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KAIINZAMMAI
Sāgara Mudrā Samādhi
Kainzammai significa “Samādhi impronta di oceano.” Si tratta della condizione del Buddha Śākyamuni prima di trasmettere l’Avatamsaka Sūtra, il Sūtra della Ghirlanda. L’intera verità è contemporaneamente riflessa in questa condizione, così come le immagini sono riflesse in un mare tranquillo. Per spiegare questo aspetto, il Maestro Dōgen ricorre, come solitamente usa fare, al commento delle parole degli antichi Maestri.
Tutti i Buddha e i Patriarchi, senza alcun dubbio sperimentano kainzammai.[1] Vi è un tempo per la chiarificazione, uno per l’esperienza, e uno per la prassi in kainzammai; essi operano assieme liberamente, senza alcun ostacolo. È meditazione insuperabile e il suo valore non può essere misurato.
Tanto la mente-di-Buddha quanto la prassi fondata sul voto di salvare tutti gli esseri senzienti che errano attraverso i regni di vita e morte, non sono altro che kainzammai. I Buddha e i Patriarchi che possiedono il supremo non-attaccamento, spezzano la visione dualistica di illusione e illuminazione, e operano per risvegliare sé stessi e gli altri. La loro prassi e i loro voti si fondano sulla forma originaria del Buddha, che in definitiva ritorna a kain-zammai. Tutte le cose, alla fine, ritornano al grande oceano di kainzammai. Kainzammai è l’elemento originario della prassi e del risveglio Zen, ed è la base del modo di vivere buddhistico.
Il Buddha Śākyamuni disse: “Nel sorgere di corpo e mente appaiono i diversi elementi, e quando corpo e mente scompaiono, anche gli elementi scompaiono. Benché sorgano i vari elementi, non c’è alcuna sostanza cui afferrarsi, né nella comparsa né nella distruzione. Non c’è alcuna opposizione tra la mente del passato e del futuro, e i loro elementi. Ciò è chiamato kainzammai.”
Dobbiamo studiare la Via del Buddha seriamente. Non è necessario ascoltare numerosi insegnamenti o montagne di parole per raggiungere l’illuminazione o la comprensione del Dharma. Questa non è prerogativa di coloro che hanno approfondito numerosi insegnamenti. Śāriputra, ad esempio, raggiunse il risveglio studiando un solo versetto di quattro righe. L’Insegnamento del Buddha Śākyamuni non si basa su qualche generica e vaga idea di che cosa sia la nostra originaria natura-di-Buddha[2] e nemmeno sull’attaccamento alla realizzazione della natura-di-Buddha mediante la prassi. Dovremmo evitare che qualunque metodo, o attaccamenti simili, sorgano all’interno della nostra prassi. Possediamo, innata, l’originaria prassi del risveglio e non dovremmo aspettarci alcunché.
Quando kainzammai sorge, sorgono tutti gli elementi. Esso è nient’altro che gli elementi sperimentanti la loro propria esistenza. Una forma è costituita da tutti gli elementi ed è corpo e mente. Corpo e mente non sono indipendenti, sono composti da tutti gli elementi. Questo corpo e mente, con tutte le sue passioni, è lo stesso corpo di non-attaccamento. Tutte le esistenze composte, tutti i dharma, sono la vacuità della non-sostanza.
“Quando corpo e mente sorgono, tutti gli elementi vengono all’esistenza” significa che ogni cosa appare completamente, senza lasciare alcun residuo. Questa manifestazione non può essere percepita o distinta in modo separato, né si può affermare che si manifesti da sé. Se trascendete queste discriminazioni e trovate l’unità, raggiungerete un alto grado di non-attaccamento e avrete la vostra vera forma. Quando l’esistenza sorge è venuto il momento giusto: è esistenza e nient’altro.
L’esistenza è il tempo stesso. La nostra vera forma, nella sua completezza, chiarisce la relazione tra esistenza e tempo. La pelle, carne, ossa e midollo, che costituiscono il nostro corpo e mente, sono correlati e sorgono attraverso tempo e causalità. Qui, la mia personale esistenza e l’esistenza degli altri non sono in opposizione. Questa è la condizione di non-attaccamento, il momento in cui sorgono i fenomeni.
L’apparire del nostro attuale corpo e mente è la manifestazione di tutti gli elementi in un insieme unificato. Dobbiamo considerare le cose sia oggettivamente che soggettivamente, altrimenti non comprenderemo mai questo. È di là delle parole, è una parola senza parola, un’eco dell’assoluta indipendenza dal dire o non dire. Quando corpo e mente sorgono, gli elementi sono unificati e tempo ed esistenza operano insieme. Questa è la vera concezione del tempo. Il tempo è completato e realizzato da questa soggiacente unità che esiste ovunque. A questo proposito, un vecchio Buddha disse: “Improvvisamente un fuoco s’accende.” Con ciò, esprimeva l’idea che tutte le cose compaiono senza alcuna opposizione l’una con l’altra.
Una volta, il monaco Razan[3] chiese al Maestro Zen Gantō:[4] “Che cosa sono il tempo, il suo sorgere e scomparire, la sua immutabilità?” Gantō rispose con un tonante ruggito: “Chi è che sorge, o scompare?” Perciò il sorgere e scomparire è incessante.[5] “Incessante” significa accettare l’incessante sorgere e scomparire come la vita del Buddha. Dobbiamo chiarire e accettare questo principio del Dharma del Buddha. Vita e morte sono l’essenza del Buddha; nella Via, sorgere e scomparire sono il continuo venire e andare della trama della vita. Tutte le forme d’esistenza cercano con ardore la salvezza di tutti gli esseri senzienti e proclamano la verità attraverso il loro incessante venire e andare. La mente del passato non può afferrare questo. Alcuni posseggono le ossa, altri il midollo di questo insegnamento.[6] Eppure anche qui non c’è discriminazione.
“Quando gli elementi scompaiono, non possiamo dire che noi scompariamo.” Ciò significa che la forma è distrutta ma che in effetti gli elementi restano; sono indipendenti da creazione e distruzione. Tutte le cose sorgono attraverso l’unità degli elementi. Non sono contaminate da nulla, ecco perché si chiama pura mente o kainzammai. È là dove il Buddha è manifesto. Tutti gli esseri senzienti se dimorano nella pura mente hanno la potenzialità di essere Buddha. A questo livello c’è vera equanimità: nessuna differenza tra mente del passato e mente del futuro.
Questo scomparire ha diversi e profondi significati. Il primo rappresenta il supremo e insuperabile nirvāna, l’estinzione del sé, la gioia di giungere alla quiete totale, al non-attaccamento e ad una vita di pace e armonia. Il secondo significa morte, la cessazione della vita. Il terzo è credere che la morte sia la fine definitiva e totale del nostro corpo e che nulla permane o sopravvive, in alcuna forma. Il quarto è la condizione di totale quiete e armonia, così come insegnata dai due veicoli.[7]
Lo scomparire è interpretato in questi diversi modi, ma ciascuno di essi riguarda il valore del nirvāna. L’estinzione è nirvāna; la passata esistenza e quella futura non esistono, resta solo il nirvāna. Tutte le cose hanno un proprio sorgere e scomparire, un dietro e un davanti; esse trascendono la relatività di dipendente e opposto, e sono in se stesse assolute. Qui, nessuna opposizione vuol dire il sorgere dell’esistenza; nessuna opposizione copre solo l’ottanta o novanta per cento della realizzazione della Via.[8]
Lo scomparire dei quattro elementi[9] e dei cinque skandha[10] è la funzione del non-attaccamento, è completa libertà. Percependo ciò, potremo fare un vero progresso e non vedere più noi stessi come esistenti separatamente dallo scomparire. Scomparire significa totale distruzione del corpo, non solo di mani e di occhi, ma di tutti i nostri egocentrismi. Questa è la virtù dei Buddha e dei Patriarchi. Gli studenti devono conoscere i concetti di nessuna opposizione e nessuna differenza. Inizio, metà, e fine sorgono, ma lo scomparire trascende queste opposizioni; le cose sorgono, ma esse non sono scomparire, solo esistenza. Coesistono nell’inizio, metà e fine. Sono processi ininterrotti senza alcuna opposizione; questo è detto kainzammai.
C’è soltanto prassi e risveglio, e questo è chiamato purezza originaria. Questo samādhi è la realizzazione e il conseguimento della Via. Quando di notte dormiamo e cerchiamo a tastoni il cuscino, non vi è alcun pensiero di discriminazione. Così è kainzammai. La realizzazione del non-attaccamento è compiuta nel mondo eterno, nel grande oceano della liberazione e nel profondo insegnamento del Sūtra del Loto. Sia che lo realizziamo o no, essa trascende la relatività poiché noi siamo nel mare di kainzammai.
Nell’oceano di fronte a noi, una sola onda genera innumerevoli onde. Dietro a noi vi è il mondo del Sūtra del Loto che spiega la verità sulla generazione delle innumerevoli onde. L’insegnamento di questo Sūtra è simile ad un lunghissimo filo che può essere arrotolato o disteso, o verticale come una lenza, secondo le circostanze. Davanti e dietro esistono insieme, e contengono il tutto.
Il grande oceano della liberazione non è un luogo in cui la gente mondana o gli esseri risvegliati amino vivere, ma è il nostro oceano della liberazione. É uno stato diretto, assoluto. É l’assoluto oceano del Sūtra del Loto: kainzammai. Il grande oceano della liberazione non si trova tra la Via e la vita mondana, non è dentro o fuori. Semplicemente esso proclama l’insegnamento dell’unico veicolo. Non lascia traccia in alcuna delle quattro direzioni.
Il Maestro Sensu,[11] disse: “Tornando dalla pesca la mia barca è colma solo di chiaro di luna.” Con questo intendeva riferirsi al ritorno alla sua natura originaria. E non è un atto di attaccamento, poiché questo ritornare può comparire solo negli stadi finali della Via. È chiamato l’impronta della verità riflessa nell’acqua.[12] Questo riflesso non ha ombre. È un’impronta senza impronta, rivelata nell’oceano: è kainzammai. E proprio questo è l’impronta dell’oceano, dell’acqua, del fango, e della mente. Essa è riflessa nell’acqua, nel fango e nella vacuità.
Una volta, un monaco chiese al Grande Maestro Sōzan:[13] “Secondo i sūtra, il grande oceano non contiene cadaveri. Che cosa è l’oceano?” Sōzan rispose: “Contiene l’intero Universo.” “Perché allora non contiene cadaveri?” chiese ancora il monaco. “Smetti di respirare” disse il Maestro “e non sarai più contenuto nel grande oceano.” “Avete appena detto che il grande oceano contiene l’intero Universo; perché dunque, se smetto di respirare, l’oceano non contiene il mio cadavere?” disse il monaco. E il Maestro rispose: “L’intero Universo è distaccato da se stesso e smette di respirare.”
Sōzan era condiscepolo di Ungo[14] e qui trasmise correttamente l’insegnamento del suo Maestro, Tōzan. “Secondo i sūtra” rappresenta il corretto insegnamento dei Buddha e Patriarchi. Un simile insegnamento non è in relazione a sacro o profano, e nemmeno è basato sull’Hīnayāna. “Grande oceano” non significa mari interni o mari aperti, né gli otto oceani del monte Sumeru. Gli studenti devono avere una reale conoscenza di questo e non avere alcun dubbio. Il monaco non riconobbe l’oceano che non è un oceano, tuttavia giunse a capire il vero oceano della Via del Buddha. Questo è il solo vero oceano.[15] Questo oceano non richiede un profondo bacino, né le otto qualità dell’acqua,[16] esso è kainzammai. La domanda del monaco era sensata perché nessuno sa esattamente cosa sia il grande oceano; egli però sapeva che dobbiamo staccarci dalle solite idee sull’oceano. “Non contiene cadaveri” significa: se appare la luce accettala com’è, se viene l’oscurità accoglila con naturalezza. Per quante primavere trascorrano, un cadavere si trasforma in cenere ma la mente non muta mai,. Nessuno può conoscere la vera situazione del cadavere.
La risposta di Sōzan: “Comprende l’intero Universo”, non significa che una piccola parte contiene il tutto, ma piuttosto che il tutto contiene ogni cosa e che nulla esiste indipendentemente; il grande oceano non contiene il mondo intero, ma il mondo è inseparabile da una qualunque sua parte. Il rapporto tra grande oceano e kainzammai illustra questa verità. L’illuminazione di kainzammai, che è l’essenza dei Buddha e dei Patriarchi, è l’illuminazione del mondo intero. Il mondo non è soltanto la zona compresa tra il più profondo oceano e la più alta montagna. L’oceano della natura-di-Buddha e l’oceano della luce infinita sono lo stesso che il mondo intero. Anche se non riusciamo a vedere la superficie dell’oceano, non dubitiamo della sua libera e totale attività.
Il Maestro Zen Tafuku[17] disse una volta, riguardo ad un boschetto di bambù: “Uno o due bambù sono curvi, tre o quattro sono inclinati.” Questa è vera penetrazione della natura del mondo, ma per quale motivo il Maestro non disse che mille bambù sono curvi, diecimila sono inclinati? Perché non usò mille o diecimila boschetti di bambù? Dovete comprendere che lo stesso principio è valido sia per un boschetto, sia per mille. Quando Sōzan disse: “Contiene l’intero Universo”, il monaco che cercava la verità era dubbioso e chiese: “Perché non vi sono cadaveri?” Un cadavere, cioè colui che ha smesso di respirare, non è più contenuto nell’oceano perché l’oceano non può avere a che fare con i cadaveri.[18] Nulla è contenuto o implicato.
L’Universo è distaccato da sé stesso e, che qualcosa smetta di respirare o no, non si aggrappa a nulla. Questo è ciò che Sōzan intendeva con la sua risposta. Anche se un cadavere è un cadavere,[19] quando si trova in armonia con l’Universo è contenuto in esso. Passato e futuro hanno le loro proprie funzioni né si può dire nulla circa lo smettere di respirare. Tutte le cose sono contenute in una sola cosa, una sola cosa contiene una sola cosa, tutte le cose contengono tutte le cose. Nel momento in cui ciò avviene, emerge il significato di “Implica l’intero Universo”. Questo è kainzammai.
Questo fu scritto il 20 aprile 1242, nel Kannondōri-Koshō-hōrinji.
Ricopiato da Ejō, nel 1243.
[1] Lett. “Samādhi sigillo dell’oceano”.
[2] La natura-di-Buddha è la ‘Natura propria’, o ‘Vera natura’, o ‘Volto originario’ (comunque si voglia chiamare) di ogni essere, anche se questi lo ignora.
[3] Il Maestro Razan Dokan (?), nella linea di trasmissione del Maestro Tokusan Senkan. [Lo-shan Tao-hsien]
[4] Il Maestro Gantō Zenkatsu (828-887), nella linea di trasmissione del Maestro Tokusan Senkan. [Yen-t’ou Ch’üan-huo]
[5] Incessante, suggerisce il permanere immobile del tempo, nel presente.
[6] È questo un riferimento alla parole del Maestro Bodhidharma, al momento della trasmissione ai suoi quattro allievi. Si veda il cap. 38, Kattō.
[7] Hīnayāna e Mahāyāna.
[8] Parole di Dōgo Enchi a Ungan Donjō. Si veda il cap. 21, Juki.
[9] I quattro elementi sono: terra (peso e leggerezza), acqua (coesione e fluidità), fuoco (caldo e freddo), e vento (impulso e movimento).
[10] I cinque skanda o aggregati sono: rūpa (il corpo-forma), vedanā (la sensazione), samjñā (la percezione, la nozione), samskarā (le impressioni risultanti, gli elementi della coscienza, lett. “I formati e i formanti”), e vijñāna (la coscienza individuale, la conoscenza discriminante).
[11] Il Maestro Sensu Tokujō (?), uno dei successori del Maestro Yakusan Igen (745-828). [Ch’uan-tzu Te-ch’eng]
[12] Lett. “Il sigillo che sigilla l’acqua, quale acqua”.
[13] Il Maestro Sōzan Honjaku (840-901), uno dei successori del Maestro Tōzan Ryōkai. [Ts’ao-shan Pen-chi]
[14] Il Maestro Ungo Dōyō (835-902), uno dei successori del Maestro Tōzan Ryōkai. [Yün-chü Tao-ying]
[15] Esso non contiene solo acqua ma l’intera realtà.
[16] Le otto qualità dell’acqua sono: dolce, fresca, leggera, pura, insapore, inodore, non dannosa per la gola, non dannosa per l’intestino.
[17] Il Maestro Kōshū Tafuku (?), un successore del Maestro Jōshū Jūshin (778-897).
[18] Simbolicamente, l’oceano rappresenta la natura-di-Buddha, i cadaveri rappresentano l’illusione.
[19] Cadavere, in questa caso, è riferito anche a chiunque stia stupidamente sprecando la sua vita.