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ZAZENSHIN
Indicazioni per lo Zazen
In questo capitolo il Maestro Dōgen, dopo aver investigato sul giusto atteggiamento della mente durante lo zazen, ci presenta dapprima lo Zazenshin del Maestro Wanshi Shokaku, e ci trasmette poi una sua versione dello stesso poema.
Il Grande Maestro Yakusan Kōdō[1] aveva appena concluso un periodo di zazen quando un un monaco chiese: “Sedendo così intensamente, che cosa pensi?” Il Maestro disse: “Penso il non-pensare.” Il monaco chiese: “Come puoi pensare il non-pensare?” Il Maestro rispose: “Non pensando.” Dobbiamo investigare e correttamente trasmettere questo ‘Sedere intensamente’ attraverso l’esperienza diretta delle parole del Grande Maestro. Questo è il giusto metodo per chiarire il modo buddhistico di sedere intensamente. Anche se questa idea di sedere intensamente è stata espressa da più di una persona, la frase di Yakusan “Penso il non-pensare” è impareggiabile; essa diviene pelle, carne, ossa e midollo del pensare, e pelle, carne, ossa e midollo del non-pensare.
Il monaco chiese: “Come puoi pensare il non-pensare?” Questa non è di sicuro una domanda originale; nondimeno tutti gli studenti devono occuparsi della questione di come pensare. Infatti, c’è un pensiero nel sedere intensamente? Se fate progressi nel sedere intensamente, non mancherete di capirlo. Chiunque non sia ridicolmente miope può esaminare, interrogare e riflettere sul sedere intensamente.
Il Grande Maestro disse: “Non pensando.” Anche se il senso di queste parole è chiaro, per pensare il non-pensare si deve sempre usare il non-pensare. Nel non-pensare c’è un chi, un chi che mantiene il sé. Anche se io siedo intensamente, non c’è soltanto il pensare, ma c’è un totale coinvolgimento nel sedere intensamente. Il sedere intensamente dovrebbe essere solo sedere intensamente; dunque, come può il ‘Sedere intensamente’ pensare al ‘Sedere intensamente’?
Per questo i Buddha non possono misurare il sedere intensamente, né possono farlo il Dharma, il risveglio o la comprensione. Quello che Yakusan ha trasmesso individualmente è stato tramandato direttamente per trentasei generazioni a partire dal Buddha Śākyamuni; tra Yakusan e Śākyamuni vi sono infatti trentasei generazioni. Così, la corretta trasmissione è avvenuta all’interno di “Pensa il non-pensare.” Nondimeno, ai giorni nostri vi sono ignoranti che vanno dicendo: “L’esercizio dello zazen consiste nel mantenere la mente libera da pensieri; raggiunta questa condizione, si è conseguito lo stato supremo.” Una tale opinione vale ancora meno di quelle sostenute dai seguaci dell’Hīnayāna e dei comuni insegnamenti degli uomini e degli dèi. Come possiamo considerare costoro come studenti del Dharma? In Cina, ai giorni nostri, molti si addestrano in questo modo; è tragico vedere come la Via dei Patriarchi stia andando in rovina.
Vi sono poi altri che sostengono che l’esercizio fisico dello zazen è la chiave tanto per i novizi che per i monaci anziani, e che l’addestramento durante la vita quotidiana, attuato dai Buddha e dai Patriarchi, non è necessario. Essi affermano che camminare è Zen, sedersi è Zen, parlare e stare in silenzio, l’azione e la quiete, il movimento del corpo e l’immobilità del corpo, tutto è Zen. Dovremmo perciò limitarci al solo Zen seduto. Molti seguaci della scuola Zen Rinzai hanno simili opinioni. Affermano questo perché non hanno preso sul serio la vera vita del Dharma del Buddha. Che cos’è la mente di principiante? Perché si distingue tra chi possiede e chi non possiede la mente di principiante? Dovremmo sapere che, per il vero studio della Via del Buddha, dobbiamo concentrarci esclusivamente sullo zazen. Il punto cruciale è che c’è un Buddha che agisce, ma che non cerca di diventare Buddha. Poiché il Buddha che agisce è completamente al di là del diventare Buddha, esso è l’attualizzazione del risveglio.
Il corpo è Buddha, non diviene Buddha. Quando reti e gabbie sono infrante, il Buddha seduto non è per nulla di ostacolo al diventare Buddha. Proprio in quel momento, fin dall’origine e attraverso mille e diecimila epoche, Buddha e dèmoni sono lasciati da parte. Sia i passi in avanti che i passi all’indietro possiedono intimamente la capacità di colmare fossati e vallate.
Il Maestro Zen Daijaku Kōsei,[2] che studiava sotto il Maestro Nangaku Dai-e,[3] anche dopo aver ricevuto l’intima trasmissione del sigillo della Mente, continuava ad addestrarsi regolarmente allo zazen. Una volta Nangaku fece visita a Daijaku e gli chiese: “Per quale scopo fai zazen?” Dobbiamo esaminare con calma questa domanda e chiarirla.
Che cosa chiese Nangaku? Forse: “Ti aspetti di fare qualche progresso facendo zazen?”, oppure “C’è qualche altro scopo oltre lo zazen?”, oppure “Hai uno scopo qualsiasi?”, o stava forse chiedendo: “Quando fai zazen, qual è lo scopo? Che cosa si realizza?” Tutti questi aspetti devono essere esaminati molto dettagliatamente. È importante considerare i veri draghi più che le imitazioni dei draghi; eppure sappiate che sia un vero drago sia una sua imitazione, possono far condensare le nubi e far cadere la pioggia. Non pensate che l’imitazione sia vicina e quello reale sia lontano, o viceversa; tanto il vicino che il lontano debbono essere correttamente valutati. Il nostro vedere non deve essere troppo leggero né troppo pesante, il nostro udire non dove essere troppo consistente né troppo evanescente. Tanto gli occhi che le orecchie devono essere acuti e limpidi.
Kōsei rispose: “Allo scopo di diventare un Buddha.” Questa frase deve essere approfondita. Come si può ‘diventare un Buddha’? Voleva dire che il Buddha si trasforma in un Buddha? Oppure che, quando si diventa Buddha, il volto del Buddha può manifestarsi in forme diverse? Oppure ancora diventare un Buddha significa lasciar cadere, un lasciar cadere che diventa Buddha? Ci sono molte possibilità di diventare Buddha; è forse dunque questa complicazione che produce la frase “Allo scopo di diventare un Buddha”?
Dobbiamo sapere che la risposta di Kōsei significa che ci si siede in zazen per diventare Buddha, che zazen è l’intenzione di diventare un Buddha. ‘Allo scopo di’ è presente sia prima di diventare Buddha, sia dopo e che ‘Diventare un Buddha’ si manifesta esattamente al momento giusto. Domanda: “Quale ruolo gioca l’intenzione nel diventare un Buddha?” Risposta: “Fin dall’inizio, è continuamente coinvolta.” In quel preciso momento, ogni cosa diventa totalmente Buddha, il coinvolgimento consuma immediatamente l’atto di diventare Buddha e tutte le cose hanno questa intenzione. Non rigettate una sola intenzione. Se rigettiamo anche solo un’intenzione, la nostra vita è persa. Eppure, anche quando la nostra vita è persa, ancora siamo coinvolti in quell’intenzione.
Nangaku allora raccolse un pezzo di tegola e cominciò a strofinarlo con una pietra. Vedendo questo, Kōsei chiese: “Maestro, che cosa state facendo?” Chi in realtà vide Nangaku strofinare la tegola e chi non lo vide? In ogni caso, Kōsei interrogò sul gesto di strofinare la tegola. ‘Che cosa state facendo?’ significa ‘Perché state strofinando la tegola?’ Benché (nella domanda di Kōsei) vi siano varie sfumature di significato, in questo caso ‘Strofinare la tegola’ è quella essenziale. Non considerate mai definitivo il vostro punto di vista; per sviluppare una comprensione unificata occorre investigare interpretazioni alternative.
Dobbiamo sapere che vi sono casi in cui vediamo il Buddha senza comprendere che è il Buddha, vediamo l’acqua senza capire che è acqua, e vediamo le montagne senza comprendere che sono montagne. Ciò che esiste non è soltanto ciò che appare immediatamente davanti ai nostri occhi, dunque non è corretto fare valutazioni affrettate. Non è questo il modo di studiare il Dharma del Buddha.
Nangaku rispose: “La strofino per ricavarne uno specchio.” È necessario chiarire l’essenza di questa frase. Esiste sicuramente in questa risposta un principio che manifesta l’illuminazione. Non è una falsa affermazione. Anche se la tegola è soltanto una tegola, e lo specchio solo uno specchio, vi sono diversi aspetti del principio dello strofinare che devono essere investigati. Strofinando una tegola si può ricavare sia uno specchio scuro, sia uno specchio lucente. Se non sappiamo che tutti gli specchi sono fabbricati strofinando una tegola, allora non ci saranno parole dei Buddha e dei Patriarchi, né discorsi o predicazioni.
Kōsei chiese: “Come puoi ricavare uno specchio strofinando una tegola?” Questa domanda dimostra che Kōsei era veramente un uomo d’acciaio che comprendeva l’azione di strofinare la tegola e non aveva bisogno dell’aiuto di altri; nondimeno, strofinare una tegola non può trasformarla in specchio. Se diventa uno specchio, lo deve fare immediatamente.
Nangaku disse: “Come puoi diventare un Buddha facendo zazen?” Comprendete, al di là di ogni dubbio, il principio che non si diventa Buddha facendo zazen, e che diventare Buddha non ha alcun rapporto con lo zazen.
Kōsei chiese: “Perché è così?” Anche se a prima vista questa domanda sembra riguardare soltanto lo zazen, in realtà concerne anche la questione del diventare Buddha; è come due amici fraterni che si incontrano. Il fatto che egli sia mio amico fraterno fa di me il suo amico fraterno. ‘Perché è così?’ include entrambi gli aspetti del problema.
Nangaku rispose: “È come guidare un carro. Se il carro non si muove, puoi frustare il carro o il bue.” Nelle parole “Se il carro non si muove”, che cosa significano ‘Il carro si muove’ e ‘Il carro non si muove?’ Un carro che si muove è come l’acqua che scorre? O l’acqua stagnante è simile ad un carro che si muove? Scorrere a volte significa non muoversi, e l’acqua che si muove non sempre significa che scorre. Dunque, nell’investigare le parole “Se il carro non si muove” dobbiamo analizzare tanto il non muoversi quanto il non non-muoversi. Dipende dall’occasione. ‘Se non si muove’ non deve essere considerato esclusi-vamente in termini di non-muoversi.
“Puoi frustare il carro o il bue” significa che dovremmo frustare sia il carro che il bue? Le due azioni hanno la stessa utilità o no? Dobbiamo sapere che mentre la gente comune di solito non frusta il carro, questo avviene invece nella Via del Buddha; è il nocciolo del nostro studio. Anche se abbiamo investigato l’usanza di frustare il carro, non dovremmo pensare che essa equivalga a frustare il bue. Chiarite questo nei dettagli. Anche se conosciamo l’usanza di frustare il bue, ancora dobbiamo investigare il significato di frustare il bue nella Via del Buddha. Il bue che frustiamo è un bufalo acquatico? Un bue di ferro o di fango? Usiamo un frustino? Lo colpiamo con il mondo intero? Lo percuotiamo con la nostra intera mente? Lo battiamo col nostro midollo? Oppure col pugno? Il pugno deve colpire il pugno, il bue deve colpire il bue. Kōsei restò in silenzio, ma questo non depone a suo sfavore. Egli gettò via una tegola per raccogliere una gemma e scosse la testa per creare un nuovo volto. Il suo silenzio era inevitabile.
Nangaku spiegò: “Il tuo studio dello zazen è lo studio di un Buddha seduto.” Nell’investigare questa frase, dobbiamo afferrare il nodo essenziale dell’insegnamento dei Patriarchi. Se non comprendiamo lo studio dello zazen, possiamo forse sapere qualcosa dello studio di un Buddha seduto? Se non abbiamo ereditato la corretta trasmissione, come possiamo discutere sul fatto che lo studio dello zazen è lo studio di un Buddha seduto?
Dovremmo veramente sapere che lo zazen dei principianti è lo zazen iniziale, e che lo zazen iniziale è l’iniziale Buddha seduto. Esiste un detto: “Se volete studiare lo zazen, sappiate che lo Zen non è sedere o stare distesi.” Zazen è zazen, non è sedere o stare sdraiati. L’origine dell’unica trasmissione è indipendente dal sedere o giacere; l’illimitato sedere o giacere è il vero sé. Dunque perché mai fare domande sul grado di intimità, discutere su illusione e illuminazione, o andare alla ricerca di saggezza e non-attaccamento?
Nangaku disse: “Se studi il Buddha seduto, il Buddha non deve avere una forma fissa.” Questo è il modo migliore di esprimerlo. Dal momento che il Buddha seduto ha diverse forme, è privo di forma fissa. La frase “Il Buddha non deve avere una forma fissa” è il modo di esprimere la forma del Buddha. Poiché il Buddha non ha una forma fissa, non è separato dal Buddha seduto. Per questo, la frase “Il Buddha non deve avere una forma fissa” significa che se vogliamo studiare lo zazen, dobbiamo studiare il Buddha seduto. A causa della legge di impermanenza, non possiamo affermare con precisione che questo è Buddha o che questo non è Buddha. Il Buddha seduto esiste prima di qualsiasi frase, prima di ogni non-attaccamento.
Nangaku proseguì: “Se vuoi studiare il Buddha seduto, devi uccidere il Buddha.” Il potere di chiarificare il Buddha seduto è contenuto nell’atto di uccidere il Buddha. Ad un Buddha seduto si presenta la migliore opportunità: quella di uccidere il Buddha. Per uccidere il Buddha cercate la luce infinita della forma; allora sicuramente si avrà un Buddha seduto. (La parola) uccidere è usata dalla gente comune, ma qui il suo significato è diverso da quello ordinario. Dobbiamo chiarire la forma e il contesto di “Il Buddha seduto è uccidere il Buddha.” Il potere del Buddha manifesta l’azione di uccidere il Buddha; dobbiamo investigare le nostre azioni di uccidere e non-uccidere.
“Se sei attaccato alla forma del sedere, non conoscerai questo principio a fondo.” “Attaccamento alla forma del sedere” significa cercare di abbandonare la forma del sedere in zazen mentre ancora la si sta sperimentando. Questo principio significa che il Buddha seduto non ha conseguito il non-attaccamento alla forma seduta. Poiché non è stato conseguito il non-attaccamento alla forma seduta, pur essendo chiara l’esistenza di questo attaccamento, abbiamo: “Non conoscerai a fondo questo principio.” Questo esercizio è chiamato “Lasciar cadere corpo e mente.” Chi non è riuscito a sedere in questo modo, non può possedere questo principio. Questo principio si manifesta vigorosamente nel momento in cui si è seduti, nella persona che siede, nel Buddha seduto e nell’investigazione del Buddha seduto. Le comuni azioni di sedere e giacere, non sono l’energica azione del Buddha seduto. È pur vero che il sedere delle persone comuni somiglia al sedere del Buddha seduto e del Buddha che siede, ma è come quando una persona diventa Buddha o si trasforma in Buddha; alcuni diventano Buddha, ma non tutti. Buddha non equivale a tutti quanti. Poiché tutti i Buddha non equivale a tutti quanti, gli esseri umani non sempre sono Buddha, ed i Buddha non sempre sono esseri umani. La medesima cosa vale per il Buddha seduto.
Tanto il Maestro Nangaku che l’allievo Kōsei erano persone eccellenti. Kōsei era illuminato sul fatto che il Buddha seduto sta diventando Buddha; Nangaku fece notare che il Buddha seduto sembra fare questo allo scopo di diventare un Buddha. Questo era il genere di studio che si conduceva nella comunità di Nangaku, ed espressioni analoghe erano utilizzate nel gruppo di Yakusan. Dovremmo sapere che la funzione essenziale della trasmissione da Buddha a Buddha e da Patriarca a Patriaca, è proprio questo Buddha seduto. Questa funzione essenziale è stata utilizzata in ogni trasmissione dei Buddha e dei Patriarchi. Se essi non l’avessero usata, non avrebbero nemmeno potuto sognarsela o venirne a conoscenza. Nella trasmissione del Dharma in India e in Cina, sempre, il Buddha seduto è stato trasmesso (da un Buddha all’altro). Questa funzione essenziale è il fondamento della trasmissione. Se il Dharma del Buddha non fosse stato trasmesso, neppure lo zazen sarebbe stato trasmesso. Ciò che passa da maestro a discepolo è il punto essenziale dello zazen. Se questo punto essenziale non fosse stato direttamente trasmesso, non ci sarebbero stati né Buddha né Patriarchi. Se questo specifico insegnamento non è chiarito, sarà impossibile chiarire tutti gli altri diecimila elementi ed attività. Se non riusciamo a chiarire ogni elemento, come possiamo affermare di possedere una visione illuminata, o che è possibile conseguire la Via, o che ci sono stati Buddha e Patriarchi nel passato e nel presente? Dobbiamo perciò fissare un punto: Buddha e Patriarchi senza dubbio trasmettono direttamente lo zazen. Poiché questo fatto illumina la luce infinita dei Buddha e dei Patriarchi, deve essere seriamente investigato ed agito nella prassi. Gli sciocchi credono erroneamente che la luce infinita del Buddha sia come la luce irradiata dal sole e dalla luna, o come i raggi riflessi dalle gemme splendenti. La luce del sole e quella della luna, non sono nulla più che pallidi riflessi dei sei mondi del samsāra,[4] e non possono essere paragonate alla fulgente luce infinita del Buddha. “La luce infinita del Buddha” è una frase che dobbiamo accogliere e ascoltare, ed è un insegnamento che dobbiamo preservare e proteggere; è la diretta trasmissione dello zazen. Se questa luce infinita non splende su di noi, non siamo in grado di preservare la tradizione e conservare la fede.[5] Per questo motivo, dai tempi antichi fino a oggi, pochi hanno compreso il vero zazen. Ai giorni nostri, tra tutti gli abati dei grandi templi cinesi, è raro trovare qualcuno che capisca lo zazen o che almeno lo studi correttamente. Solo pochissimi lo hanno chiarito e compreso. Benché in tutti i templi vi siano periodi dedicati allo zazen, obbligatori per chi ricopre cariche nel monastero e per i monaci e per quei ricercatori che siano interessati, pochissimi abati in verità sanno quello che stanno facendo.
Tanto nel passato quanto ai giorni nostri, monaci illustri hanno scritto manuali del tipo “Note sullo zazen”, “Principi fondamentali dello zazen”, “Indicazioni per lo zazen” e così via. Nondimeno, numerosi punti contenuti in questi lavori sono dubbi, ed è evidente che gli autori mancano di un adeguato addestramento. È chiaro che costoro non hanno compreso lo zazen, né hanno ricevuto direttamente i veri principi dello zazen stesso.
È tragico constatare come molte persone trascorrano l’intera vita in diversi monasteri, senza sperimentare una sola volta il vero zazen. Si siedono ma non si tratta veramente del loro proprio zazen; è un addestramento che non li mette in grado di vedere la loro vera natura. Non dovete pensare che costoro detestino corpo e mente, e neppure che non abbiano veramente intenzione di sedere in zazen; semplicemente essi sono sprofondati nel torpore. Gli scritti di questi monaci si limitano a ripetere la meccanica dello zazen e cioè calmare il respiro e acquietare la mente. Il loro metodo si colloca al più basso livello di osservazione, ripetizione, assorbimento e prassi, e la loro comprensione è abbastanza rudimentale. Come possono essi dunque trasmettere direttamente lo zazen di tutti i Buddha e Patriarchi? Gli scrivani cinesi dell’epoca Sung hanno trascritto molti falsi insegnamenti; non date credito alle loro antologie.
Le “Indicazioni per lo zazen” del Maestro Zen Wanshi Shōkaku Osho,[6] del Keitokuji sul monte Tendō nel Keingenfu, in Cina, sono le parole e l’insegnamento sullo zazen di un vero Buddha e Patriarca. La sua opera è l’unica che illumina tutti i lati dell’Universo ed egli è un Buddha e un Patriarca, tra tutti i Buddha e Patriarchi del passato e del presente. Istruzioni simili a queste sono impartite dai Buddha del passato e dai Buddha del futuro. In questi insegnamenti vivono i Patriarchi del passato e del presente. Le sue “Indicazioni per lo zazen” sono queste:
Zazenshin scritto, su richiesta dell’Imperatore, dal Maestro Zen Wanshi Shōkaku.
“La funzione essenziale trasmessa da Buddha a Buddha è l’elemento dinamico che passa da Patriarca a Patriarca. È conoscenza conseguita prescindendo dalla sensazione; è risveglio che non dipende da causa ed effetto. Poiché è libera da sensazione, misteriosamente si conosce da sé; poiché non dipende da causa ed effetto, meravigliosamente si risveglia da sé. Tale indefinibile auto-conoscenza non comporta alcun pensiero dualistico; questo meraviglioso auto-risveglio non reca la minima traccia di luce o di ombra. Assenza di pensiero dualistico significa che questa conoscenza è completa; assenza della minima traccia significa che questo risveglio è perfetto. È come i pesci che giocano sul fondo di un puro ruscello, come gli uccelli che volano serenamente attraverso il vasto cielo.”
L’ago delle “Indicazioni per lo zazen” mostra tale grande funzione. La sua dignità è inesprimibile, la sua efficacia valida in eterno. Non denigrate mai ciò che i Buddha e i Patriarchi prediligono; perdereste la vostra vita. Un collo debole non può sostenere una testa troppo grossa.
“La funzione essenziale trasmessa da Buddha a Buddha.” Tutti i Buddha senza dubbio trasmettono questa funzione essenziale l’uno all’altro; questa funzione essenziale si manifesta come zazen.
“L’elemento dinamico che passa da Patriarca a Patriarca.” Nessuno di coloro che ci hanno preceduto ha mai detto parole più efficaci. Questo principio è presente nella trasmissione di tutti i Patriarchi, nella trasmissione della Legge e del kesa. Quando si volta la testa, la direzione della faccia cambia: questa è la funzione essenziale trasmessa da Buddha a Buddha. Quando si volta la faccia, la testa cambia direzione: questo è l’elemento dinamico che passa da Patriarca a Patriarca.
“È conoscenza conseguita prescindendo dalla sensazione.” Conoscenza non è memoria; la memoria è un genere inferiore di conoscenza. Conoscenza non è comprensione intellettuale, perché la comprensione intellettuale è un atto intenzionale. Dunque la conoscenza prescinde dalla sensazione; prescindere dalla sensazione è vera conoscenza. Né la conoscenza universale né quella individuale possono essere misurate. ‘Prescindere dalla sensazione’ significa: “Se vieni con la luce, frantumerò la tua luce; se vieni con le tenebre, fracasserò le tue tenebre”, e significa: “Distruggi tutti gli ostacoli rappresentati da corpo e mente.”
“Risveglio indipendente da causa ed effetto.” Questo risveglio non è un risveglio intellettuale né un risveglio spirituale; è un risveglio indipendente da causa ed effetto. Questo risveglio non altera la causalità poiché la stessa causalità è risveglio. ‘Indipendente da’ manifesta il mondo intero senza che nulla resti nascosto; l’Universo è frantumato e niente resta fuori. (Questo risveglio) è indefinibile, meraviglioso, armonioso e interdipendente.
“Tale indefinibile auto-conoscenza non comporta alcun pensiero dualistico.” La conoscenza del pensiero non dipende dai molteplici processi del pensare. Questa conoscenza ha una forma; questa forma è montagne e fiumi. Queste montagne e fiumi sono indefinibili; questa non-definibilità è meravigliosa. La sua funzione è estremamente vigorosa e le sue manifestazioni sono totalmente prive di vincoli. Anche se utilizziamo solo una piccola porzione di questa conoscenza, il mondo intero, con tutte le sue montagne e fiumi è rivelato e possediamo il potere di conoscere ogni cosa. Se non possediamo una profonda conoscenza delle montagne, non possiamo capire neppure una mezza porzione di questa conoscenza. Non preoccupatevi del fatto che la comprensione intellettuale si manifesta in un secondo momento. Il nostro attuale pensiero già manifesta la trasmissione di tutti i Buddha. La non-esistenza del passato si è già verificata e proprio questo è realizzazione. Dunque, “Nessuna discriminazione” significa “Non incontrare una sola persona.”
“Questo meraviglioso auto-risveglio non reca la minima traccia di luce o di ombra.” La traccia comprende il mondo intero e dunque, è di per sé indefinibile, è di per sé illuminata; perciò non appartiene al futuro. Non dubitate di quello che vedete, non diffidate di ciò che udite su questo argomento. Illuminate direttamente tutti gli aspetti del problema senza basarvi soltanto sulle parole e sulle frasi. Allora ci saranno realizzazione e perfezione. Anche se riusciamo ad afferrare e conservare l’essenza, ancora il nostro dubbio rimane.
“I pesci giocano sul fondo di un puro ruscello.” Questa acqua pura è più pura dell’acqua che cade dal cielo, per non parlare di quella che sgorga dalla terra. L’acqua pura non è costretta da argini o sponde. Quando i pesci nuotano in questo genere di acqua pura, non vanno da nessuna parte; vale a dire, anche se si spostano di diecimila miglia, l’acqua non può essere misurata, non può essere delimitata, non può essere arginata e non può essere contenuta. È senza fondo e non può essere scandagliata. Se cerchiamo di scandagliarla, non troviamo altro che acqua pura. Il potere dello zazen è come il movimento dei pesci. Chi può valutare un viaggio di mille o diecimila miglia? Il puro movimento somiglia al volo di un uccello, che non lascia traccia.
“Gli uccelli volano serenamente attraverso il vasto cielo.” Il vasto cielo non è lo spazio sopra di noi, e lo spazio sopra di noi non è il vasto cielo; come può dunque trattarsi di un ordinario vasto cielo? Quando nulla è nascosto o manifesto, quando non c’è davanti o dietro, allora c’è il vasto cielo. Quando un uccello vola in questo cielo, il volare e il cielo sono una cosa sola. L’azione del volare nel cielo non può essere misurata. Volare nel cielo include il mondo, perché il mondo intero è volare nel cielo. Volare è ineffabile ed il modo migliore di esprimerlo è volare serenamente; esso svanisce senza lasciare traccia. Quando il cielo vola, vola anche l’uccello; quando l’uccello vola, anche il cielo vola. Si dice che l’investigazione sul volare esiste proprio qui e ora. Questo è intenso, immobile zazen. Indipendentemente da quanto ne parliamo, non è altro che “Esiste proprio qui e ora.”
Queste sono le “Indicazioni per lo zazen” del Maestro Zen Wanshi. Nessuno dei numerosi anziani delle passate e presenti generazioni può scrivere un simile trattato. Se tutti quei puzzolenti sacchi di pelle avessero cercato di comporre delle simili “Indicazioni per lo zazen”, non sarebbero stati capaci di completarle neppure nell’arco di diverse esistenze. Non dobbiamo sprecare tempo scrutando in tutte le direzioni; le ‘Indicazioni’ di Wanshi sono tutto quello che abbiamo bisogno di vedere. Ogni volta che il mio defunto Maestro impartiva un insegnamento formale, parlava di Wanshi come di un vecchio Buddha. Non si espresse mai in questo modo su nessun altro. Quando si possiede la capacità di valutare gli altri, si riescono a discernere i Buddha e i Patriarchi senza difficoltà. Sappiate che è possibile trovare simili Buddha e Patriarchi tra i discendenti di Tōzan.
Dopo aver commentato le “Indicazioni per lo zazen” di Wanshi, ho deciso di comporne una mia versione personale. Oggi è il 18 marzo 1242; sono passati quasi ottantacinque anni dalla morte di Wanshi, avvenuta l’8 novembre 1157.
Questa è la mia versione:
“La funzione essenziale trasmessa da Buddha a Buddha è l’elemento dinamico che passa da Patriarca a Patriarca. Essa è realizzata nel non-pensare e si manifesta nell’equanimità. Realizzata come non-pensare, è realizzata come auto-consapevolezza. Manifestandosi come equanimità, essa si manifesta come auto-risveglio. Realizzata come auto-consapevolezza, è incontaminata. Manifestandosi come auto-risveglio, è al di là di assoluto e relativo. Incontaminata è la consapevolezza; consapevolezza che è priva di qualsiasi supporto e che perciò è liberazione. Al di là di assoluto e relativo è il risveglio, risveglio che non ha definizioni e che perciò è vera prassi. L’acqua è pura fino al fondo e i pesci nuotano come pesci. Il vasto cielo si estende fino al paradiso, e gli uccelli volano come uccelli.”
Non intendo insinuare che le “Indicazioni” del Maestro Zen Wanshi siano incomplete; ho solo voluto aggiungere questi pochi punti. I discendenti dei Buddha e dei Patriarchi devono studiare lo zazen come l’unico grande argomento.
Questo è il vero Sigillo della Trasmissione diretta.
Scritto il 18 marzo 1242 nel Kōshō-hōrinji.
Letto in novembre ad un gruppo di monaci nel monastero di Kippō, prefettura di Yoshida, nell’Echizen.
[1] Il Maestro Yakusan Igen (745-828), uno dei successori del Maestro Sekitō Kisen. Kōdō Zenji è il suo titolo postumo. [Yao-shan Wei-yen]
[2] Il Maestro Baso Dōitsu (704-788), nella linea di trasmissione del Maestro Daikan Enō. Daijaku Zenji è il suo titolo postumo. [Ma-tsu Tao-i]
[3] Il Maestro Nangaku Ejō (677-744), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. [Nan-yüeh Huai-jang]
[4] Il samsāra è l’erranza di esistenza in esistenza, il ciclo delle rinascite. I sei mondi sono: il mondo dei dèmoni, il mondo degli esseri umani, il mondo degli dèi, il mondo degli inferi, il mondo degli spiriti affamati, il mondo degli animali.
[5] Si veda il cap. 15, Kōmyō.
[6] Il Maestro Wanshi Shōgaku (1091-1157), nella linea di trasmissione del Maestro Tōzan Ryōkai [Hung-chih Cheng-chüeh]