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SHOAKUMAKUSA

Non Commettere Cattive Azioni

 

 

Qui il Maestro Dōgen enfatizza il punto di vista etico comportamentale sottolineando che, di fatto, ciò che produce il male è l’intenzionalità. Questo è da investi­gare considerando la totale concretezza delle nostre azioni, parole e pensieri che determinano, producono e mettono in atto ciò che ne consegue, nel bene e nel male. Perciò l’insegnamento è: “Produci ciò che è bene, astieniti da ciò che è male.”

 

Un vecchio Buddha ha detto: “Astenetevi da ogni ma­le, agite tutto ciò che è bene, purifi­cate la vostra mente; ecco l’insegnamento di tutti i Buddha.” Questo precetto è stato man­tenuto da tutti i Buddha e Pa­triarchi, nel passato e nel pre­sente, prima e dopo i sette Buddha, ed è stato tra­mandato di Buddha in Buddha.[1] Questo precetto non è sol­tanto patrimonio dei sette Buddha ma è l’insegnamento di tutti i Bud­dha. Dobbiamo chiarire questo principio. La Via del Dharma dei sette Bud­dha è l’insieme di tutte le loro azioni. Nell’ininterrotta trasmis­sione e nel suo conferimento, c’è uno spirito essenziale; questo spirito è l’in­se­gnamento di tutti i Buddha ed è la loro prassi e illumina­zione.

Ogni male significa la natura cattiva[2] del bene, del male e di ciò che è neutro; questa natura è innata, così come è innata, incon­taminata e do­tata di vera forma la natura del bene e di ciò che è neu­tro. Questi tre elementi hanno forme dif­ferenti. Ogni male significa che il male, in que­sto e in altri mondi, sia nel passato che nel pre­sente, tra gli uomini e gli dèi, non è sem­pre il medesimo. Circa l’interpretazione di ciò che è bene, male o neutro, c’è una grande differenza tra la Via del Bud­dha e la vita mondana. Bene e male sono il tempo, ma il tempo non è il bene e il male. Bene e male sono il Dharma, ma il Dharma non è il bene o il male. Bene, male e Dharma sono la stessa cosa.

Eppure, nell’investigare la suprema e per­fetta illumina­zione noi ascoltiamo l’inse­gnamento, ci addestriamo e produ­ciamo i frutti dell’illuminazione; ciò è incommensurabile, profondo e meraviglioso. Quando impariamo a ricono­scere il supremo risveglio dai no­stri venera­bili anziani, o dai sūtra, le prime parole che udiamo sono: “Astieniti da ogni male.” Se non udiamo queste parole, non si tratta certo dell’Insegnamento del Buddha ma di quello dei dè­moni.

Dovremmo sapere che ogni volta che udiamo “Astenetevi da ogni male” si tratta della vera Legge del Buddha. Eppure, all’inizio, “Aste­nersi da ogni male” non è proprio ciò che la gente comune cerca di fare. Soltanto dopo aver udito una spiega­zione sul risveglio possiamo comprendere il signifi­cato di parole che sono basate su parole di su­premo risveglio. Quelle sono illuminate pa­role e parole illuminate. Racchiusa in esse si trova la suprema illuminazione ed ascoltandole possiamo cer­care di astenerci continuamente dal male. La vera forza della prassi si manifesta nel non generare alcun male. La sua estrinsecazione copre tutta la terra, il mondo intero, il tempo, tutti i dharma, e la sua misura dipende dalla quantità di male da cui ci si è astenuti. Chi ha raggiunto la condizione in cui ci si astiene dal male, può dimorare in mezzo a qualsiasi genere di male senza commetterne alcuno. Trattenersi dal male ingenera una certa quantità di potere; perciò il male stesso viene confi­nato, privo com’è dei neces­sari requisiti. Talvolta trat­tenere, tal­volta lasciar andare: questo è il prin­cipio. Coloro che perven­gono a questo stadio, sono in grado di chiarire il principio secondo cui il male non può soggiogarli o in­fettarli.

Semplicemente addestrandoci con corpo e mente, nella loro propria interezza, senza alcun controllo cosciente, possiamo realizzare l’ottanta o il novanta per cento del nostro compito. Addestrandoci con corpo e mente nella loro interezza, emerge il potere de­rivante dai quattro elementi[3] e dai cinque skandha;[4] essi sono incontaminati. L'ininterrotta prassi può essere realizzata proprio all’interno di questi quattro elementi e dei cinque skandha, e il potere dei quattro elementi e dei cinque skandha, che è insito nella nostra attuale prassi, può riportare questi ele­menti alla loro autentica condizione originaria. Questa prassi è esercitata in montagne, fiumi, terra, sole, luna e stelle; in verità, montagne, fiumi, terra, sole, luna e stelle ci costringono alla prassi.

La visione illuminata non si manifesta sol­tanto per un istante ma è costantemente attiva, in ogni momento, consentendo perciò a Buddha e Patriar­chi di addestrarsi, di udire l’insegnamento, e di produrre i frutti del risveglio. I Buddha e i Patriarchi non hanno mai contaminato l’insegnamento, la prassi e il risveglio; ecco perché tali aspetti non presentano alcun ostacolo. Bud­dha e Patriarchi non hanno mai evitato l'insegnamento, la prassi e l'illuminazione, nel passato, nel presente o nel futuro. Quando gli esseri senzienti diventano Bud­dha e Patriarchi, le azioni di altri Buddha e Patriarchi non sono di ostacolo. Nondimeno, dobbiamo esaminare attenta­mente il principio di diventare Buddha e Patriarchi attraverso azioni quo­tidiane quali camminare, star fermi, sedere e giacere. Gli esseri senzienti, nel divenire Bud­dha e Pa­triarchi, non vengono né spezzati né per­duti, semplicemente corpo e mente sono lasciati cadere.

La prassi è realizzata at­traverso la legge del karma; ciò significa che non è mossa dal karma, né crea nuovo karma. Il karma esistente ci induce ad addestrarci. Quando la natura originaria del karma è illuminata, vediamo il vero aste­nersi, l’imper-manenza, ed il karma che cessa e che non si ferma mai, perché vi è solo non-attaccamento. Stu­diando in tale modo, ci scopriremo capaci di astenerci da ogni male; realizzando questa compren­sione possiamo astenerci to­talmente da ogni male e, attraverso lo zazen, sradicare tutte le illusioni. Allora tutte le nostre azioni, dalla prima all’ultima, sono libere dal male e nessuna condi­zione potrà far sorgere un cat­tivo karma. C’è sol­tanto una non-produzione del male. Non è che il male venga annientato dalle condizioni, piuttosto, vi è semplicemente una non-produzione del male. Se tut­to il male è uguale, anche tutti i dharma sono uguali. Non pensate che il male sorga da certe condizioni di causa ed effetto; se non comprendete che il karma stesso è non-creato, siete da compa­tire. Il germe del risveglio sorge dalla ca­tena della causa­zione[5] e viceversa.

Non c’è non-esistenza del male, non c’è esistenza del male, non c’è vacuità e non c’è for­ma: c’è soltanto l’astenersi dal male. Il non aste­nersi dal male diventa astenersi dal male. Ad esem­pio, un pino in primavera, un crisantemo autunnale, tutti i Buddha, così come un pilastro, una lanterna di pietra, uno scacciamosche, un bastone, noi stes­si, siamo né esistenti né non-esistenti. Questo genere di investigazione consente la risoluzione del nostro kōan,[6] e viceversa. Bisogna studiare il kōan sia oggettivamente che sog­gettivamente. Ogni rammarico o ri­morso che risulta dal commettere il male, deriva dal principio dell’astenersi da ogni male; questo è il potere, colmo di virtù, dell’astenersi dal male. Tuttavia, pensare che non siamo capaci di astenerci dal male, è come dirigersi a nord volendo andare a sud.

Astenersi da ogni male” non è soltanto l’asino che guarda il pozzo, ma è anche il pozzo che guarda il pozzo, l’asino che guarda l’asino,[7] gli esseri u­mani che guardano gli esseri umani, le montagne che guardano le montagne. Dal momento che esiste un tale principio,[8] dobbiamo astenerci dal male. Il vero corpo-della-Legge del Buddha è come lo spazio, o come l’oscurità, o ancora è come la luna riflessa nell’acqua. Astenendosi tutte le cose dal male, tutte le forme si astengono dal male. È come lo spazio la cui esistenza è indipendente dal punto che ci è indicato. È come la luna riflessa nell’acqua – l’acqua non turba la luna. Questo ge­nere di astensione dal male, è indubbiamente realizzato.

Agire tutto ciò che è bene.” “Tutto ciò che è bene” non è altro che il bene delle tre nature.[9] Benché il bene esista all’interno della natura del bene, ciò non significa che esso abbia una sua esistenza an­tecedente e indi­pendente, né che stia lì ad aspet­tare di essere compiuto. Quando si produce il bene esso contiene tutto il bene. Benché sia privo di forma, il bene compiuto attrae altro bene più celer­mente di quanto una calamita attragga il ferro. Il suo potere è più forte del più impetuoso vento. Tutto il karma accumulato, da un capo all’altro del­la terra, sulle montagne, nei fiumi, nelle pianure e nel mondo intero, non può ostacolare il potere del bene.

L’interpretazione di ciò che è il bene, tuttavia, dipende dalle differenti circostanze; la gente valuta il bene in funzione della propria espe­rienza. Allo stesso modo, l’essenza del Dharma pro­clamato da tutti i Buddha dei tre mondi è da sempre la stes­sa, mentre le parole utilizzate variano in base al momento e alle circostanze. Anche se il tipo di vita e la misura della Buddhità mutano in base alle situazioni, il Dharma proclamato è da sem­pre quello della non-discriminazione. Per que­sto, il bene insito nel credere e quello proprio del Dharma sono la stessa cosa, benché appaiano diversi. Ad esempio, “Prendere i precetti degli śrāvaka[10] equivale a rompere i precetti dei Bodhisat­tva.” Il bene non dipende dalla produzione o cessazione del karma. Quantunque il bene sia tutti i dharma, l’insieme di tutti i dharma non è il buon karma. Il karma, il sorgere, il cessare e il bene, hanno ognuno un proprio inizio e fine. Dovremmo addestrarci su tutto ciò che è bene ma non consapevol­mente, né da soli, né su indicazione di altri.

Nella consapevolezza di sé e degli altri, vi è la conoscenza e l’osservazione di sé e degli altri e, dunque, qualsiasi attiva, il­luminata visione fa sì che il sole e la luna compaiano. Questo è addestrarsi su tutto ciò che è bene. Quando si compie il bene, al mo­mento opportuno l’illuminazione è realizzata, ma non si tratta né della sua prima realizzazione né dell’ultima. Questo è chiama­to “Prassi di tutto ciò che è bene.” Benché la prassi del bene sia necessaria, non dobbia­mo considerarla analiticamente, e la no­stra visione illuminata non deve basarsi su di una congettura. Inoltre, essa non deve es­sere utiliz­zata per valutare il Dharma.

L’analisi basata su di una visione illuminata è molto diversa dall’osservazione comune. Il bene non è esistenza, non-esistenza, vacuità o forma: il bene è solo prassi; indipendentemente dal luogo e dal tempo in cui viene realizzato, esso è prassi. La prassi realizza sicuramente tut­to ciò che è be­ne. La realizzazione della prassi è il kōan che è al di là della crea­zione, della distruzione e del karma. Questo è valido per l’accedere, il perma­nere, l’andarsene e così via. La prassi di un solo pic­colo bene ricopre tutti i dharma, tutti i corpi, il campo della verità, ecc.. Questo è agire tutto ciò che è bene. Il buon karma è realizzare l’illuminazione della prassi. Benché non si possa affermare che la causa preceda sempre l’effetto, entrambi sono com­piuti e completati. Generalmente si ritiene che la causa preceda l’effetto; in realtà nessuno dei due viene prima o dopo, data l’uguaglianza e l’identità tra prima e dopo.

Purificate la vostra mente” è tanto il sé, quanto la purifi­cazione di ‘astenetevi’. Vi è un sé della vostra mente ed un astenersi della vostra mente, così come vi sono mente, purifi­cazione e sé della prassi. Perciò è detto: “Questo è l’insegnamento di tutti i Buddha.”

Tutti i Buddha” sono simili agli dèi della totale libertà. Ma, sebbene esistano tra loro dei pun­ti in comune, gli dèi della to­ta­le libertà non sono “Tutti i Buddha.” I Re Chakravartin[11] godono di un grande potere e di libertà, eppure essi non sono “Tutti i Buddha.” Dobbiamo chiarire questo principio. Co­loro che non indagano sulla natura di tutti i Bud­dha generano solo della sofferenza, per se stessi e per gli altri esseri senzienti, oltre che non percorrere la Via del Buddha. Astenersi da, ed addestrarsi significano: “L’asino se ne va, il cavallo arriva.” [12]

Il poeta Haku-rakuten,[13] della dinastia Tang, era un allievo laico di Bukko Nyoman, erede nel Dharma di Kōsei Daijaku.[14] Mentre svolgeva le fun­zioni di alto ufficiale nel Koshū, cominciò a stu­diare sotto il Maestro Zen Dōrin di Choka.[15] Un giorno Haku-rakuten chiese al Maestro Dōrin: “Qual è l’essenza del Dharma del Buddha?” Dōrin rispose: “Astieniti da ogni male, promuovi tutto ciò che è bene.” Haku-rakuten disse: “Questo lo sa anche un bambino di tre anni.” Dōrin replicò: “Un bambino di tre anni potrà anche saperlo, ma neanche un uomo di ottant’anni riesce a farlo.” Haku-rakuten si inchinò profonda­mente.

Haku-rakuten era un discendente del generale Haku ed era un eminente poeta. La gente afferma che la sua opera verrà ricordata per sempre, ed egli è talvolta considerato come un al­tro Mañjuśrī, o Mai­treya. Nel mondo della letteratura, tutti ne hanno sentito parlare e nes­suno lo eguaglia. Comunque, per quanto riguarda la Via del Buddha, egli era solo un prin­cipiante, mal­grado l’età avanzata, e non poteva sognarsi neppure lontana­mente il significato pro­fondo di: “Astieniti da ogni male, promuovi tutto ciò che è bene.” Sentendo Dōrin citare un detto così co­mune, Haku-rakuten considerò il Maestro come un qualsiasi laico; egli non riu­scì a comprendere che il princi­pio di astenersi da ogni male e di promuovere tutto ciò che è bene è stato, nella Via del Buddha, tra­smesso dai tempi antichi fino ad oggi. Ciò avvenne perché egli non si era mai addestrato sulla Via e non ne possedeva il potere. Benché possa sembrare che questo detto si limiti a mettere in guardia contro il male e promuovere il bene, esso è veramente la realizzazione dell’astenersi.

In genere, nel Dharma del Buddha, ciò che si apprende dalle persone virtuose è identico a ciò che si impara con la prassi. Questo è perfetto dall’inizio alla fine, ed è chiamato causa meravigliosa e meraviglioso effetto, o causa ed ef­fetto buddhistici. Nel Dharma del Buddha causa ed effetto sono diversi dalla discussione di teorie quali una causa produ­cente un effetto di natura di­versa, o una causa producente un effetto della stessa natu­ra, e così via. Se non vi è una causa buddhistica, non vi può es­sere un effetto buddhistico. Il Maestro Dōrin aveva com­preso questo princi­pio, perciò possedeva il Dharma del Buddha.

Anche se il male ricoprisse con più strati il mondo e assorbisse in sé tutti gli elementi, ancora sussisterebbe il non-attac­camento proprio dell’astenersi dal male. Poiché il bene è bene, dall’inizio alla fine, la natura, la forma, la struttura e la forza della prassi si manifestano in quanto tali. Haku-rakuten non pos­sedeva questa comprensione, perciò disse: “Questo lo sa anche un bambino di tre anni.” Parlò così perché pri­vo del potere derivante dal conseguimento della Via.

Povero Haku-rakuten, perché mai hai detto una cosa simile? Dal momento che non sei riuscito ad apprendere l’Insegnamento del Buddha, dubito che tu sappia qualcosa della capaci­tà e del talento natu­rale di un bambino di tre anni. Se davvero si riesce a comprendere un bimbo di tre anni, allora si cono­scono tutti i Buddha dei tre mondi. Se non co­noscete questi Buddha, non riuscirete mai a capire un bambino di tre anni. Non pensate di conoscere un bambino solo perché lo avete in­contrato, e vice­versa.

Se riusciamo a comprendere un granello di polvere, possiamo conoscere il mondo intero; colui che veramente cono­sce un solo dharma può compren­dere tutti i dharma. E chi non è capace di cono­scere tutti i dharma, come può comprendere un solo dharma? Colui che è capace di una percezione totale può vedere tutti i dharma, dunque, può vedere un solo dharma come per esempio un granello di pol­vere, e conoscere il mondo intero. Ritenere che un bambino di tre anni non sappia espri­mere il Dharma e che tutti i suoi discorsi siano elementari, è veramente da stupidi. Chiarire la grande questione di vita e di morte è il problema centrale della Via del Buddha.

Un uomo di grande fama disse: “Al momento della vostra nascita in questo mondo potevate ruggire come un leone. Que­sto ruggito di leone è la virtù insita nel far girare la ruota della Legge e nel proclamare il Dharma, da parte del Tathāgata.[16]” Un altro uomo famoso ha affermato: “Il vero corpo di un uomo è il venire e l’an­dare di vita e morte.”[17]

Dunque, chiarire il vero corpo e acquisire la virtù del ruggito di leone è veramente un grande avvenimento e non è per nulla facile, o semplice. Per questo è di grande importanza chiarire le pa­role e le azioni di un bambino di tre anni, perché è lo stesso che chiarire le azioni e le parole di tutti i Buddha, dei tre mondi. Scioccamente, Haku-rakuten non comprese il significato del conseguimento della Via da parte di un bambino di tre anni, non si pose domande in pro­posito, e disse ciò che disse. Le parole del Maestro Dōrin rimbombarono più forti del tuono ma Haku-rakuten non fu in grado di udirle. Con la sua osserva­zione “Questo lo sa anche un bambino di tre anni”, intendeva dire: “Un bam­bino di tre anni non ha nul­la da dire sul conseguimento della Via.” Egli non aveva udito il bambino ruggire come il leone, né il Mae­stro far girare la ruota della Legge.

Il Maestro non poté fare a meno di provare compassio­ne per Haku-rakuten e disse: “Un bambino di tre anni lo potrà anche sapere, ma neppure un uomo di ottant’anni riesce a farlo.” La questione del bambino di tre anni e quella dell’uomo di ottanta a cui non rie­sce di mette­rlo in pratica, sono da investigare a fondo. Ciò che il bambino con­segue è affidato a voi, ma le sue non sono parole tipiche. Anche l’incapacità del vecchio di metterlo in pratica, dipende da voi; ma anch’egli non è una persona tipi­ca.

Nella Legge del Buddha è necessario che sus­sista questo genere di principio: un profondo pen­siero, una corretta spiega­zione, e una compren­sione di base.

 

 

Questo fu trasmesso ai monaci nel Kannondōri-Koshōhōrinji, nell’Uji, il 21 agosto 1239.

Trascritto da Ejō, il 27 marzo 1243, nell’alloggio del disce­polo principale.



[1] Si veda il cap. 52, Busso.

[2] Cioè, prigioniera, vincolata dall’ignoranza.

[3] I quattro elementi, dal sanscrito catvā mahābhūtāni, sono: terra (peso e leggerezza), acqua (coesione e fluidità), fuoco (caldo e freddo), vento (impulso e movimento).

[4] I cinque skanda o aggregati sono: rūpa (il corpo-forma), vedanā (la sensa­zione), samjñā (la percezione, la nozione), samskarā (le impressioni risultanti, gli elementi della coscienza, lett. “I formati e i formanti”), e vijñāna (la coscienza individuale, la conoscenza di-scriminante). 

[5] Dal sanscrito Pratītya-samutpāda, la Catena della Originazione Interdipendente. I dodici legami son­o: ignoranza, formazioni psichiche, conoscenza, nome e forma, i sei organi di senso, contatto, sensazioni, desiderio, attaccamento, esistenza (divenire), nascita e mor­te. Si veda il cap. 34, Bukkyō. 

[6] Kōan, è l’abbreviazione di Kofu Antoku, che era in origine il nome di una tavola sulla quale venivano esposte le nuove leggi ufficiali, in Cina. All’interno della Via il suo significato è duplice. Uno rappresenta la concreta manifestazione del Dharma, l’Universo stesso, la realtà (Si veda il cap. 1, Genjōkōan). L’altro rappresenta una storia che manifesta i principi universali del Dharma del Buddha.

[7] Il Maestro Sōzan chiese al novizio Toku: “Si dice che il vero Corpo della Legge del Buddha sia proprio come lo spazio e che manifesti la sua forma in accordo alle cose, come la luna riflessa nell’acqua. Come predichi questo principio di mutuo accordo?” Toku disse: “È come l’asino che guarda nel pozzo.” Il Maestro disse: “Le tue sono belle parole ma esprimono solo l’ottanta o il novanta per cento.” Toku disse: “Il Maestro cosa direbbe?” Il Maestro Sōzan disse: “È come il pozzo che guarda l’asino.”

[8] Cioè, il rapporto tra il male e la sua produzione.

[9] Le tre nature, o tre proprietà, sono: giusto, sbagliato, indifferente, oppure bene, male, neutro.

[10] Lett. “Colui che ascolta”, in origine si riferiva a coloro che avevano udito direttamente l’insegnamento dalla voce del Buddha. Più tardi, la parola śrāvaka fu utilizzata più genericamente per distinguere gli studenti Hīnayāna da quelli Mahāyāna.

[11] Dal sanscrito Cakravarti-rāja. Si dice che questi re leggendari governassero i quattro continenti, ad est, ad ovest, a nord e a sud del Monte Sumeru.

[12] Cioè, il male se ne va e il bene arriva. Il Maestro Chōkei chiese al Maestro Reiun: “Qual è la grande intenzione del Dharma del Buddha?” Il Maestro Reiun disse: “Lavori da asino che non sono terminati, ma già arrivano lavori da cavallo.”

[13] Il poeta Haku Kyo-i (770-846).

[14] Il Maestro Baso Dōitsu (704-788), nella linea di trasmissione del Maestro Daikan Enō.  Daijaku Zenji è il suo titolo postumo. [Ma-tsu Tao-i]]

[15] Il Maestro Choka Dōrin (740-824). 

[16] Lett. “Così arrivato”.

[17] Si veda il cap. 43, Shohōjisso.