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JUKI
Predizione di Buddhità
Juki in origine significa scrivere, certificare. In senso lato rappresenta la certificazione formale che l’allievo diverrà un Buddha. Molti dei Sūtra buddhistici riportano parole di predizione del Buddha, circa il futuro conseguimento della Bodhi da parte di molti dei suoi discepoli. In questo capitolo, commentando tra l’altro alcuni passi estratti dal Sūtra del Loto, il Maestro Dōgen indaga su questo particolare aspetto.
La grande Via dei Buddha e dei Patriarchi e la sua ininterrotta trasmissione da maestro ad allievo è juki.[1] Senza uno studio adeguato e mancando dell’esperienza dei Buddha e dei Patriarchi, non possiamo neanche sognarci della predizione.
Tuttavia, la predizione non è conferita solamente a coloro che hanno risvegliato la propria natura-di-Buddha,[2] ma è anche per coloro che non hanno risvegliato la mente che cerca il Buddha né scoperto la propria natura-di-Buddha. La predizione è conferita senza tener conto se c’è un corpo o meno: essa è data a tutti i Buddha e Patriarchi e ognuno di essi la mantiene e la preserva.
L’interpretazione corrente è che si riceve la predizione dopo essere diventati un Buddha. Non accettate questa idea, non aspettatevi di ricevere la predizione dopo che siete divenuti un Buddha. Quando vi è concessa la predizione divenite un Buddha; quando c’è vera prassi, c’è predizione. Tutti i Buddha possiedono la predizione; il loro progresso spirituale possiede la predizione. È nel nostro corpo e nella nostra mente che troviamo la predizione. Quando studiamo e troviamo la grande predizione, anche la nostra Via è grande. C’è una predizione nel nostro sé passato e nel nostro futuro. C’è una predizione che può essere riconosciuta da noi e dagli altri, e c’è né una che non può esserlo.
La predizione è la realizzazione del sé, è il sé realizzato. Quindi, ciò che Buddha e Patriarchi hanno trasmesso di generazione in generazione non è altro che predizione; tutte le cose non sono altro che predizione: le montagne, i fiumi, la terra e i grandi oceani.
Questa è l’unica interpretazione possibile della predizione. La predizione compresa in questo modo è l’unica parola di risveglio pronunciata, udita e compresa.[3] È la prassi e l’insegnamento del risveglio. La predizione sa esattamente come muoversi in avanti e all’indietro. Se i Buddha e i Patriarchi non avessero conferito la predizione, ora saremmo incapaci di sedere in zazen o di indossare un kesa. Accettate questi atti con un gasshō:[4] questa manifestazione è predizione.
Il Buddha disse che la predizione può essere interpretata in otto modi fondamentali:
. uno sa della propria predizione, mentre gli altri no;
. gli altri sanno e l’uno no;
. sia l’uno che gli altri sanno;
. né l’uno né gli altri sanno;
. le persone vicine a chi possiede la predizione sanno, ma quelle lontane no;
. le persone lontane sanno, quelle vicine no;
. tutti, vicini o lontani sanno;
. nessuno, vicino o lontano, sa.
Vi sono queste diverse comprensioni della predizione, ma non pensate che non vi sia una predizione in questo puzzolente sacco d’ossa.[5] Ciò nonostante, non crediate che le persone non illuminate non possano ricevere la predizione.
In generale, la maggior parte della gente pensa che la predizione sia conferita una volta completata la propria prassi, e quando si sia diventati un Buddha. Questa non è la corretta Via del Buddha. Udire l’unica parola da un maestro Zen, o apprenderla dai sūtra, è l’occasione di ricevere la predizione. In questa situazione, la nostra natura originaria, la natura-di-Buddha, emerge; questa è la base della virtù. Ricevere la predizione è ricevere l’essenza del Dharma. Dovremmo sapere che anche un granello di polvere ha un valore assoluto, ha possibilità illimitate. Perché dunque non si può trovare la predizione in un granello di polvere? La predizione non si trova in un’unica cosa, ma si trova in tutte le cose. La predizione è prassi e risveglio, è Buddha e Patriarchi, è prassi e illuminazione basati sullo zazen, è grande risveglio e grande illusione, non è così?
Una volta, Ōbaku[6] disse a Rinzai:[7] “L’insegnamento della mia scuola si espanderà nel corso della tua vita.” Il Maestro Enō[8] disse al suo discepolo Nangaku:[9] “Io sono come te, e tu sei come me.” Maestro ed allievo sono una cosa sola, questa è predizione. È il sigillo dell’Insegnamento del Buddha e trascende ogni relatività. È la trasmissione autentica, da mente a mente, è il venire e l’andare di vita e morte, è le dieci regioni del mondo e il mondo presente, con nulla di celato.
Una volta, il Grande Maestro Gensha[10] stava camminando col suo Maestro Seppō.[11] Seppō, indicando il terreno di fronte a sé, disse: “Questo terreno è adatto per uno stūpa.” Gensha chiese: “Quanto dovrà essere alto lo stūpa?” Seppō guardò in alto e in basso, indicando l’altezza. “O Maestro” disse Gensha “siete il monaco più fortunato al mondo, ma com’è che nemmeno voi potete sognarvi la predizione che è stata trasmessa da Śākyamuni a Mahākāśyapa, sul Picco dell’Avvoltoio?” Seppō, allora, chiese di rimando: “Quanto è alto lo stūpa?” “Sette o otto piedi” disse Gensha.[12]
La domanda di Gensha circa il Picco dell’Avvoltoio non riguardava il fatto che Seppō avesse o meno ricevuto la predizione del Picco dell’Avvoltoio; essa ha a che vedere con ciò che il Buddha Śākyamuni disse: “Io posseggo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e la Serena Mente del Nirvāna. Ciò ora trasmetto a Mahākāśyapa.” Allo stesso modo, quando Seigen[13] conferì la predizione al suo discepolo Sekitō,[14] Seigen ricevette la stessa predizione di Mahākāśyapa; ciò significa che la predizione di Śākyamuni si ritrova in ogni trasmissione della Via, da Buddha a Buddha, da Patriarca a Patriarca. Quando il sesto Patriarca,[15] che viveva sul monte Sōkei, trasmise il suo insegnamento a Seigen, questi, ricevendo la predizione del suo Maestro, diventò il vero Seigen. Di fatto, tutti i predecessori del sesto Patriarca trasmisero direttamente la propria Legge attraverso la predizione di Seigen.
Questa mente dei Buddha e dei Patriarchi è come le cento erbe, pura e naturale. Poiché i Buddha sono come le cento erbe, noi stessi siamo come le cento erbe. Ma non pensate di essere sempre consapevoli, né di vedere ciò che possedete. Ciò che possiamo conoscere non è necessariamente in nostro possesso, così come ciò che possediamo non è necessariamente da noi conosciuto o visto. Non dobbiamo dubitare di possedere qualcosa come la predizione solo perché non rientra nelle normali categorie di pensiero né nella percezione visiva. La predizione conferita sul Picco dell’Avvoltoio era quella del Buddha Śākyamuni; fu conferita da Śākyamuni a Śākyamuni. Vale a dire che la predizione di Buddhità non è conferita a gente che manca di comprensione, ma passa a chi sa già di possederla.
Qui non ci sono ostacoli, non vi è nulla di meno, non vi è nulla di più. È così che la predizione è trasmessa da Buddha a Buddha. A questo proposito, un vecchio Buddha disse: “Tutti i Buddha del presente e del passato hanno usato un hossu[16] per insegnare il vero significato di est e di ovest. Questo significato è così sottile, così profondo, come lo si potrebbe mai discutere se i Buddha non ne avessero trasmesso il principio?”
Guardando più da vicino il reale significato delle parole di Gensha, ci accorgiamo che la sua domanda verteva sull’altezza dello stūpa. Egli si aspettava una risposta definita, qualcosa come cinquecento o ottantamila miglia. Eppure non si adirò quando Seppō guardò in alto e in basso, né si scoraggiò. L’occhiata di Seppō non è la predizione di Śākyamuni; l’unica risposta che sarebbe stata in accordo con quella predizione è: “Sette o otto piedi.”
Non penso più se il “Sette o otto piedi” di Gensha fosse la risposta giusta o sbagliata. Nell’ambito della predizione è bene aver conseguito sia la predizione di Seppō sia quella di Gensha. Tuttavia, quando pensiamo all’altezza di uno stūpa, dobbiamo farlo in termini di predizione. Senza che si sia ricevuta la predizione, la Via del Buddha non può mai essere proclamata.
Comprendendo, studiando e proclamando l’insegnamento che il nostro sé è il sé reale, la realizzazione della predizione sarà il nostro kōan. Dobbiamo realizzare la comprensione del fatto che predizione e Buddha-darsana[17] sono inseparabili, sia nel nostro corpo, sia nella nostra mente. Tutti i Buddha realizzano il risveglio per manifestare il vero significato della predizione. Ciò che porta all’esistenza i Buddha è il potere di ricevere la predizione. Raggiungere il risveglio è la cosa più importante. Perché possa raggiungere la Bodhi,[18] la predizione deve essere ricevuta dall’ego senza ego e dal sé non-sostanziale È in questo modo che tutti i Buddha ricevono la predizione da tutti gli altri Buddha.
Vi sono diversi modi di ricevere la predizione: sollevando una, o entrambe le mani, oppure vedendo un fiore di udumbara o una veste dorata.[19] Queste azioni non hanno in sé alcun potere illuminante, la loro efficacia viene dalla predizione. La predizione può essere ricevuta sia interiormente, sia esteriormente. Se desiderate comprendere gli aspetti del sé interiore ed esteriore, dovete studiare le condizioni in cui si conferisce la predizione. Ricevere la predizione è di per sé imparare la Via; allora non vi è instabilità. Ricevere questa predizione è sedere in zazen, e allora l’eternità è catturata in un istante.
Un antico Buddha disse: “Una dopo l’altra, le persone divengono dei Buddha ed ininterrottamente conferiscono la predizione.” “Divenire Buddha” è l’incessante trasmissione della Via; il conferimento della predizione è la trasmissione dell’insegnamento. Allora, se seguite la corrente della Via del Buddha, da voi stessi diventate un Buddha.
Questa trasmissione della predizione è una continua catena e passa di generazione in generazione. Essa non crea nessuna condizione specifica o consapevolezza, né nel corpo né nella mente, ma si adatta allo sviluppo di tempo e luogo. Dobbiamo studiare questo. L’apparire di tutti i Buddha e di tutti Patriarchi, la venuta di Bodhidharma e la conseguente trasmissione della sua predizione, si sviluppano secondo questo principio. Attingere acqua o portare legna da ardere sono normali attività quotidiane che, allo stesso modo, si dovrebbero basare sulla predizione.
“La nostra mente è Buddha” è anche la realizzazione della condizione di non-attaccamento. Poche persone realizzano ciò. Dobbiamo sapere che esistono molti livelli di non-attaccamento, numerosi modi di realizzazione, ed una varietà di Buddha. Per questo, una dopo l’altra, le persone diventano Buddha, conseguono il non-attaccamento, ricevono la predizione e proclamano la Via del Buddha. All'inizio, una retta trasmissione non può essere conseguita facilmente ma può, attraverso la prassi, essere realizzata in vari modi. Tutti i Buddha e i Patriarchi hanno realizzato il non-attaccamento ed hanno continuamente conferito la giusta trasmissione. Essi hanno, senza alcuna interruzione, trasmesso la loro predizione di generazione in generazione.
Un vecchio Buddha disse: “Udendo che la predizione è solennemente trasmessa e ricevuta, ero pieno di gioia.” Questo significa che anch’io sicuramente sto seguendo il Buddha, e sento di altri che pure seguono la Sua Via e che ininterrottamente ricevono la predizione. Ciò mi riempie di gioia. La predizione è ininterrottamente trasmessa, ciò significa: “Ricevo la predizione proprio in questo momento.” La predizione è indipendente da ogni tipo di discriminazione su passato, presente o futuro, o su sé e altri.
Udire la predizione dipende interamente dal Buddha, non dipende dagli altri, né dall’opposizione tra illusione e illuminazione, non dagli esseri senzienti, né dalle erbe, dagli alberi o dalla terra. Solo seguendo il Buddha la predizione può essere solennemente ricevuta e conferita. Allora di continuo essa si accresce senza venir meno, e si accompagna ad una pervadente gioia nel corpo e nella mente. Perciò, poiché indubbiamente il corpo influisce sulla mente e viceversa, la gioia che proviamo nel ricevere la predizione permea il mondo intero e, nelle quattro direzioni dell’Universo, è gioia suprema. Siate sicuri che questa gioia, dormendo o vegliando, illuminati o non illuminati, è gioia vera. Chiunque la può trovare, ma poiché è così pura, essa trascende le normali categorie di pensiero. Essa è pura e serena e perciò passa di generazione in generazione.
Il Buddha Śākyamuni una volta disse al Bodhisattva Yakuō:[20] “O Bodhisattva Yakuō! Qui ci sono tutti i tipi di esseri: innumerevoli dèi della musica, della guerra, uccelli, serpenti e dèmoni; ci sono esseri umani e non-umani, monaci, monache, laici e laiche, e poi śramana,[21] Buddha ed altri ricercatori che vogliono sentire l’insegnamento e raggiungere il risveglio. Tra tutti gli esseri qui radunati, pochi di essi ascolteranno anche un solo gāthā[22] del Sūtra del Loto conseguendone un’istantanea gioia. Conferirò la predizione a queste persone ed esse, nel futuro, raggiungeranno la suprema illuminazione.”
Innumerevoli tipi di esseri erano presenti, dèi ed esseri umani, re e discepoli, ed ognuno con una diversa determinazione e comprensione del Dharma. Tuttavia, tutti possono accedere alla suprema illuminazione e, attraverso questa, sperimentare la vera gioia. Inoltre, è lo studiare o l’ascoltare il Sūtra del Loto che dà loro la vera gioia. Perciò, tutti gli esseri sono forme del Sūtra del Loto.
“Radunati davanti al Buddha” significa essere all’interno del Buddha. Per quanto esseri umani e non-umani diano una diversa interpretazione ad ogni particolare fenomeno, essi condividono la medesima natura essenziale; perciò Śākyamuni può conferire loro la Sua predizione ed essi raggiungeranno infine il supremo risveglio.
Il Buddha Śākyamuni disse anche al Bodhisattva Yakuō: “Anche dopo che sarò entrato nello stadio finale del supremo nirvāna, seguiterò a conferire la predizione a coloro che, dopo aver letto o ascoltato anche un solo gāthā del Sūtra del Loto, avranno sperimentato la vera gioia, ed in futuro essi raggiungeranno la suprema illuminazione.”
Cosa voleva dire Śākyamuni con “Dopo che sarò entrato nello stadio finale della suprema illuminazione?” Si riferiva ai quarantanove anni di divulgazione del Dharma? O alla Sua intera vita di ottant’anni? Qui si riferiva alla Sua intera vita. Inoltre, chi manca di istruzione o di erudizione può sperimentare la vera gioia dopo aver letto o sentito anche un solo verso, oppure è necessario essere sapienti o istruiti? Se è propriamente spiegato, ogni essere umano lo può capire; perciò non ci dovremmo preoccupare del fatto che uno abbia studiato o meno.
Dovremmo comprendere che, nello studiare l’insegnamento del Sūtra del Loto attraverso la profonda e illimitata prajñā, [23] possiamo coglierne l’essenza anche in un solo verso o gāthā, e sperimentare in un solo istante la vera gioia. Allora riceviamo la predizione che è l’attestazione del raggiungimento della suprema illuminazione. Allora saremo capaci di conferire la predizione ad altri, ed essi a loro volta potranno passarla ad altri ancora. Ma non dobbiamo affidarla a persone trascurate o indolenti. Sforziamoci di essere tra coloro che sperimentano la vera gioia nell’udire anche un solo gāthā del Sūtra del Loto. Non trascuriamo la pelle, la carne, le ossa e il midollo della vera Via del Buddha. Se ricevete la predizione, essa vi guiderà al risveglio e la vostra decisione di ottenere la liberazione sarà soddisfatta. È in questo modo che deve essere fatto.
Vi sono molti modi di conferire la predizione. Śākyamuni utilizzò un fiore di udumbara e Saishō Dōsha[24] utilizzò un pino; altri lo fecero attraverso un’occhiata o un sorriso, e vi fu chi utilizzò un paio di sandali di paglia.[25] Questi sono esempi che vanno al di là di ogni comprensione intellettuale.
Similmente, qualche volta un maestro dice: “Io sono come la predizione” o anche “Tu sei come la predizione.”[26] In base a questo principio è stata conferita la predizione nel passato, nel presente e nel futuro. In queste tre condizioni di tempo si realizza sia la nostra predizione che quella degli altri.
Vimalakīrti[27] disse al Bodhisattva Maitreya:[28] “Maitreya, hai ricevuto la predizione da Śākyamuni e in questa vita raggiungerai la suprema illuminazione. Qual è il giusto tempo per ricevere predizione? Nel passato, nel presente o nel futuro? Se è nel passato, la vita passata è già trascorsa. Se è nel futuro, quella vita non è ancora arrivata. Se è nel presente, è in uno stato di flusso.”
Śākyamuni insegnò ai monaci che la vita nel presente è nascita, vecchiaia e morte. Tale insegnamento era basato sul non-creato.[29] Riceviamo la predizione per mezzo del non-creato; è la vera forma che trascende la discriminazione. In questo stato non vi è l’idea di ricevere la predizione, né l’idea di suprema illuminazione.
O Maitreya, cos’è la tua predizione? L’hai ricevuta attraverso la vita o la morte? Se la ricevi attraverso la vita, come può la verità essere nata? E se la ricevi attraverso la morte, come può la verità morire?
Tutti gli esseri senzienti, tutti i dharma sono quiddità.[30] Tutti gli esseri risvegliati e i saggi sono quiddità. Tutti i Patriarchi, te compreso, sono quiddità. E perciò, se tu ricevi la predizione, dato che non vi può essere dicotomia di quiddità, anche tutti gli esseri senzienti la ricevono. Se tu raggiungi la suprema e perfetta illuminazione, dato che tutti gli esseri senzienti sono la forma reale dell’illuminazione, anche tutti gli esseri senzienti la raggiungono.”
Con questo, il Buddha Śākyamuni non contraddice Vimalakīrti. Che Maitreya ricevesse la predizione era già stato determinato da Śākyamuni; parimenti, ogni volta che gli esseri senzienti ricevono la predizione, ciò è stato determinato da Śākyamuni. Se tutti gli esseri senzienti non ricevessero la predizione, allora la predizione di Maitreya non avrebbe mai potuto essere conferita. Tutti gli esseri senzienti nel loro insieme sono la reale forma del risveglio. Tale risveglio conferma l’illuminazione della predizione, e la predizione è la nostra vita presente. Perciò, tutti gli esseri senzienti partecipano alla decisione di Maitreya di raggiungere il risveglio e contemporaneamente a lui ricevono la predizione e raggiungono il risveglio.
Tuttavia, Vimalakīrti disse che vi è una certa condizione nella quale non vi è idea di ricevere la predizione, né di raggiungere la suprema illuminazione. Questo dimostra che egli non aveva compreso la forma reale della predizione e di conseguenza non aveva nemmeno compreso la forma reale del risveglio. Egli disse pure che il passato è già andato, che il futuro non è ancora arrivato, e che il presente è in uno stato di flusso. Ma per raggiungere la comprensione della predizione, non è necessario che il passato sia andato, che il futuro venga, o che il presente sia in uno stato di flusso.
Possiamo usare passato, futuro e presente per descrivere la distruzione, la potenzialità o il fluire delle cose, ma dobbiamo essere consapevoli del passato, del futuro e del presente che non sono ancora giunti. Questo è il principio attraverso il quale possiamo raggiungere il risveglio nella vita e nella morte. Questo è ciò che intendiamo dicendo: “Quando tutti gli esseri senzienti ricevono la predizione, Maitreya riceve la predizione.”
Ora Vimalakīrti ti farò questa domanda: “Per favore dimmi se Maitreya e tutti gli esseri senzienti sono la stessa cosa.” Come si diceva prima, quando tutti gli esseri senzienti ricevono la predizione, Maitreya riceve la predizione. Se Maitreya e tutti gli esseri senzienti non sono la stessa cosa, Maitreya non è Maitreya e gli esseri senzienti non sono gli esseri senzienti, non è vero? Allora Vimalakīrti non sarà Vimalakīrti e ciò che dice è senza senso. Perciò, quando la predizione conferma la natura reale di tutti gli esseri senzienti, tutti gli esseri senzienti e Maitreya esistono nella loro vera forma. Quando ricevete la predizione, la vera forma di tutte le cose appare.
Questo fu scritto nel Kannondōri-Koshōhōrinji, il 25 aprile 1243.
Ricopiato nell’alloggio del discepolo principale del Kippōji, nell’Echizen, il 20 gennaio 1245.
[1] Rappresenta il sanscrito vyākarana che lett. significa profezia, predizione. Nel Sūtra del Loto il Buddha assicura a molti dei suoi discepoli la futura acquisizione della Buddhità. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 161.
[2] La natura-di-Buddha è la ‘Natura propria’, o ‘Vera natura’, o ‘Volto originario’ (comunque la si voglia chiamare) di ogni essere, anche se questi lo ignora.
[3] Si veda il cap. 25, Keiseisanshoku.
[4] Lett. “Con il palmo delle mani unito”. Si tratta di un saluto tradizionale, nei monasteri. Le mani giunte sono tenute all'altezza del petto, con la punta delle dita grossomodo allineata con le narici.
[5] Il nostro attuale corpo.
[6] Il Maestro Ōbaku Kiun (?-855?), uno dei successori del Maestro Hyakujō Ekai. [Huang-po Hsi-yün]
[7] Il Maestro Rinzai Gigen (?-867), uno dei successori del Maestro Ōbaku Kiun. Eshō Zenji è il suo titolo postumo. [Lin-chi I-hsüan]
[8] Il Maestro Daikan Enō (638-713), successore del Maestro Daiman Kōnin. Spesso è chiamato semplicemente Sesto Patriarca o Sōkei, dal monte su cui dimorava. [Ta-chien Hui-neng]
[9] Il Maestro Nangaku Ejō (677-744), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. [Nan-yüeh Huai-jang]
[10] Il Maestro Gensha Shibi (835-907), un successore del Maestro Seppō Gison. Noto anche come Sōitsu Daishi. [Hsüan-sha Shih-pei]
[11] Il Maestro Seppō Gison (822-907), uno dei due successori del Maestro Tokusan Senkan. Shinkaku Zenji è il suo titolo postumo. [Hsüeh-feng I-ts’un]
[12] Si veda il cap. 7, Ikkamyōju.
[13] Il Maestro Seigen Gyōshi (?-740), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. Egli fu il settimo Patriarca in Cina. [Ch’ing-yüan Hsing-ssu]
[14] Il Maestro Sekitō Kisen (700-790), nella linea di trasmissione del Maestro Daikan Enō. [Shih-t’ou Hsi-ch’ien]
[15] Il Maestro Daikan Enō (638-713). [Ta-chien Hui-neng]
[16] Uno scacciamosche cerimoniale.
[17] La più profonda intuizione del Buddha.
[18] Condizione di verità.
[19] Si veda il cap. 64, Udonge.
[20] Il Bodhisattva Bhaishajya-rāja, il Bodhisattva Re della Medicina.
[21] Śramana (lett. “Colui che si sforza”) originariamente descriveva un mendicante itinerante che non apparteneva alla casta dei brahmāni, diversamente da un parivrājaka, un mendicante itinerante religioso di origine brahmānica. Il Buddha applicò ai monaci buddhisti il termine śramana.
[22] Una strofa, una serie di versi.
[23] Una delle sei pārāmita o perfezioni. Prajñā è la conoscenza intuitiva profonda, trascendente; è la forma più alta e completa di conoscenza, e non ha nulla a che vedere con la conoscenza concettuale.
[24] Il Maestro Daiman Kōnin (688-761), successore del Maestro Dai-i Dōshin e quinto Patriarca in Cina. Noto anche come Ōbai. [Ta-man Hung-jen]
[25] Si riferisce alla trasmissione tra il Maestro Daiyō Kyōgen e il Maestro Tōsu Gisei. Ricevendo il ritratto, i sandali e altri effetti personali affidati dal Maestro Daiyō al Maestro Fuzan, il Maestro Tōsu succedette al Maestro Daiyō.
[26] Cioè, partecipiamo della medesima condizione di risveglio.
[27] Vimalakīrti, un discepolo laico del Buddha, eccellente nella filosofia buddhistica.
[28] Il Bodhisattva Maitreya, il Buddha successivo al Buddha Śākyamuni.
[29] Lett. “Non nascita” o “Non apparenza”, è sinonimo di nirvāna .
[30] Dal sanscrito tathatā, la natura assoluta e incondizionata di tutte le cose.