclamano i sūtra. I sūtra sono il sé che precede il sé di innumerevoli eoni, e sono il sé che precede il sé di corpo e mente. “Un granello di polvere si frantuma manifestando il tutto; il dharmadhatu[8] esplode e l’Universo esiste.”
Il ventisettesimo Patriarca, il Venerabile Hannyātara,[9] disse: “Quando espiro, ciò non è vincolato dalla causalità; quando inspiro, ciò è indipendente dagli skandha.[10] Proclamo ininterrottamente il sūtra della talità costituito da un milione di volumi, non da uno o due libri.” Quando studiamo questi detti dei Patriarchi, impariamo che espirare e inspirare significa far girare i sūtra, e quando sappiamo che i sūtra sono fatti girare, scopriamo dove si trovano. Far girare i sūtra è leggere i sūtra; far girare i sūtra significa che i sūtra girano: si può conoscere qualsiasi cosa, si può vedere qualsiasi cosa.
Il mio defunto Maestro era solito dire: “L’addestramento che insegno non prevede incensi, prostrazioni, pentimenti, né il salmodiare il nome dei Buddha, o la lettura dei sūtra. Quello che facciamo è sedere con mente universa, studiare seriamente la Via, lasciar cadere corpo e mente. Pochi comprendono questo. Se solo leggiamo le parole dei sūtra, ci attacchiamo ad esse; se non conosciamo queste parole, ne perdiamo lo spirito. Non può essere conseguito utilizzando parole, non può essere conseguito restando muti. Parlate, presto! Parlate, presto! Chiarite questo principio. Un illustre antico[11] ha detto: ‘Leggete i sūtra con l’occhio dei sūtra’.”
Dobbiamo sapere che non si sarebbe mai potuta pronunciare una simile frase senza l’esistenza di veri sūtra nel passato e nel presente. I sūtra possono essere letti dimorando in una condizione di non attaccamento a corpo e mente, e si possono leggere senza leggere. Approfondite questo. Perciò uno studente, e perfino un mezzo studente, deve sempre trasmettere i sūtra buddhistici da vero discepolo, e stare alla larga dalle idee errate dei profani. Una tale realizzazione dell’Occhio e Tesoro della Vera Legge diventa l’insieme dei sūtra buddhistici. I sūtra buddhistici sono l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge.
Non c’è uguale o differente, se stessi o altri. Dovete sapere che l’Occhio e Tesoro della Vera Legge esiste sotto diversi aspetti ma questo nessuno è in grado di chiarirlo. Tuttavia, l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge è aperto e manifesto; non può essere oggetto di dubbio. Così sono i sūtra buddhistici.
Vi sono molti diversi generi di sūtra ma è sufficiente avere fiducia, accettare e agire in conformità anche ad un solo versetto o a una sola riga. Non possiamo sperare di comprendere ottantaquattromila sūtra. Se il nostro interlocutore non è un maestro dei sūtra, non possiamo spiegare a casaccio le differenze esistenti tra i sūtra buddhistici e il Dharma del Buddha. Molti dichiarano di possedere le ossa e il midollo dei Buddha e dei Patriarchi, ma se li guardiamo attraverso il Vero Occhio possiamo vedere che si tratta di semplici principianti; anche se è loro trasmesso un versetto o una riga, essi non sanno afferrarli adeguatamente. Coloro che hanno una comprensione superficiale non devono diffamare il vero Dharma; le loro opinioni mondane non hanno certo lo stesso valore dei sūtra. Affascinati dalla notorietà e dalla ricchezza, essi perderanno tutto. Sui sūtra buddhistici non fate confusione, non siate scettici a priori, e non denigrateli.
Nella Cina della dinastia Sung, nel corso degli ultimi secoli, gente insincera e ignorante ha insegnato: “Dimenticate le parole dei Patriarchi e non guardate mai i sūtra. Tutto ciò che serve è rendere corpo e mente simili ad un albero rinsecchito e a cenere fredda. Siate come un mestolo spezzato, come un secchio sfondato.” Costoro non conoscono il Dharma del Buddha e sono dèmoni sotto mentite spoglie. Il loro insegnamento non ha alcun valore e la loro comprensione dei Buddha e dei Patriarchi è vuota come la declamazione ampollosa di un pazzo. È veramente un grande peccato. Anche un mestolo rotto e un secchio sfondato sono gli antichi sūtra dei Buddha e dei Patriarchi.
L’insegnamento dei Buddha e dei Patriarchi non può essere sistematicamente raggruppato in capitoli o volumi. Chiunque affermi che i sūtra buddhistici sono altra cosa dal Dharma del Buddha, non capisce quando Buddha e Patriarchi utilizzano i sūtra, né conosce lo speciale rapporto che intercorre tra sūtra, Buddha e Patriarchi. Le persone di così basso livello si contano a migliaia. Falsi Patriarchi siedono sul seggio del leone insegnando agli uomini e agli dèi. I monaci di scarsa comprensione non sanno che l’insegnamento che impartiscono è distorto e restano ignoranti. È veramente un grande peccato che costoro siano irretiti nell’illusione; non avendo ancora sperimentato il corpo e mente del Dharma essi non sanno né agire, né pensare correttamente. Non avendo mai fatto chiarezza su esistenza e non-esistenza, quando qualcuno pone loro una domanda, essi agitano il pugno. Tuttavia non conoscono il vero significato di questo gesto, perché non hanno chiarito cosa sia corretto e cosa non lo sia. Altri, in risposta a una domanda, sollevano uno scacciamosche ma, anche questi non sanno cosa significhi. Altri ancora utilizzano vecchi succedanei come i quattro pensieri e le cinque relazioni tra riflessione ed azione[12] di Rinzai, i tre versetti di Ummon, o i tre sentieri e i cinque gradi di Tōzan.[13]
Il mio defunto Maestro, Tendō Osho, soleva sorridere di ciò e diceva: “Lo studio del Dharma ha forse qualcosa a che fare con simili concetti? La grande Via della corretta trasmissione dei Buddha e dei Patriarchi è l’arte di utilizzare totalmente corpo e mente. Quando si studia non c’è tempo per pensare allo studio. Se dovesse rimanere del tempo scriviamo qualche frase utile all’addestramento dei principianti. Dovremmo sapere che, ormai dappertutto, gli studenti anziani non posseggono la mente per cercare la Via; perciò non investigano corpo e mente del Dharma del Buddha.”
Un’altra volta, ad un’assemblea di monaci, il mio defunto Maestro disse: “In verità, Rinzai fu allievo di Ōbaku. Dopo aver ricevuto da lui sessanta colpi di bastone,[14] Rinzai decise di cambiare maestro e scelse Daigu,[15] il quale prese ad istruirlo con gentilezza. Riconsiderando il suo passato, Rinzai tornò da Ōbaku. É una storia assai nota. Molti ritengono che il Dharma di Ōbaku sia stato trasmesso soltanto a Rinzai e che questi sia di gran lunga superiore al suo maestro. Questo è del tutto errato. Quando Rinzai era ospitato, in prova, nella comunità di Ōbaku, il discepolo principale Chin[16] gli disse di porre al Maestro qualsiasi domanda. Rinzai non seppe che cosa chiedere. Fin quando non si è chiarito il grande argomento, i monaci studenti devono interrogare il maestro e non limitarsi a gironzolargli intorno. Sappiate che Rinzai non possedeva questa grande capacità. Non si è mai sentito parlare di un suo ardente desiderio di superare il maestro, né di lui sono stati tramandati detti superiori a quelli di Ōbaku.
Sull’altro versante, il livello di conoscenza e di espressione di Ōbaku fu invece superiore a quello del suo Maestro Hyakujō. Egli conseguì la Via che il suo Maestro non ottenne. Ōbaku è un antico Buddha al di là del tempo, ben superiore al suo Maestro Hyakujō e molto più acuto di Baso. Rinzai non possiede questa eccellenza. Perché questo? Rinzai usò parole che non erano state usate in passato e comprese molte cose ma non l’essenza. Egli era in grado di padroneggiare argomenti semplici, ma si smarriva di fronte a molti altri. Come possiamo dunque considerare i suoi insegnamenti come seria spiegazione del Dharma del Buddha?
Ummon, allievo di Seppō,[17] era insegnante di uomini e dèi ed era dotato di una mente acuta; egli fu certo uno studioso intelligente ma il suo insegnamento era incompleto. Se Rinzai o Ummon non fossero esistiti quale sarebbe il criterio per lo studio dei Buddha e dei Patriarchi? Dovremmo sapere che i loro eredi non trasmisero alcun intimo insegnamento dei Buddha. Queste scuole, prive di adeguati punti di riferimento, elaborarono teorie sciocche e confuse screditando gli insegnamenti contenuti nei sūtra buddhistici. La maggior parte degli studenti, a quell’epoca, non li seguì. Se rinunciamo ai sūtra buddhistici dobbiamo rinunciare a Rinzai e Ummon. Non utilizzare i sūtra buddhistici è come essere privi sia dell’acqua sia di un mestolo per attingerla.
I tre sentieri ed i cinque gradi dell’Alto Patriarca Tōzan erano indicazioni per principianti. Il suo insegnamento fu l’essenza della corretta trasmissione, il puntare diretto all’azione del Buddha, e fu completamente diverso da quello delle altre scuole. Gli ignoranti sostengono che, in definitiva, Taoismo, Confucianesimo e Dharma del Buddha sono la stessa cosa e che differiscono solo nell’approccio; altre volte li paragonano alle gambe di un tripode. Queste opinioni sono molto diffuse tra i monaci della Cina dell’epoca Sung. Il Dharma del Buddha è già scomparso per chi sostenga una simile tesi. In questi sciocchi non si può rinvenire neppure una briciola del Dharma.
Queste persone cercano di dimostrare la loro comprensione del Dharma sostenendo erroneamente che non è necessario utilizzare i sūtra buddhistici e ponendo l’accento sulla trasmissione dei Patriarchi al di fuori dei sūtra. Essi manifestano così un punto di vista molto limitato e non sono in grado di comprendere neppure i capisaldi fondamentali della Via. Quando ci dicono di rinunciare ai sūtra, dovremmo utilizzare o abbandonare i sūtra dei Patriarchi? I sūtra buddhistici sono presenti nella Via dei Patriarchi; dobbiamo utilizzarli o no? Se sosteniamo che esiste una Via dei Patriarchi, distinta dalla Via dei Buddha, chi potrà avere fiducia nella Via dei Patriarchi? Il motivo per cui i Patriarchi diventano Patriarchi è che essi trasmettono correttamente la Via del Buddha.
Se un Patriarca non trasmette correttamente la Via del Buddha come può essere considerato un Patriarca? Noi veneriamo il primo Patriarca in quanto ventottesimo erede della linea che discende dal Buddha Śākyamuni. Sostenere che la Via dei Patriarchi è distinta dalla Via dei Buddha, significa affermare che non vi è stata corretta trasmissione da parte del decimo, del ventesimo o di qualche altro Patriarca. Noi rispettiamo i Patriarchi perché percepiamo la dignità della Via che essi trasmettono l’uno all’altro. Come mai potrebbero i Patriarchi fronteggiare uomini e dèi, se non possedessero la corretta trasmissione della Via? E come potrebbero, inoltre, essere in grado di venerare il Buddha e di seguire la Via dei Patriarchi?
Le persone sciocche e fuorviate hanno una conoscenza superficiale della Via del Buddha perché non comprendono a sufficienza il Dharma e la sua origine. Equiparare il Taoismo e il Confucianesimo al Dharma del Buddha non è solo una questione d’ignoranza, ma significa anche creare un karma negativo e distruggere le fondamenta del Paese, indebolendo i Tre Tesori.[18] Le vie di Lao-tsu e di Confucio non si possono paragonare alla Via degli arhat[19] e, ancor meno, al risveglio dei Bodhisattva e dei Buddha. L’insegna-mento contenuto in queste due dottrine è solamente un insieme di osservazioni sulla natura dei fenomeni, espresse da uomini saggi; costoro non riusciranno mai a chiarire, in alcuna delle loro rinascite, la legge di causa ed effetto. Pur interpretando il funzionamento di corpo e mente come non-agire, non ci sarà possibile sopprimere la relatività e percepire la vera forma delle dieci direzioni dell’Universo.
Gli insegnamenti di Lao-tsu e di Confucio sono di gran lunga inferiori a quelli del Buddha; questo è chiaro come la differenza tra cielo e terra. Tuttavia molti asseriscono, con argomentazioni risibili, che questi insegnamenti sono una cosa sola; così facendo costoro denigrano non solo il Dharma del Buddha, ma anche il Taoismo e il Confucianesimo.
Confucianesimo e Taoismo contengono insegnamenti meravigliosi eppure, oggi, anche le persone più autorevoli non sono in grado di comprenderne neppure una piccola parte; come possono dunque afferrare l’essenza dell’arte di governare il Paese? Anche Confucio elaborò insegnamenti e modi di addestramento ma, in Cina, gli ignoranti non giungono a comprenderlo. Nessuno si applica su alcun genere d’insegnamento. Ad un esame approfondito possiamo vedere che anche un granello di polvere è diverso da tutti gli altri. Com’è possibile, dunque, non riuscire a comprendere il profondo insegnamento dei sūtra buddhistici? Eppure costoro, continuando sfrontatamente a sostenere che “I Tre Insegnamenti sono uno”, non sono riusciti a comprendere né Confucianesimo né il Taoismo,
In Cina, sotto la dinastia Sung, questi incompetenti ricevono il titolo di Insegnante Nazionale ed agiscono in qualità di influenti figure religiose, senza sentirsi minimamente colpevoli; essi forniscono un’idea del tutto errata della Via. Nessuno di costoro dovrebbe vantarsi di possedere il Dharma del Buddha. Tutti questi cosiddetti anziani sostengono che i sūtra buddhistici non contengono l’originaria essenza del Dharma, essenza che sarebbe invece presente nella trasmissione da Patriarca a Patriarca, la sola in grado di tramandare il meraviglioso insegnamento. Queste sono ridicole affermazioni di gente insensata.
La corretta trasmissione dei Patriarchi non si è mai discostata neppure per una parola, o per mezza parola, dagli insegnamenti contenuti nei sūtra buddhistici. I sūtra buddhistici e la Via dei Patriarchi sono stati correttamente trasmessi a partire da Śākyamuni. La trasmissione è il diretto passaggio dell’insegnamento, da uno all’altro. Non possiamo certo sostenere che i Patriarchi non conoscano i sūtra buddhistici, e nemmeno che non li abbiano mai letti, o recitati.
Un illustre antico disse: “Vi fate confondere dai sūtra ma i sūtra non si fanno confondere da voi.”[20] Molti racconti testimoniano di eminenti personaggi dediti alla lettura dei sūtra. Dite perciò agli sciocchi: “Rinunciando ai sūtra, rinunciamo al corpo e mente di Buddha; se rinunciamo al corpo e mente di Buddha, ci allontaniamo dagli eredi del Buddha e dalla Via del Buddha. Se abbandoniamo la Via, come possiamo evitare di abbandonare la Via dei Buddha e dei Patriarchi? E se abbandoniamo la Via dei Buddha e dei Patriarchi, non siamo altro che dei bifolchi con la testa rapata. Chi ha detto che non meritate una bella scarica di bastonate? Non siete certo i servitori di re e ministri, ma gli attendenti del dio degli inferi.”
Oggi i monaci più anziani diventano facilmente capi di un monastero solo grazie alla raccomandazione di principi o ministri. Perciò parlano in modo così confuso. È raro trovare qualcuno che sappia distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Soltanto il mio defunto Maestro rideva di costoro; gli altri anziani non erano in grado di capire.
Non crediate che i monaci stranieri, solo perché vivono in una nazione grande e potente, conoscano la Via del Buddha; non deducete da questo che essi hanno certamente conseguito la Via. Non è vero che si può diventare monaci impeccabili soltanto in altri Paesi; dappertutto si possono trovare persone degne e persone disoneste, e ciò vale anche per l’illimitato triplice mondo.[21]
Inoltre, potete anche diventare il maestro di un imperatore ma questo non implica necessariamente che abbiate conseguito la Via. Perfino un imperatore è in difficoltà nel trovare qualcuno che abbia veramente realizzato la Via; egli si limita ad ascoltare il parere dei suoi ministri e sceglie qualcuno basandosi sui loro consigli. In passato e anche oggi, vi sono alcuni esempi di imperatori che hanno conseguito la Via, ma questo non vale per la maggior parte di essi. Durante epoche storiche oscure, tutti coloro che occupano posizioni importanti non sono uomini della Via. E proprio coloro che sono ignorati dai governanti sono, probabilmente, gli unici che hanno conseguito la Via. Alcuni lo sanno, altri no.
Molto tempo fa, all’epoca di Ōbai, l’anziano Jinshū[22] insegnava all’imperatore, tenendo lezioni sui sūtra e proclamando il Dharma. Egli era il monaco di rango più elevato tra settecento discepoli, eppure il sesto Patriarca gli era superiore. Questi era stato un taglialegna e più tardi un laico che viveva nel monastero, lavorando nell’edificio in cui si puliva il riso. Molti si sarebbero irritati per essere stati posti in una condizione così umile, ma egli superò tutti gli altri, monaci e laici, conseguendo la Legge e ricevendo il kesa. In India e in Cina non si era mai udita, prima di allora, una storia simile. Era ineguagliabile e nessuno dei settecento alti sacerdoti della sua epoca poteva stargli alla pari. Molte persone si radunavano intorno a lui, provenendo da tutte le regioni. Egli fu il trentatreesimo Patriarca nella linea di trasmissione del Buddha.
Se il quinto Patriarca non fosse stato in grado di percepire le sue qualità, come avrebbe potuto verificarsi tutto questo? Riflettete con calma su questo principio e non sottovalutatelo. Sforzatevi di conseguire la capacità di valutare correttamente il carattere delle persone; la mancanza di questa abilità è fonte di grandi sofferenze per noi e per gli altri. Per giungere a questo non sono necessari né un vasto sapere né un particolare talento; è invece importante avere una profonda intuizione e la capacità di valutare correttamente le persone. Se manca questo non saremo mai liberi dall’illusione.
Sappiate dunque che nella Via del Buddha ci sono i sūtra; cercate estesamente e profondamente nelle montagne e negli oceani del Dharma del Buddha e studiate la Via correttamente.
Trasmesso ad un’assemblea di monaci nel Kippōji, Echizen, Yoshida-gun, nell’autunno del 1243.
[1] Il Maestro Ōbaku Kiun (?-855?), uno dei successori del Maestro Hyakujō Ekai. [Huang-po Hsi-yün]
[2] Il Maestro Daiman Kōnin (688-761), successore del Maestro Dai-i Dōshin e quinto Patriarca in Cina. Noto anche come Ōbai. Saishō Dōsha è il suo titolo postumo. [Ta-man Hung-jen]
[3] Si veda il cap. 17, Immo.
[4] Si riferisce ai Maestri Reiun e Kyōgen. Si veda il cap. 25, Keiseisanshoku.
[5] Dèmoni famelici.
[6] Il Maestro Daikan Enō (638-713), successore del Maestro Daiman Kōnin. Spesso è chiamato semplicemente Sesto Patriarca o Sōkei, dal monte su cui dimorava. [Ta-chien Hui-neng]
[7] Si riferisce ad un colloquio tra il Maestro Nangaku Ejō e il Maestro Daikan Enō. Si veda il cap. 57, Henzan.
[8] L’intero reame del mondo fenomenico.
[9] In sanscrito, Prajñātara.
[10] I cinque skanda o aggregati sono: rūpa (il corpo-forma), vedanā (la sensazione), samjñā (la percezione, la nozione), samskarā (le impressioni risultanti, gli elementi della coscienza, lett. “I formati e i formanti”), e vijñāna (la coscienza individuale, la conoscenza di-scriminante).
[11] Il Maestro Unmon Bun’en (864-949), nella linea di trasmissione del Maestro Seppō Gison. Daiji-un Kyōshin Zenji è il suo titolo postumo. [Yün-men Wen-yen]
[12] Si tratta di insegnamenti del Maestro Rinzai, contenuti nel Rinzai-zenji-goroku (La raccolta delle parole del Maestro Rinzai).
[13] Si veda il cap. 44, Butsudō.
[14] Il Maestro Rinzai studiò sotto il Maestro Ōbaku per tre anni. Per tre volte Rinzai chiese al suo Maestro: “Qual è il grande intento del Dharma del Buddha?” In risposta, ogni volta il Maestro lo colpì col suo bastone; eppure la sua determinazione non scemò.
[15] Il Maestro Kōan Daigu (780-862), successore del Maestro Hyakujō Ekai. [Ta-yü]
[16] Il Maestro Bokujū Dōshō (780?-877?), uno dei successori del Maestro Ōbaku Ki-un. Noto anche come Chin Dōmyō. [Mu-chou Tao-tsung]
[17] Il Maestro Seppō Gison (822-907), uno dei due successori del Maestro Tokusan Senkan. Shinkaku Zenji è il suo titolo postumo. [Hsüeh-feng I-ts’un]
[18] Buddha, Dharma e Samgha.
[19] Arhat, lett. “Colui che ha valore”. Nel Buddhismo Hīnayāna, si dice che lo śrāvaka (uditore della voce) passi attraverso quattro stadi. Il primo è srotāpanna (l'entrata nella corrente), il secondo è sakrdāgāmin (chi è soggetto a tornare una volta sola), il terzo è anāgāmin (chi non è soggetto al ritorno), e il quarto ed ultimo è arhat.
[20] Si riferisce probabilmente alla storia sul Maestro Daikan Enō ed Hōtatsu. Si veda il cap. 90, Hokke Ten Hokke.
[21] Dal sanscrito trayo-dhātavah. I tre mondi sono: kāma-dhātu, il mondo del desiderio o della volizione (pensiero); rūpa-dhātu, il mondo della materia o della forma (sensazione); e arūpa-dhātu, il mondo della non-materia o del privo-di-forma (azione).
[22] Gyokusen Jinshū (605?-706) era considerato il più brillante discepolo del Maestro Daikan. Si veda il cap. 19, Kokyō. [Yü-ch’üan Shen-hsiu]