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BUTSUKŌJŌJI
Il Continuo Sviluppo di là del Buddha
Questo capitolo tratta il tema di un Buddha che prosegue nella prassi anche dopo aver conseguito la verità. “Il continuo sviluppo al di là del Buddha” è la definizione del Maestro Tōzan, ed è soprattutto attraverso il commento ad alcuni dialoghi del Maestro Tōzan, ed a vari kōan di altri maestri sullo stesso tema, che qui si sviluppa l’insegnamento del Maestro Dōgen.
Il Grande Maestro e Patriarca Tōzan Gohon,[1] del Kinshū, erede nel Dharma del Grande Maestro Ungan,[2] del Tanshū, fu il trentottesimo Patriarca dopo il Tathāgata,[3] e occupa il trentottesimo posto nella successione.
Un giorno, il Maestro Tōzan tenne un sermone ad un’assemblea di monaci e disse: “Dopo aver fatto l’esperienza del continuo sviluppo di là del Buddha, siamo in grado di parlare un poco del Dharma.” Un monaco domandò: “Quale tipo di discorso possiamo fare?” Tōzan rispose: “Quando ne parlo, non puoi udirlo.” Allora il monaco disse: “O monaco, tu puoi udirlo?” “Quando non ne parlo, lo odo” rispose Tōzan.
“Continuo sviluppo di là del Buddha” fu utilizzato per la prima volta da questo Grande Maestro, un vero Patriarca. Altri Buddha e Patriarchi hanno imparato questo detto da Tōzan, ed hanno poi fatto esperienza del continuo sviluppo al di là del Buddha. Dovete sapere con chiarezza che il continuo sviluppo al di là del Buddha non è contenuto nella prassi, né si raggiunge dopo il risveglio. Piuttosto, lo si sperimenta in: “Quando ne parlo, non puoi udirlo.” Se non raggiungiamo la condizione di continuo sviluppo al di là del Buddha non possiamo ottenerlo, né sperimentarlo. Non vi sono qui né opposizione né occultamento, e nemmeno vi è alcuna relazione reciproca o simbiotica.
Quando questa frase è realizzata diventa, dunque, il continuo sviluppo al di là del Buddha. E quando il continuo sviluppo al di là del Buddha è realizzato, diventa: “Quando ne parlo non puoi udirlo.” “Non puoi udirlo” significa che uno sviluppo continuo al di là del Buddha ha a che fare col non-udire. Dovete sapere che “Quando ne parlo non puoi udirlo” non è contaminato da udire o non-udire; non vi è così relazione alcuna tra l’udire e il non-udire.
Vi è un tu nell’udire, e vi è un tu nel parlare. Incontrare gente talvolta è non incontrarla, vale a dire che l’apparenza è diversa dalla realtà. Cioè, parlarne ma non udirlo. L’essenza del non-udire sta nella incapacità di udire, a causa di ostacoli presenti nelle nostre corde vocali e nelle nostre orecchie. Non possiamo udire perché la nostra visuale è limitata, e corpo e mente sono prigionieri. È per questi motivi che non siamo in grado di udire. Tuttavia, non intendete tutto questo come un discorso; il non-udire non è un vero discorso. Vi è solamente: “Quando è detto, non è udito.” Tōzan disse: “Quando ne parlo, non puoi udirlo.” L’inizio e la fine del discorso sono come un glicine ritorto e aggrovigliato; il discorso è attorcigliato al discorso, e ostruisce se stesso.
Il monaco disse: “O monaco, tu puoi udirlo?” Questa domanda non è relativa al fatto che Tōzan possa, o meno, udirlo poiché non ci si può aspettare che il discorso provenga dall’esterno. Il punto che il monaco cercava di chiarire è se dobbiamo studiare il principio dell’udire sia quando c’è un parlare sia quando non c’è. In altre parole il monaco chiese se il parlare è parlare e l’udire è udire. Un esprimersi di tal fatta non è semplicemente usare la lingua.
La frase del Patriarca Tōzan “Quando non parlo, posso udirlo” deve essere chiarita. In altri termini, quando si parla nulla può essere udito. E quando si realizza l’udire, non c’è parlare. E ancora, è sbagliato trascurare la nozione quotidiana di non-parlare; non aspettatevi qualche speciale forma di non-parlare. Nell’udire non c’è alcuna osservazione del parlare poiché è dall’esterno che proviene la reale osservazione. Quando udiamo, ciò non significa che il parlare sia in qualche altro luogo né che l’udire sia nascosto nell’essenza del parlare. Ecco quindi il motivo per cui, anche se il monaco non lo può udire mentre sta parlando, o noi possiamo udirlo quando non vi è parola, tutto questo è “Parlare un poco del Dharma del Buddha” e “Fare esperienza del continuo sviluppo, al di là del Buddha.”
Questo lo si può egualmente sperimentare quando nessun discorso è udito. Perciò abbiamo: “Quando non parlo, posso udirlo.” Il continuo sviluppo al di là del Buddha non esisteva prima degli ultimi sette Buddha; è il continuo sviluppo al di là del Buddha, da parte dei sette Buddha.
Il Patriarca disse ad un’assemblea: “Dovete sapere che c’è un uomo che possiede il continuo sviluppo al di là del Buddha.” Un monaco chiese: “Che tipo d’uomo possiede il continuo sviluppo al di là del Buddha?” Il Maestro rispose: “Non-Buddha.” Ummon[4] disse a questo proposito: “Non possiamo dargli un nome, né descriverlo: è proprio ‘non’.” Hōgen[5] disse: “La parola Buddha è usata come mezzo abile.”
In termini generali, il continuo sviluppo che si verifica nei Buddha e nei Patriarchi è simile a quello del Patriarca Tōzan. Vi sono molti cosiddetti Buddha e Patriarchi, ma nessuno di essi può neppure sognarsi il continuo sviluppo al di là del Buddha. Se fossimo andati a spiegare questo a Tokusan, Rinzai ed altri, essi si sarebbero messi a discutere con noi. Per quanto Ganto, Seppo, ed altri si siano esercitati al limite estremo, essi possono coglierne solo una parte. Le affermazioni di Tōzan “Dopo aver fatto esperienza dello sviluppo continuo al di là del Buddha possiamo parlare un poco del Dharma”, “Dovete sapere che c’è un uomo che possiede il continuo sviluppo al di là del Buddha”, ecc., possono essere comprese a fondo solo dopo innumerevoli kalpa[6] di prassi e di studio. Solo coloro che studiano e si addestrano nella Via profonda e nascosta, possono comprendere questo.
Dobbiamo sapere che colui che possiede il continuo sviluppo al di là del Buddha, possiede un’attività spirituale. Possiamo trovarla negli antichi Buddha e manifestarla in un pugno. Avendo osservato e compreso questo, possiamo distinguere tra chi possiede e chi non possiede il continuo sviluppo al di là del Buddha. Ciò non significa che dovremmo diventare uomini che possiedono il continuo sviluppo al di là del Buddha, o che dovremmo incontrare simili uomini; piuttosto, dobbiamo essere consapevoli che questo tipo di uomo esiste. Quando afferriamo questo, possiamo essere liberati dalle idee sull’esistenza o meno, di un uomo dal continuo sviluppo. L’uomo che possiede il continuo sviluppo al di là del Buddha è non-Buddha. Ma che cos’è non-Buddha? Non è una condizione che precede o che segue quella di Buddha. Non-Buddha non è semplicemente ciò che è andato oltre il Buddha. Perché mai diciamo non-Buddha? Perché è l’originario e privo di attaccamento volto del Buddha; è corpo e mente del Buddha, liberati.
Il Maestro Zen Join Koboku[7] del Tonkino, erede nel Dharma di Fuyō Dōkai, disse ad un’assemblea di monaci: “Quando comprendiamo che esiste un continuo sviluppo, al di là del Buddha e dei Patriarchi, allora siamo in grado di spiegarlo ad altri. O buoni studenti dello Zen! Cos’è il continuo sviluppo al di là del Buddha? Una certa famiglia ha un bambino che però è privo dei sei organi sensoriali[8] e che manca delle sette forme di coscienza.[9] Tali persone sono dette icchantika,[10] esseri privi del seme della natura-di-Buddha. Essi, quando incontrano il Buddha uccidono il Buddha, e quando incontrano un Patriarca, uccidono quel Patriarca. Il cielo rifiuta di accettarli e perfino l’inferno non ha porte da cui essi possano entrare. Qualcuno di voi, qui, ha qualche idea di simili persone?” E continuò: “Queste persone sono ottuse, sempre inebetite, e ciarlano a vanvera, nel sonno.”
“Privo dei sei organi sensoriali” significa barattare le proprie pupille con il frutto dell’albero della Bodhi, le narici con un bambù cavo ed il cranio con una spatola per escrementi. Qual è il principio di barattare? Significa mancanza dei sei organi di senso. Mancando i sei organi sensoriali, possiamo attraversare la fornace del fabbro come un Buddha di metallo, emergere dall’oceano come un Buddha d’argilla, e sorgere dalle fiamme come un Buddha di legno.
Com’è la condizione di “Privi delle sette forme di coscienza?” È come un mestolo rotto. Essi uccidono il Buddha quando incontrano il Buddha, poiché quando incontrano il Buddha uccidono il Buddha. Se cercano di penetrare nel paradiso, esso si infrange e se si avvicinano all’inferno, l’inferno si frantuma. Quando incontrano qualcuno sorridono stupiamente e non fanno altro che gironzolare intontiti e parlare a vanvera, nel sonno. Questo è il principio di “Montagne e fiumi sono unici in se stessi, e giada e pietra mantengono la loro propria esistenza indipendente.” Riflettete con calma su questa frase del Maestro Zen Koboku, e non prendetela alla leggera.
Il Grande Maestro Kōkaku,[11] del monte Ungo, studiò sotto il Patriarca Tōzan. Una volta il Maestro Tōzan gli chiese: “Qual è il tuo nome?” “Dōyō” rispose Ungo. Tōzan chiese allora: “Dimmi il tuo nome precedente.” Ungo disse: “Se te lo dico non sarò più Dōyō.” Al ché Tōzan disse: “La tua risposta non è diversa da quella che ho dato ad Ungan, quando studiavo sotto di lui.”
Dobbiamo studiare attentamente questo dialogo. “Se te lo dico non sarò più Dōyō” si riferisce al Dōyō che esiste al di là di Dōyō. Dovremmo studiare il Dōyō che non può essere nominato, invece di quello che esiste ora. Quando questo principio è realizzato, emerge il Dōyō reale. Tuttavia, non dovremmo dire che si tratta di un solo e medesimo Dōyō. Quando Tōzan disse: “Dimmi il tuo nome precedente” anche se Ungo avesse risposto: “Dōyō”, ancora, si sarebbe avuto il continuo sviluppo al di là del Buddha. Perché? Perché l’intero corpo di Dōyō trascende se stesso, ed egli emerge completamente.
Anche il Maestro Zen Sōzan Honjaku[12] studiava sotto il Patriarca Tōzan. Questi gli chiese: “Qual è il tuo nome?” Sōzan rispose: “Honjaku.” Tōzan disse: “Dimmi il tuo nome precedente.” E Sōzan: “Non saprei.” “Perché no?” chiese Tōzan. “Non posso essere chiamato Honjaku” rispose Sōzan. “Bene” disse Tōzan.
C’è qui una parola che descrive il continuo sviluppo, e cioè: “Non saprei.” Poi troviamo “Perché no?” e la risposta “Non posso essere chiamato Honjaku.” C’è un non-Honjaku, un liberato non chiamato, e un liberato Honjaku.
Il Maestro Zen Banzan Hōshaku[13] disse: “Il sentiero del continuo sviluppo non è stato trasmesso da migliaia di saggi Hīnayāna.” Questo “Sentiero del continuo sviluppo” fu utilizzato solo da Banzan. Non disse cosa o persona di continuo sviluppo, disse solo sentiero. Qui, il punto principale è che se anche compaiono migliaia di saggi che rivaleggiano tra di loro, essi non possono trasmettere il sentiero del continuo sviluppo. “Non possono trasmettere” significa che migliaia di saggi preservano una parte del non trasmettere. Dobbiamo investigare ciò, con attenzione. Vi è un altro detto su questo tema: “Vi sono migliaia di venerabili e saggi, ma il sentiero del continuo sviluppo si trova fuori dal loro mondo.”
Un giorno, un monaco chiese al Maestro Zen Kōso,[14] del monte Chimon: “Cos’è il continuo sviluppo al di là del Buddha?” Il Maestro rispose: “Indicare il sole e la luna con il manico del tuo bastone.” Il bastone non copre il sole e la luna; ecco il continuo sviluppo al di là del Buddha. E nell’investigare il bastone del sole e della luna, esso copre il mondo intero; anche questo è il continuo sviluppo al di là del Buddha. Non affermate che sole e luna sono il bastone. Il manico del bastone deve diventare il bastone intero.
Una volta, nella comunità del Grande Maestro Sekitō Musai,[15] il Maestro Zen Dōgo,[16] del Tennōji, chiese a Sekitō: “Qual è il grande significato del Dharma del Buddha?” Sekitō rispose: “Non può essere conseguito né compreso.” Dōgo disse: “Nel continuo sviluppo vi è, o no, qualche mutamento?” Sekitō rispose: “Il cielo illimitato non ostacola il vagare delle nubi.”
Sekitō fu il secondo Patriarca dopo Sōkei Enō.[17] Il sacerdote Dōgo, del Tennōji, era allievo di Yakusan. Dōgo chiese: “Qual è il grande significato del Dharma del Buddha?” Una simile domanda non può venire né da un novizio né da un monaco anziano, sopraggiunge solo dopo che abbiamo compreso il grande significato. Sekitō rispose: “Non può essere conseguito né compreso.” Dobbiamo sapere che un grande significato è contenuto tanto nel primissimo pensiero, quanto nello stadio finale del Dharma del Buddha; esso non può essere conseguito. Tuttavia, non dite che non vi siano determinazione, o prassi, o conseguimento del risveglio.
“Questo grande significato non può essere compreso.” Non possiamo affermare che vi sia, o no, prassi e illuminazione: non può essere compreso né conseguito. Ancora, questo grande significato è al di là di conseguimento o comprensione. Non è possibile affermare che in esso non esistano le nobili verità, la prassi, e il risveglio. Nulla può essere conseguito, nulla può essere compreso.
“Nel continuo sviluppo è dato, o no, qualche mutamento?” chiese Dōgo. In altre parole, se si verifica un mutamento, è così realizzato il continuo sviluppo? Mutamento è qui una forma di mezzo abile. I mezzi abili sono utilizzati da tutti i Buddha e Patriarchi. Dicendo questo avviene un mutamento. Tuttavia, anche se c’è mutamento, non dobbiamo trascurare l’aspetto che non muta. È in questo modo che dobbiamo parlare.
“Il cielo illimitato non ostacola il vagare delle nubi.” Questa è la frase di Sekitō. Il vasto cielo non può ostacolare se stesso e le nuvole non ostacolano le nuvole. Inoltre il vagare non ostacola se stesso, né l’illimitato cielo. Non vi è qui impedimento di sé o di altri. E non è necessario, poiché ogni cosa non ostacola alcuna altra cosa, e ciascuna possiede una totale libertà. Dunque, non vi è alcun impedimento. Allora saremo capaci di individuare la reale natura della frase: “Il cielo illimitato non ostacola il vagare delle nubi.”
Proprio in quel momento bisogna aprire l’occhio dello studio, guardare i Buddha e incontrare i Patriarchi. Dobbiamo anche incontrare il nostro proprio sé ed il sé degli altri. Questo è il principio di: “Dieci risposte per una domanda.” Ciò significa che chi pone una domanda diventa colui che dà dieci risposte.
Il Maestro Ōbaku,[18] disse: “I monaci dovrebbero sapere di possedere fin dall'origine il continuo sviluppo. In caso contrario assomiglierebbero al Grande Maestro Gozu Hōyū,[19] un allievo del quarto Patriarca che liberamente proclamò il Dharma ma che trascurò l’essenza del continuo sviluppo. Se possedete una reale comprensione, voi monaci sarete in grado di chiarire la differenza tra princìpi corretti e non corretti.”
La frase di Ōbaku: “Possiedono originariamente il continuo sviluppo” è la corretta trasmissione da Buddha a Buddha, da Patriarca a Patriarca. Essa è chiamata pure l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge, e la Serena Mente del Nirvāna. Per farla nostra dobbiamo conoscerla. Tuttavia, si può anche possederla pur senza averla conosciuta. Se non vi fosse stata la corretta trasmissione da Buddha a Buddha, ora non saremmo neanche in grado di sognarcela. Ōbaku era l’erede nel Dharma di Hyakujō ma, alla fine, superò il suo Maestro e gli altri discendenti di Baso. In quell’epoca, nessuno uguagliò Ōbaku e solo lui, tra quelli del monte Gozu, chiarì il Dharma. Perfino i Buddha devono ancora chiarirlo.
Il Maestro Zen Hōyū, del monte Gozu, era un allievo del quarto Patriarca. Egli proclamò liberamente il Dharma – il che è certo meglio che commentare i sūtra e l’abhidharma[20] come fanno gli studiosi cinesi e indiani – ma sfortunatamente non conobbe, né comprese, il continuo sviluppo. E se non riusciamo a capire questo punto, come possiamo, all’interno del Dharma del Buddha, operare la distinzione tra giusto e sbagliato? Diversamente saremmo solo linguisti e filologi. Dunque, conoscere, agire, e illuminare l’essenza del continuo sviluppo è andare al di là dell’ordinario. Nel condurre una vera prassi, sicuramente si realizza questo andare al di là.
Continuo sviluppo al di là del Buddha è vedere sempre ulteriori Buddha, dopo essere divenuti un Buddha. Questo non è lo stesso Buddha visto dagli esseri senzienti. Se vediamo il Buddha che vedono gli esseri senzienti, allora, non stiamo vedendo il Buddha e ancor meno il continuo sviluppo al di là del Buddha.
Il continuo sviluppo di Ōbaku è andare al di là della gente d’oggi. Qualcuno può uguagliare o superare Hōyū, ma gli è ancora fratello nel Dharma. Come possiamo conoscere l’essenza del continuo sviluppo quando neppure coloro che hanno acquisito i tre stadi abili e le dieci sacre condizioni,[21] possono afferrarla? Come possiamo utilizzarla? Questo principio è il punto chiave del nostro studio. Conoscendo l’essenza del continuo sviluppo, possiamo sperimentare, conseguire, e divenire l’uomo del continuo sviluppo al di là del Buddha.
Questo fu trasmesso ai monaci del Kannondōri, nel Koshōhōrinji, il 23 marzo 1242.
Trascritto da Ejō, nell’Eiheiji, durante l’addestramento estivo del 1259.
[1] Il Maestro Tōzan Ryōkai (807-869), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tung-shan Liang-chieh]
[2] Il Maestro Ungan Donjō (782-841), uno dei successori del Maestro Yakusan Igen. [Yün-yen T’an-sheng]
[3] Lett. “Così arrivato”.
[4] Il Maestro Unmon Bun’en (864-949), nella linea di trasmissione del Maestro Seppō Gison. [Yün-men Wen-yen]
[5] Il Maestro Hōgen Mōn’eki (885-958), nella linea di trasmissione del Maestro Seppō Gison e fondatore della scuola Hōgen. [Fa-yen Wen-i]
[6] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 60.
[7] Il Maestro Koboku Hōjō (?-1150), un successore del Maestro Fuyō Dōkai.
[8] I sei organi di senso sono: caksus, gli occhi; srotra, le orecchie; ghrāna, il naso; jihvā, la lingua; kāya, il corpo; manas, la mente come organo di senso.
[9] Le prime cinque sono di tipo sensoriale: la coscienza di occhi, orecchie, naso, lingua, e pelle. La sesta e la settima possono essere interpretate rispettivamente come centro di sensazione motoria, e come pensiero intellettuale.
[10] Lett. “Colui che persegue i desideri fini alla fine”.
[11] Il Maestro Ungo Dōyō (835-902), uno dei successori del Maestro Tōzan Ryōkai. Kōkaku Zenji è il suo titolo postumo. [Yün-chü Tao-ying]
[12] Il Maestro Sōzan Honjaku (840-901), uno dei successori del Maestro Tōzan Ryōkai. [Ts’ao-shan Pen-chi]
[13] Il Maestro Banzan Hōshaku (?), successore del Maestro Baso Dōitsu (709-788). Il suo titolo postumo è Grande Maestro Gyōjaku. [P’an-san Pao-chi]
[14] Il Maestro Chimon Kōso (?-1031), nella linea di trasmissione del Maestro Unmon Bun’en. [Chich- men Kuang-tso]
[15] Il Maestro Sekitō Kisen (700-790), nella linea di trasmissione del Maestro Daikan Enō. [Shih-t’ou Hsi-ch’ien]
[16] Il Maestro Dōgo Enchi (769-835), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tao-wu Yuan-chih]
[17] Il Maestro Daikan Enō (638-713), successore del Maestro Daiman Kōnin. Spesso è chiamato semplicemente Sesto Patriarca o Sōkei, dal monte su cui dimorava. [Ta-chien Hui-neng]
[18] Il Maestro Ōbaku Kiun (?-855?), uno dei successori del Maestro Hyakujō Ekai. [Huang-po Hsi-yün]
[19] Il Maestro Gozu Hōyū (594-657), nella linea di trasmissione del Maestro Dai-i Dōshin. [Niu-t’ou Fa-jung]
[20] L’Abhidharma, è il canestro dei commentari che, assieme a Sūtra (i discorsi) e Vinaya (i precetti), forma il Tripitaka, i tre canestri dell’Insegnamento.
[21] Un Bodhisattva, prima di divenire un Buddha, deve attraversare cinquantadue stadi o condizioni. Il primo gruppo di dieci sono i dieci stadi della fede. I successivi tre gruppi da dieci sono i tre abili stadi. Il quinto gruppo di dieci sono le dieci sacre condizioni. Il cinquantunesimo stadio è “L’equilibrata condizione della verità”, e il cinquantaduesimo stadio è “La sottile condizione della verità”.