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MENJU

Trasmissione Diretta, Viso a Viso

 

 

Questo capitolo tratta della trasmissione del Dharma, viso a viso, tra Maestro e discepolo. Il Maestro Dōgen sottolinea l’importanza del rapporto diretto tra Maestro e allievo, commentando il ben noto epi­sodio in cui il Buddha Śākyamuni sollevò un fiore di udumbara e Mahākāśyapa sorrise. Il capitolo contiene, poi, un’appendice con il commento ad un insegnamento del Maestro Jōko.

 

Un giorno, il Buddha Śākyamuni stava insegnando ad una gran­de assemblea riunita sul Picco dell’Avvoltoio, in India. Ad un certo mo­mento, senza parlare, sollevò un fiore di udumbara e ammiccò. Al­lora Mahākāśyapa[1] sorrise. Śākyamuni disse: “Io possiedo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge, nonché la Sere­na Mente del Nirvana. Questo Io ora trasmetto a Mahākāśyapa.”

Questo è il principio della diretta trasmissione dell’Occhio e del Tesoro della vera Legge, da Buddha a Buddha, da Patriarca a Pa­triarca. Esso fu tramandato da ciascu­no dei sette Buddha e donato a Mahākāśyapa; fu poi trasmesso, attraverso i ventotto Pa­triarchi indiani, fino a Bodhidharma. Egli venne in Cina e lo passò al Grande Maestro Eka, Pa­triarca del vero insegna­mento. La trasmissione continuò fino al Grande Maestro Daikan Eno, del monte Sōkei, e poi ancora con i diciassette Patriarchi che precedettero il mio de­funto Maestro, il vecchio Buddha Tendō, di Daibyaku nel Keigenfu, durante la dinastia Sung.[2]

Il 1° maggio, nel periodo Hokke Gannen della grande dina­stia Sung,[3] io, Dōgen, mi sono prostrato ed ho of­ferto incenso al vecchio Buddha Tendō,[4] nel suo alloggio. Questo fu il mio primo in­contro con lui. In quell’occasione il mio Maestro, di fronte a me, disse: “Questa è la realizzazione dell’in­gresso nella Legge dei Buddha e dei Patriar­chi. Equivale al sol­levare il fiore sul Picco dell’Avvoltoio, al midollo sul monte Suzan,[5] al kesa sul monte Ōbai,[6] e alla trasmissione del Dharma a Tōzan. È questa la trasmissione diretta, viso a viso, dell’Occhio e del Tesoro dei Buddha e dei Pa­triarchi. Io solo possiedo la vera Legge. Per altri è solamente un sogno.”

Il principio di questa diretta trasmissione del Dharma, viso a viso, è lo stesso in base al quale il Buddha Śākyamuni donò la Legge da lui posseduta a Mahākāśyapa. È il volto stesso dei Buddha e dei Patriarchi. Se non riceviamo la trasmissione del Buddha non pos­siamo essere un Buddha. Il Buddha Śākyamuni guardò nel cuore di Mahākāśyapa e gli con­ferì la Legge. Nemmeno la trasmissione ad Ānanda, a Rāhula e a tutti i grandi Bodhisattva può essere parago­nata a quella di Mahākāśyapa. Śākyamuni e Mahākāśyapa condivisero lo stesso seggio e lo stesso kesa; l’evento più significativo di tutta la corretta trasmissione del Dharma, è questo.

Il Patriarca Mahākāśyapa ricevette intimamente la trasmissione del volto, del cuore, del corpo e degli occhi di Śākyamuni; egli si prostrò di fronte a lui e si consacrò, intimamente e totalmente, alla trasmissione della vera Legge. Il suo volto non è il suo, ma è piuttosto quello della trasmissione diretta, viso a viso, di Śākyamuni. Così come Śākyamuni aveva guardato nel cuore di Mahākāśyapa, questi guardò nel cuore di Ānanda.[7] Ānanda si prostrò davanti al volto-di-Buddha di Mahākāśyapa. Questa è una vera trasmissione diretta, viso a viso. Ānanda la custodì e la passò poi a Śāna­vāsa, che si pro­strò davanti ad Ānanda; questa è davvero trasmissione diretta, viso a viso. Così, ad ogni generazione, i Buddha e i Patriarchi, as­sieme ai propri allievi, si guar­dano l’un l’altro e si trasmettono la vera Legge direttamente, viso a viso. Se anche un solo Patriarca, o un maestro, o un allievo, non riceve la trasmissione direttamente, viso a viso, nes­suno di essi può diventare un Buddha o un Pa­triarca.

Come l’acqua che fluisce da molti luoghi diversi a for­mare un fiume, similmente i numerosi rami della Via del Bud­dha fluiscono verso la Legge. C’è una perenne eredità che mantiene la lam­pada della trasmissione eternamente accesa e chi tra­smette è diverso solo nella forma, non nell’essenza. Cono­scere il momento oppor­tuno per la trasmissione è come quando, nello stesso preciso e giusto momento, la gallina da una parte ed il pulcino da dentro l’uovo, bec­cano il guscio. Dovremmo quindi prostrarci al Buddha Śākyamuni e rimanere con lui giorno e notte. Allora, certo, riflet­teremo lo splendore del volto del Buddha e ne conserveremo il potere per tutta la vita.

L’interdipendenza esistente tra il Buddha e noi non può es­sere quantificata. Dovremmo sedere quieta­mente e riflettere su questo. La devozione al vol­to di Śākyamuni farà sì che il Suo occhio si ri­fletta nel nostro; ciò ci permetterà di impadroni­rci del volto originale e della visione propria del Buddha. Questa trasmissione è stata correttamente preser­vata fi­no ai giorni nostri e non è mai stata inter­rotta; questo è il signifi­cato della trasmissione diretta, viso a viso.  In ciascuna generazione ogni viso è stato il viso del Buddha e questo viso originario è la trasmissione diretta, viso a viso. Perciò ci prostriamo a questa corretta trasmissione, ai sette Bud­dha, a Mahākāśyapa e ai ventotto Patriarchi in­diani. È questo il volto originario e la visione illuminata. Vedere questi Buddha e Patriarchi è vedere i sette Buddha e Śākyamuni. Al momento opportuno i Buddha e i Patriarchi realiz­zano la trasmissione diretta, viso a viso. La trasmissione diretta del Buddha, viso a viso, tra­smette il Buddha, viso a viso. Questa trasmissione è come un viticcio di glicine aggrovigliato,[8] che non fini­sce mai.

Aprite il vostro occhio, trasmettete direttamente attra­verso l’occhio, e attraverso l’occhio ricevete la Legge. Scoprite la trasmissione diretta del vol­to, attraverso il volto. Trasmissione diretta è do­nare e ricevere il volto. Aprite la vostra mente e, tramite suo, trasmet­tete e ricevete. Rivelate il corpo e trasmet­tete il corpo, mediante il corpo. La trasmissione avviene sempre in questo modo, indipenden­temente dal luogo o dal paese. Dalla Cina all’oriente, l’intima essenza della corretta trasmissione dei Buddha e dei Patriarchi è il diretto tra­smettere e ricevere, viso a viso. Essa è e­largita quando ci pro­striamo davanti al vero oc­chio del Tathāgata.[9]

Prostrandoci al volto del Buddha Śākyamuni, ai cinquantuno Patriarchi, oppure ai sette Buddha, non dovremmo confrontarli l’un l’altro, né dovremmo preoccuparci dei dettagli della trasmissione. È proprio qui che troviamo la trasmissione diretta, viso a viso. Se non avete mai visto un vero maestro, non potete essere considerati al­lievi, e viceversa. In ogni caso, maestri e allievi devono guardarsi re­ciprocamente nel cuore e trasmettere direttamente la Legge, viso a viso. Questa è la mente utilizzata dai Patriarchi per realizzare la corretta trasmissione. Così, lo splendente volto del Tathāgata è conservato in ogni generazione. Si può dunque vedere come, per milioni di anni, la diretta trasmissione consista nel realizzare e ri­cevere il volto del Buddha Śākyamuni. La realizza­zione dei Buddha e dei Patriar­chi, di Śākyamuni, di Mahākāśyapa, dei cinquantuno Patriarchi e dei sette Buddha, è la realizzazione della loro propria ombra, luce, corpo, e mente. Anche se gli al­lievi non riescono a com­prendere l’unica pa­rola d’insegnamen­to del loro maestro, questi è comunque in grado di attestare la loro determinazione a conseguire la Via, se essi stanno cer­cando la Via del Buddha con corpo e mente interi. Anche que­sta è la corretta, diretta Trasmissione, viso a viso.

Dobbiamo venerare questa trasmissione diretta, viso a viso. Essa, di fatto, è l’impronta della mente del Buddha nel cuore degli allievi. Pur non essendo la più alta e preziosa forma di vita, essa è re­alizzata direttamente, viso a viso, da men­te a mente; questo volto è diverso dalla normale faccia sociale del mondo laico. È il volto della grande illuminazione del Buddha e questo va al di là di interno ed esterno. La grande illuminazione tra­smette direttamente, viso a viso, la grande illuminazione.

Se trasmettiamo il giusto occhio della Legge e ve­ne­riamo la forma del Buddha Śākyamuni, allora di­ventiamo a lui più intimi di quanto Egli non lo sia a se stesso. Attraverso questa visione possiamo realizzare innumerevoli Śākyamuni, nel pas­sato, nel presente e nel futuro. Dunque, se since­ramente veneriamo e ricerchiamo il Buddha Śākyamuni, dobbia­mo anche profondamente onorare quella diretta e corretta trasmissione, così difficile da trovare. Ovvero, prostratevi al Tathāgata ed Egli vi conferirà la trasmissione diretta, viso a viso. Nel guardare con occhio limpido il giusto studio e la corretta trasmissione, vediamo che questi sono noi stessi e gli altri. È necessario apprezzare questo e salvaguardarlo.

Quelle che seguono sono le pa­role della corretta trasmissione: “Prostratevi agli otto stūpa,[10] vi libererete da ogni col­pa e troverete la Via.” Gli otto stūpa sono quelli eretti nei luoghi in cui il Buddha Śākyamuni realizzò la Via: dove nacque,[11] dove mise in moto la ruota della Legge,[12] dove conseguì la Via,[13] dove entrò nel nirvāna,[14] e a Kanyakubja, Vesali, Jeta­vana e Rājagrha. Il potere del Buddha Śākyamuni è manifesto da un capo all’altro della terra e del cielo; inoltre, esso appare anche negli stūpa di suono, odore, sapore, sensazione, mente e forma. Dobbiamo pro­strarci da­vanti a questi stūpa e realizzare la Via. In India, i mo­naci, i laici, gli esseri celestiali e terreni, tutti, se­guono l’usanza generale di prostrarsi agli otto stūpa. Questi stūpa equivalgono all’intero canone dei sūtra buddhistici.

Inoltre, la Via del Buddha non si realizza soltanto prostran­dosi agli otto stūpa, ma anche nella trenta­sette modalità di studio del Dharma.[15] A partire dall’illimitato passato, fino all’illimitato fu­tu­ro, il Buddha Śākyamuni ha esercitato il risveglio, e la Sua impronta è rintracciabile dapper­tutto e nell’intero corso della storia. Perciò siamo in grado di conseguire la Via. Dovremmo sa­pere che gli stūpa si ergono costantemente e che, incessantemente, affrontano gelate e fioriture, ven­to e piog­gia.

  La virtù del Buddha Śākyamuni illumina l’intero Universo e realizza il merito della Via, è liberamente donata a tutti, senza riluttanza né invidia. Desiderando addestrarci sinceramente, il potere della Sua virtù ci conferirà la forza di conseguire prassi e ri­sveglio, anche se fossimo sommersi dalle passioni e dalle contami­na­zioni.

Questa è la virtù del Buddha Śākyamuni; l’attuale e diretta trasmissione, viso a viso, della Sua Via non si può paragonare alle prostra­zioni davanti agli otto stūpa e neanche alle tren­tasette modalità della prassi del Dharma basate su volto, mente, corpo, Via, luce, o lingua del Buddha. Per agire un’atti­vità libera e priva di attacca­mento, bisogna che gli studenti del Dharma del Buddha contemplino, giorno e notte e in un luogo quieto, la virtù della trasmissione diretta. Allora lo studio risulterà colmo di beatitu­dine.

Possiamo dire che il nostro paese eccelle su qualunque altro perché la nostra Via del Buddha è insuperata. Negli altri paesi non c’è molta gente come noi. Il motivo: la nostra trasmissione ­viene direttamente dallo stesso Patriarca di Shorinji, Bodhidharma, e dal sesto Patriarca Eno. Essa è perfino superiore all’insegnamento della Legge im­partito nelle dieci direzioni, sul Picco dell’Avvoltoio. La nostra sola opportunità di trovare il puro Dharma è presente, in questo momento. Quando mai avremo una simile op­portunità? Trascurando di sradicare tutte le passioni ora, quando mai potremo farlo? Perdendo questa occasione, quando diven­teremo dei Buddha? Se non sediamo come il Buddha, come mai pos­siamo addestrarci come il Bud­dha? Dobbiamo chiarire questo, dettagliatamente.

Quando il Buddha Śākyamuni conferì la Sua diretta trasmissione a Mahākāśyapa disse: “Io pos­siedo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e la Serena Mente del Nirvāna. Questo ora io trasmetto a Mahākāśyapa.” Sul monte Suzan, Bodhidharma disse a Eka: “Tu possiedi il mio midollo.” Questa fu trasmissione diretta, viso a viso. Quando è il momento opportuno, potete trascendere le vostre ossa e midollo ed ottenere così la trasmissione diretta, viso a viso, dei Buddha e Patriarchi. Essa è la trasmissione diretta della grande illumi­nazione che è la trasmissione del sigillo della mente. Ciò appartiene ad un mondo molto par­ticolare. Eppure, la trasmissione diretta non può affatto essere espressa;[16] anche il prin­cipio dell’illusione non può essere scoperto.

La grande Via dei Buddha e dei Patriarchi non è altro che la trasmissione diretta, viso a viso, da maestro ad allievo. Grazie ad essa, saremo ricolmi di gioia e di fiducia, e po­tremo venerare il nostro volto originario.

Io, Dōgen, mi sono prostrato per la prima volta davanti al mio defunto Maestro, il vecchio Buddha Tendō, il 1° maggio.  A me, che avevo approfondito una piccola parte del va­sto Insegnamento del Buddha, fu concessa la trasmissione diretta, viso a viso. Dopo aver conseguito una certa capacità nel lasciar cadere corpo e mente, ho portato la trasmissione in Giappone.

 

 

Questo fu insegnato, il 20 novem­bre 1242, ai monaci del Kippōji, nel distretto di Yoshida dell’Echizen.

 

 

 

Questo principio della trasmissione diretta, viso a viso, della Via non si era mai visto né udito finora. Nel pe­riodo Keiyū,[17] sotto il regno dell’Imperatore Jinshū della dinastia Sung, viveva nel monastero di Suipukuji un Maestro Zen conosciuto col nome Jōko.[18] Pur avendo molti allievi, nessuno di essi conduceva una vera prassi. Un giorno salì sulla piattaforma dell’insegnamento e dis­se: “Il defunto grande Insegnante Ummon Kyōshin[19] è ancora vivo. Voi, o monaci, lo avete visto di re­cente, non è vero? Se lo avete visto siete uguali a me. Quando conse­guirete un certo grado di risveglio sarete capaci di ve­derlo; ma se non riuscite a vedere voi stessi, non vedrete mai lui. Tempo fa il Maestro Zen Hyakujō,[20] l’insegnante di Ōbaku,[21] venne rim­proverato da Baso,[22] che era il suo Maestro, con una voce così to­nante che quasi gli spaccò i timpani. Ōbaku udì Hyakujō che narrava questo epi­sodio e conseguì il risveglio. È ciò che inten­diamo quando diciamo che i vecchi maestri sono ancora vivi. Hyakujō chiese poi a Ōbaku: ‘Sei in grado di essere l’erede nel Dharma di Baso?’ Ōbaku rispose: ‘Ho udito parlare di Baso, ma non l’ho mai visto. Se divento suo erede nel Dharma, senza averlo visto, la sua Legge non avrà discendenti.’ A quell’epoca Baso era morto da cinque anni. Dovremmo sapere che il risveglio di Ōbaku è incompleto perché non ha mai visto Baso; un solo occhio è aper­to. Nel mio caso, ho conosciuto e ho visto il Grande Maestro Ummon e posso essere il suo erede nel Dharma. La sola differenza tra di noi è che sono tra­scorsi circa cento anni dal suo parinirvāna. Ora, tutti voi dovreste comprendere perché mai inse­gno questo principio. Io posso vedere Ummon e chi tra di voi comprende la Legge del Buddha potrà attestarlo. I sempliciotti avranno molti dubbi. Chi ha raggiunto una certa illuminazione non dirà nulla. Chi, invece, non ha conseguito il risve­glio è possibile che ci riesca ora, no? Spero che questo discorso vi aiuti a ritrovare la vera pace.”

Anche ammettendo che Jōko avesse visto Um­mon, dubito del fatto che Ummon abbia invece visto lui. Ummon non avrebbe permesso che una tale per­sona fosse suo erede nel Dharma. Jōko non af­fermò di essere stato visto da Ummon e perciò, tra di loro, non vi fu una trasmissione diretta. Non uno solo dei sette Buddha né di tutti i Buddha del passato, del pre­sente e del futuro, è privato della trasmissione diretta, non è vero? Non affermate che l’illuminazione di Ōbaku sia incom­pleta. Come può una persona simile a Jōko stabilire quale li­vello abbia raggiunto Ōbaku, o cosa significhino le sue parole?

Ōbaku è un vecchio Buddha e ha consacrato la sua vita alla trasmissione della Legge. Jōko non può neppure so­gnarsi di iniziare ad investigare que­sto principio della Legge. Ōbaku ricevette la trasmissione diretta dopo aver studiato sotto il suo Maestro, e dopo averlo incontrato viso a viso. Jōko, in­vece, non conobbe né vide mai un vero mae­stro e, di conse­guenza, non vide né conobbe se stes­so. Egli è privo della capaci­tà di osservazione del Buddha e non ha completato se stesso. La sua trasmissione è perciò incompleta.

Sapeva Jōko che Ummon era il discendente di Ōbaku? Come poteva essere in grado di valutare il livello di consegui­mento di Ōbaku e di Hyakujō? Come può giudicare quello di Ummon? Per es­sere in grado di comprendere la realizza­zione di questi maestri, è ne­cessario avere una certa espe­rienza della Via. Solo chi abbia conse­guito il risveglio può cono­scere la realizzazione de­gli altri, mentre chi ha poco studio alle spalle non può né discernere né valu­tare.

Jōko disse che erano passati meno di cinque anni dalla morte di Baso. Era così sciocco da pen­sare che Ōbaku non avrebbe potuto ricevere la trasmissione di Baso. Se ottenete la trasmissione, necessariamente sarà per l’intera durata di tutti i tempi. Ma se non la ottenete, non sarete in grado di pre­servarla neppure per mezza gior­nata, né per un solo minuto. Jōko era uno sciocco e stupido uomo che non conosceva il vero significato del Bud­dha Volto-di-sole e del Buddha Volto-di luna.[23] Erano passati cento anni dalla morte di Ummon, e Jōko pre­tendeva di aver ricevuto il suo insegnamento; era però inca­pace di tra­smetterlo, perciò la sua pretesa vale meno del sogno di un bimbo di tre anni. Ereditare il Dharma di Ummon ri­chiede una capacità dieci volte superiore a quella posseduta da Jōko.

Cercherò ora di spiegare a quelli come Jōko, il vero si­gnifi­cato della trasmissione di Ummon. Quello che Hyakujō in­tendeva chiedere ad Ōbaku era se egli volesse ereditare l’inse­gnamento di Baso. Cercate di riflettere su questo con la stessa determinazione di un leone a caccia di una piccola preda oppu­re, mutando prospettiva, come una mucca e una tartaruga che si scambiano di posto, per vedere come sia l’ambiente dell’altro. Allo­ra ci sarà completa libertà e totale non-attaccamento. Nella trasmissione del Dharma è necessaria una simile capacità. Ōbaku disse: “Probabilmente perderò i miei discen­denti.” Poiché non comprendete affatto, come potete conoscere il si­gnificato di miei, e di discendenti? È necessario investigare ciò, dettaglia­tamen­te. Queste parole infatti realizzano la verità della trasmissione diretta: nulla è celato.

Sfortunatamente, il cosiddetto Maestro Zen Bukkoku Ihaku,[24] che non comprendeva la trasmissione dei Buddha e dei Patriar­chi, designò Jōko quale uno degli eredi del Dharma di Ummon. Questo fu un er­rore; eppure, la gente delle epoche po­steriori non ne sa nulla. Non pensate che Jōko abbia studiato sotto Ummon.

 

 

Ricopiato il 7 giugno 1244 da Ejō, nel Kippōji.

 

 Se, come Jōko, riteniamo possibile la trasmissione della Via del Buddha Śākyamuni unicamente attraverso lo studio dei testi e la lettura dei sūtra, allora sbagliamo di gros­so. È necessario che riceviate la trasmissione da un vero maestro, per poter comprendere i sūtra. Jōko disse che era necessario leggere i detti di Ummon sebbene lui stesso non li avesse letti. Non solo Jōko non vide Ummon ma non vide nep­pure se stesso; non possedeva l’occhio di Ummon e aveva anco­ra molto da chiarire. Ciò di cui aveva bisogno era di sostare in diversi templi, trovare il giusto maestro, e ricevere poi la trasmissione. Jōko non avrebbe dovuto sostenere di aver ricevuto la trasmissione di Um­mon. Parlare così è da profani. Anche Hyakujō avrebbe sba­gliato se avesse parlato come Jōko.



[1] Il Maestro Mahākāśyapa, uno dei grandi discepoli del Buddha e suo successore. Nel 483 a.C. organizzò il primo Concilio a Rājagrha, dove furono codificati il Vinaya e i Sūtra. Si dice sia morto in zazen, sul monte Kukkutapāda, nel Magadha.

[2] Si veda il cap. 52, Busso.

[3] 1225.

[4] Il Maestro Tendō Nyojō (1162-1227), nella linea di trasmissione del Maestro Tōzan Ryōkai. [T’ien-t’ung Ju-ching]

[5] Si riferisce alla trasmissione dal Maestro Bodhidharma al Maestro Eka. Si veda il cap. 38, Kattō.

[6] Si riferisce alla trasmissione dal Maestro Daiman Konin al Maestro Enō. Si veda il cap. 17, Immo ed il cap. 16, Gyōji.

[7] Il Maestro Ānanda, uno dei dieci grandi discepoli del Buddha. Egli era cugino del Buddha e fu il suo monaco attendente. Malgrado fosse monaco da più di quarant’anni, alla morte del Buddha non aveva ancora conseguito il risveglio. Fu il secondo Patriarca dell’India, ovvero il successore del Venerabile Mahākāśyapa.

[8] Si veda il cap. 38, Kattō.

[9] Lett. “Così arrivato”.

[10] Le ceneri del Buddha vennero divise in otto parti e donate ad altrettante nobili famiglie. Que­ste, edificarono uno stūpa in ciascuno degli otto luoghi sacri del Buddhismo.

[11] Lumbini, nei sobborghi di Kapilavastu.

[12] Nel parco dei cervi di Isipatana, presso Vārānasī.

[13] Sulle rive del fiume Nairañjanā presso Uruvilvā, nel regno di Magadha, dov’è l’odierna Bodhgayā.

[14] In un boschetto nei pressi di Kuśinagara.

[15] Si veda il cap. 60, Sanjushichihon-bodai-bumpō.

[16] Non la si può esprimere a parole.

[17] 1034-1037.

[18] Il Maestro Sempuku Shōko (?). Visse presso lo stūpa del Maestro Unmon Bun’en ed era conosciuto dalla gente del posto come “Il Guardiano del Vecchio Stūpa”.

[19] Il Maestro Unmon Bun’en (864-949), nella linea di trasmissione del Maestro Seppō Gison. Daiji-un Kyōshin Zenji è il suo titolo postumo. [Yün-men Wen-yen]

[20] Il Maestro Hyakujō Ekai (749-814), successore del Maestro Baso Dōitsu. [Pai-chang Huai-hai]

[21] Il Maestro Ōbaku Kiun (?-855?), uno dei successori del Maestro Hyakujō Ekai. [Huang-po Hsi-yün]

[22] Il Maestro Baso Dōitsu (704-788), nella linea di trasmissione del Maestro Daikan Enō.  Daijaku Zenji è il suo titolo postumo. [Ma-tsu Tao-i]

[23] Si dice che un Buddha Volto-di-sole viva nel mondo per 1800 anni, e che un Buddha Volto-di-luna entri nell’estinzione dopo un giorno e una notte.

[24] Il Maestro Ho-un Ihaku (?)., successore del Maestro Ho-un Hoshu. Bukkoku Zenji è il suo titolo postumo.