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SHINJINGAKUDŌ
Studiare con Corpo e Mente
Il Maestro Dōgen illustrando lo studiare con la mente e lo studiare con il corpo, sottolinea come questi aspetti, di fatto, vengano unificati e siano contenuti nell’agire stesso. La verità, infatti, non può essere conseguita attraverso la speculazione intellettuale bensì attraverso l’azione, una volta dato un adeguato fondamento al corpo-mente.
La Via del Buddha è la vera Via; essa non contiene alcunché di falso. Se utilizzate le spiegazioni di quanti non hanno realizzato il Dharma in sé, devierete dalla Via del Buddha.
Il Maestro Zen Dai-e[1] di Nangaku, disse: “Noi abbiamo sia prassi che illuminazione, ma esse sono difficili da armonizzare. Dobbiamo prestare attenzione a non interpretare male la Via del Buddha; se la prassi non è armonizzata con il risveglio, è facile smarrirsi. Tutti i Buddha di ogni generazione, a partire da Śākyamuni, hanno armonizzato la prassi con l’illuminazione.”
Vi sono due forme di prassi nella Via: una è studiare con la mente, l’altra è studiare con il corpo. Nell’iniziare a studiare con la mente, dobbiamo comprendere i diversi stati di coscienza, ad esempio, citta,[2] hridaya,[3] vriddha.[4] Dopo che siano stati compresi questi stati, dobbiamo sviluppare bodaishin[5], la mente che cerca il Buddha. Ricercando il Buddha seriamente, potremo sentirne la compassione per noi e, infine, padroneggiare prassi e risveglio.
La mente che cerca il Buddha è difficile da acquisire, ma abbiamo gli esempi dei Patriarchi che ci guidano. Studiando seriamente le vite e i detti dei Patriarchi, la nostra mente che cerca il Buddha sarà risvegliata. Se il nostro studio sarà diligente, conosceremo a fondo vari stati della mente quali kobusshin, l’originale mente-di-Buddha, heijoshin, la mente quotidiana, e sangaiisshin, la mente universale.
Dopo che, attraverso il risveglio, avremo sviluppato la mente della prassi, comprenderemo che l’origine di tutte queste forme di mente è la non-mente. Non-mente è la vera mente del Buddha; essa è indivisa, è al di là della discriminazione degli opposti e non con-tiene alcuna analisi. Per comprendere la vera Via, dobbiamo pensare senza pensare. Un esempio è quando Śākyamuni conferì a Mahākāśyapa l’abito dorato, o quando Bodhidharma trasmise il sigillo del risveglio ad Eka e disse: “Tu possiedi il mio midollo”, o la trasmissione del quinto Patriarca Kōnin, nella baracca della pulitura del riso. Tutti questi casi sono uno studiare con la mente.[6]
Radersi il capo e indossare la veste nera è il segno di chi intende studiare con la mente. E quando iniziate a studiare la Via del Buddha, la vostra mente deve subire una conversione. Dobbiamo cercare la vera Via con la medesima determinazione di Siddharta quando rinunciò alla vita di palazzo, e si mise in viaggio per scambiare la sua mente limitata con la mente-di-Buddha.
Qualcuno potrebbe pensare che rinunciare al mondo sia segno di discriminazione,[7] ma l’ingresso nel sacerdozio dovrebbe già essere un trascendere quella mente dell’analisi.[8] Questo è lo stato del non-pensare, al di là della conoscenza egocentrica. Raggiungendo questo stato, realizzerete la vera e luminosa natura della mente; non-pensare deve diventare l’occhio attraverso cui osservare i fenomeni. L’attività di tutti i Buddha è basata sul non-pensare. Addestrandoci ininterrottamente nel non-pensare, automaticamente si accresce il risveglio.
Ognuno possiede intrinsecamente la mente, ma se si trascura di agire nella prassi la vera Via, essa resta assopita. Tuttavia, abbiamo l’esempio dell’addestramento buddhistico da seguire e, se perseveriamo, la nostra mente-di-Buddha si manifesterà e potremo ricevere il Sigillo della Trasmissione.
Cosa dobbiamo studiare quando ci troviamo di fronte alla mente-di-Buddha? In primo luogo, considerate le diverse forme di montagne, acqua e terra. Vi sono molti tipi di montagne: alcune sono simili al grande monte Sumeru, altre sono piccole; alcune coprono una vasta distesa di terra, e altre sono molto alte. Anche l’acqua si presenta in numerosi modi: celestiale, terrestre, grandi fiumi, piccoli ruscelli, grandi e piccoli stagni, e poi oceani, laghi, ecc. Chi può descrivere le diverse figure e forme che assume la terra? Ricordate tuttavia, che una terra non sempre è suolo fertile per quanto grande sia; allo stesso modo, ognuno possiede la natura-di-Buddha[9], ma se questa non è manifestata attraverso la prassi, non fruttificherà mai. Simbolicamente c’è la terra del cuore e la terra del tesoro. Ancora, tutte queste terre sono basate sull’esperienza del risveglio. Montagne, acqua e terra, hanno origine nella vacuità e sono la manifestazione di: “La forma è vacuità.”
Ognuno ha una diversa concezione dei fenomeni naturali e vi sono così diverse interpretazioni del sole, della luna, delle stelle e dell’acqua. Ad esempio, la gente sulla terra considera l’acqua come niente di speciale, mentre gli esseri celesti la stimano un grande tesoro. Diverse prospettive, diverse osservazioni. Per vedere correttamente le cose, dobbiamo accettarle come sono; si tratta di unire il vedente e il visto, in un unico atto. La nostra mente dovrebbe essere ravvivata dall’azione della mente indivisa. Unificando davvero il vedente con il visto, ogni cosa sarà compresa nella sua vera prospettiva. Abitualmente consideriamo gli oggetti della natura quali la terra, i fiumi, il sole, la luna e le stelle, come fossero cose esterne alla nostra mente; in realtà queste cose sono la mente stessa. Non pensate che questo significhi che ogni cosa è solo all’interno della vostra mente. Abbandonate la nozione di fuori, dentro, venire e andare. La mente indivisa non è né all’esterno né all’interno; essa viene e va liberamente, senza attaccamento. Un pensiero: montagna, acqua, terra. Il pensiero successivo: una nuova montagna, acqua, e terra. Ogni pensiero è indipendente, creato ex-novo, vitale e istantaneo. La mente indivisa non è implicata in grande o piccolo, lontano o vicino, essere o non essere, guadagno o perdita, identificazione o non identificazione, illuminazione o non illuminazione. La mente indivisa trascende gli opposti. Nella prassi, lo studio della mente è la via per raggiungere una salda e indivisa azione, al di là del mondo della relatività. Dovremmo accettare le cose come vengono, vale a dire indipendenti e momentanee.
Dobbiamo stare molto attenti a distinguere tra la realtà e le idee sulla realtà. Ad esempio, la nozione di ciò che una casa rappresenta è spesso assai diversa dal suo reale aspetto. Ancora, c’è una grande differenza tra il lasciare semplicemente la casa e la vera rinuncia al mondo. Nel Dharma, vi sono vari modi per conseguire la vera conoscenza. I due principali mezzi di trasmissione da maestro a discepolo, sono i metodi Tenji e Toki.[10] Quando studiamo il Dharma del Buddha con l’uno o l’altro sistema, dobbiamo stare attenti a che affermazioni come “I tre mondi sono solo mente” oppure “Il mondo del dharma non è altro che mente”, non diventino semplici nozioni astratte. Utilizziamo l’espressione “Muro, tegole, e pietre” per sottolineare che “I tre mondi sono soltanto mente” deve diventare un concetto vivente, nella vita di ogni giorno.
Il Maestro Zen Sōzan,[11] che visse durante la dinastia Tang, cominciò a mostrare la sua comprensione del Dharma prima del periodo Kantsū,[12] ma realizzò la piena illuminazione solo quando quel periodo era ormai finito. Quando fu completamente risvegliato, egli poteva camminare attraverso il fango ed essere inzaccherato di acqua sporca, senza esserne turbato minimamente; egli semplicemente considerava il fango come fango, l’acqua sporca come acqua sporca. Era un uomo libero, non attaccato ad idee di attrazione o repulsione. Un simile potere deriva dal non-attaccamento.
Gli oggetti fisici, ad esempio un pilastro, uno steccato, un muro o una lanterna di pietra, sono oggetti di esperienza, ma ognuno di essi manifesta se stesso in modo indipendente ed è auto-generato. Se il nostro vedere è vero, l’attività sarà vista svolgere naturalmente la sua funzione negli oggetti fisici e la nostra comprensione dei fenomeni sarà completa e coprirà le dieci regioni dell’esistenza.[13] La mente-di-Buddha copre le dieci regioni e non c’è alcuna porta da cui entrare.
Hotsu-bodaishin[14] è la mente di chi veramente segue la Via del Buddha. Hotsu-bodaishin è la continua percezione della mente-di-Buddha. Gli interrogativi sulla vita e sulla morte, il desiderio del nirvāna, e molti altri motivi inducono una persona a cercare la mente-di-Buddha. Non dobbiamo aspettare un certo momento o un certo luogo per cercare il risve-glio; esso non dipende mai da circostanze di tempo o di luogo, né dall’abilità intellettuale. La mente-di-Buddha si manifesta da sé, naturalmente, poiché la mente-di-Buddha è l’origine di ogni reale attività. Essa non può essere definita attraverso esistenza o non-esistenza, buono o cattivo. Non è influenzata dal luogo, dalle circostanze o dal karma. Talvolta la gente pensa che, poiché nella dottrina buddhistica non c’è un inizio o una fine, la mente-di-Buddha non abbia esistenza reale; ricordate però che la mente-di-Buddha nasce da sé[15] e si manifesta ovunque – essa è il fondamento della realtà.
Quando la nostra prassi è maturata, comprendiamo che hotsu-bodaishin ricopre l’intero mondo del Dharma.[16] Spesso la gente cerca di cambiare le circostanze sebbene, naturalmente, questo non sia possibile. Abbandonate queste azioni infruttuose e sviluppate una giusta comprensione della Via. Oggettività e soggettività devono operare insieme; oggetto e soggetto devono prendersi per mano. Due sostanze, una identità.
La maggior parte della gente ritiene che hotsu-bodaishin si trovi solo nei Buddha. Hotsu-bodaishin si trova anche negli inferi, nei dèmoni, negli asura,[17] e negli animali. Hotsu-bodaishin è come la pura, lucida, e indivisa mente di un infante. Attraverso questa mente, ogni cosa diventa chiara. Ogni particella del mondo fenomenico è interrelata e tuttavia, ogni particella esiste di per sé. Queste unità non possono essere numerate uno, due o tre,[18] poiché sono correlate ad una esperienza illimitata. Le forme fisiche, come ad esempio una rotonda foglia di loto o lo spigolo affilato di un diamante, hanno una struttura unica, ma tali strutture si presentano in ogni parte del mondo fenomenico e non possono essere contate.
Sulla mente-di-Buddha esiste la seguente storia. Tempo fa, un monaco si avvicinò al Maestro Nazionale Daishō,[19] e gli chiese: “Che cos’è l’originaria mente-di-Buddha?” Egli rispose: “Muro, steccato, tegole, pietre.” Generalmente la gente non considera queste cose come mente-di-Buddha, eppure, in realtà esse hanno radice nella originaria mente-di-Buddha e manifestano la natura-di-Buddha. La risposta “Muro, steccato, tegole, pietre” rappresenta la mente quotidiana. Questa mente non è implicata nei mondi passati o in quelli futuri ma opera continuamente ora, nel presente, e si occupa soltanto di ogni nuovo istante. La mente quotidiana è la sua propria realizzazione intrinseca e compiuta. I vecchi tempi sono tagliati via, e passato, presente e futuro esistono insieme in ogni momento. Mantieni la tua mente nel presente. Se pensiamo sempre al passato, il nostro intero vedere si volgerà indietro, verso il passato, e sarà distorto.
Ad ogni istante dell’esistenza la mente quotidiana apre le sue porte, e vita e morte, venire e andare, entrano liberamente. Non pensate al cielo e alla terra come a questo mondo o a quello futuro; sappiate, conoscendo, che essi eternamente coesistono in ogni istante che passa. Generalmente non si riflette mai sulla natura del cielo o della terra, finché non capita qualcosa di imprevisto. Per me, un improvviso e inaspettato starnuto è come un’eco che rappresenta la contemporanea coesistenza di vita e morte, cielo e terra, in ogni momento. L’intero contenuto e significato del cielo e della terra, e il suo rapporto con la mente, si riducono ad un istante eterno. Se non riusciamo a comprendere questo, non afferreremo mai né il significato di uno starnuto né quello di ogni simile evento minore. Tutta la nostra attività è radicata nella natura eterna della mente quotidiana. Per la maggior parte del tempo ci dimentichiamo di ciò, mentre i Buddha ne sono sempre consapevoli. Con il possedere hosshin,[20] di certo acquisiremo la Via. Questo desiderio del risveglio deve nascere in noi, da noi stessi, non può provenire da altri. Il risveglio è la naturale attività della mente quotidiana. Questo è il modo di studiare con la mente.
Consideriamo ora lo studiare con il corpo. La prassi mediante il corpo è più difficile della prassi mediante la mente. La comprensione intellettuale dello studiare tramite la mente, deve essere unita alla prassi attraverso il nostro corpo. Questa unione è chiamata shinjitsu-nintai, “Il vero corpo dell’uomo”. Shinjitsu-nintai è la percezione della mente quotidiana attraverso il mondo fenomenico. Se armonizziamo la prassi del risveglio con il nostro corpo, il mondo intero sarà percepito nella sua vera forma. Se realizziamo shinjitsu-nintai saremo separati dal male e potremo prendere gli otto precetti,[21] assieme al voto di proteggere i Tre Tesori.[22] Shinjitsu-nintai è il vero scopo dell’addestramento. Chiunque ricerchi la Via dovrebbe tenere sempre bene a mente la nozione di shinjitsu-nintai e non lasciarsi fuorviare dalle proprie false ed erronee opinioni.
Il Maestro Zen Daichi di Hyakujō,[23] una volta disse: “Gli uomini possiedono originariamente il ‘Puro corpo di non attaccamento’ del Buddha e il nostro corpo stesso è il Buddha.” Se accettiamo il suo detto in senso letterale, potremmo pensare che non ci sono necessarie prassi o illuminazione per realizzare la Via del Buddha. La frase di Hyakujō non è soltanto il detto enigmatico di un eremita. Una così audace affermazione può essere pronunciata solo dopo anni di merito, prassi e risveglio. Raggiungendo il livello di Hyakujō potremmo anche noi sperimentare la meravigliosa attività del risveglio. Tale livello è caratterizzato da un completo non-attaccamento, dalla perfetta serenità, e dall’unità di soggettività e oggettività. A questo livello possiamo aiutare gli altri a raggiungere la salvezza, proclamando il Dharma a tutti i cercatori della vera Via.
Il Dharma è proclamato in tre modi con l’utilizzo della propria esperienza e di spiegazioni, utilizzando le vite e i detti di altri, e insegnando attraverso l’esempio. Spiegare il Dharma è generalmente considerato soltanto come un beneficare altri. In realtà, spiegare il Dharma è effettivamente un’estensione della prassi, e trascende sia se stessi sia gli altri. Per proclamare il Dharma dobbiamo dimenticare noi stessi. Facendo ciò, il potere del nostro insegnamento sarà come un forte rumore che soffoca quelli più deboli.[24] Studiare attraverso la prassi diretta è esistito fin dai tempi più antichi, ed è il modo migliore per accostarsi alla verità del Buddha. Dobbiamo avere la stessa determinazione di colui che si tagliò un braccio[25] per mostrare il suo ardente desiderio. Eka ricevette il midollo[26] e ne trasmise infine l’eredità, proclamando il Dharma a tutte le generazioni successive.
Il nostro mondo è definito in relazione alle dieci suddivisioni di direzione. Ogni direzione contiene in modo totale la fondamentale esistenza di tutte le altre direzioni. Cioè, ogni punto nello spazio o nel tempo, davanti o dietro, verticale od orizzontale, contiene in sé tutti gli elementi dell’esistenza. Questo fatto è essenziale per comprendere shinjitsu-nintai, che è spesso considerato in relazione a soggettività e oggettività. Non è questo il caso.
Shinjitsu-nintai non è altro che il nostro sé reale, radicato nel Buddha e non opposto ad alcuna delle dieci regioni del mondo. Le dieci regioni sono contenute in shinjitsu-nintai. Forse è la prima volta che ascoltate una simile spiegazione. Tenete a mente che ogni direzione e ogni regione possono essere colti insieme, in un’unica esperienza.[27] Esse hanno la stessa identità e coesistono in shinjitsu-nintai. Questo corpo reale è composto da quattro elementi fisici: terra, acqua, fuoco, vento, e da cinque skandha.[28] Per la gente ordinaria, questo mondo di esperienza è molto difficile da analizzare, ed è difficile raggiungere una chiara visione; un saggio, tuttavia, è sempre consapevole della vera natura del mondo. In effetti egli vede il mondo intero in un minuscolo granello di polvere. La gente dice: “È impossibile che un granello di polvere contenga il mondo intero.” La loro comprensione è basata su una visione superficiale. Se abbiamo una vera percezione, un granello di polvere o un qualsiasi oggetto di cui non importa la dimensione, può essere visto come un mondo indipendente che comprende in sé tutti gli altri mondi di esperienza. Se abbiamo una corretta comprensione, anche una stanza del Buddha o un intero monastero possono essere edificati in un granello di polvere; ogni angolo dell’esistenza contiene le stesse illimitate possibilità. Anche i nostri edifici di uso quotidiano, la casa, lo Zendō[29] o che altro, contengono tutti i mondi possibili.
Ciò con cui siamo in rapporto è l’azione fisica e spirituale di shinjitsu-nintai. Nell’usare l’espressione “L’intero mondo è contenuto in ogni particella”, non intendiamo il mondo fisico poiché non stiamo parlando di spazio, bensì di esperienza.
L’esperienza non ha a che fare con grande o con piccolo e contiene ogni cosa: è risveglio, ora, e include ogni luogo. É il nostro vero corpo ed è attraverso l’illimitata, eterna azione del nostro sé reale che dobbiamo studiare la Via. Attraverso l’approfondimento di questa Via, diventiamo gradualmente consapevoli del profondo significato di azioni quotidiane quali inchinarsi, pulire o riverniciare. Il tempo passa ma la vita è trasformata. Prima di rinunciare al mondo, la vostra condizione somiglia esteriormente a quella del più povero raccoglitore di legna o contadino, ma quando sedete in zazen siete interiormente un Buddha e siete di gran lunga più ricchi del più ricco re. Questa Via è al di là delle idee di buono o cattivo, risveglio o illusione, e di tutte le opposte identità. Per la gente comune, vita e morte sono trasformazioni. Per quei saggi, invece, che hanno trasceso il profano e sono penetrati nel sacro, le nozioni di vita e morte sono abbandonate. Chiarifica vita e morte e accettali per quello che sono. Allora non avrai più paura.
La vita è contenuta nella morte e la morte è contenuta nella vita, eppure la vita è vita e la morte è morte. Cioè, questi due elementi sono indipendenti in se stessi e sussistono da soli senza il bisogno di qualsiasi esistenza esterna o relazione. Comunemente la gente considera la vita come qualcosa simile ad una quercia[30] e la morte come una cosa che non si muove più. Ma, come l’idea che si ha di una quercia talvolta differisce dall’albero reale, le idee sulla vita spesso contrastano con la realtà della vita. Nella vera conoscenza la vita non è mai un ostacolo. La vita non è la prima attività e la morte la seconda; la vita non è in rapporto con la morte né la morte lo è con la vita.
Il Maestro Zen Engo,[31] disse: “La vita è la totale attività della vita, e la morte è la totale attività della morte. Vita e morte sono le attività della grande vacuità.” Engo lasciò molti detti su vita e morte, ma naturalmente non poté mai spiegarli completamente a parole. È necessaria l’esperienza di hotsu-bodaishin,[32] per comprendere le sue parole.
Vita e morte continuamente appaiono e scompaiono, vengono e vanno, mutano costantemente; ora testa e coda, ora mani e piedi, vita e morte sorgono da un capo all’altro del mondo intero. Shinjitsu-nintai è la limpida osservazione di vita e morte, attraverso corpo e mente. Ricordate che vita e morte possono essere viste anche in un granello di polvere. Non potremo mai afferrare questo fatto mediante la discriminazione. C’è sempre qualche dirupo o collina in una terra pianeggiante, e le alte montagne hanno sempre qualche zona in piano. Così, illuminazione ed illusione esistono insieme. Allo stesso modo, possiamo considerare i rami del Nord e del Sud della scuola Zen come esistenti insieme.
Trascendere la discriminazione degli opposti, scoprire la realtà totale, e raggiungere il non-attaccamento: questa è completa libertà.
Questo venne trasmesso ai monaci dell’Hōrinji, il 9 settembre 1243.
[1] Il Maestro Nangaku Ejō (677-744), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. [Nan-yüeh
[2] Il sanscrito citta significa cuore e rappresenta la coscienza mentale, intellettuale; si potrebbe ben dire “Psyché”.
[3] Hridaya: la mente inconscia o subconscia. Il sanscrito hridaya significa spirito, essenza. Si tratta del tipo di mente a cui si riferisce il Maestro Dōgen quando parla de “La mente di erba e alberi”.
[4] Vriddha: la mente che ha fatto esperienza, consolidata. Il sanscrito vriddha significa cresciuto, saggio, sperimentato.
[5] Lett. “Mente-bodhi”.
[6] Lett. “Con la mente che trasmette la mente” e cioè la trasmissione intuitiva da mente a mente. Si veda il cap. 64, Udonge.
[7] Dividendo il mondo in monastico e non monastico.
[8] O mente discriminante, mente che scompone.
[9] La natura-di-Buddha è la ‘Natura propria’, o ‘Vera natura’, o ‘Volto originario’ (comunque si voglia chiamare) di ogni essere, anche se questi lo ignora.
[10] Il metodo Tenji utilizza i kōan e colloqui privati con un maestro. Nel metodo Toki, il maestro insegna ai discepoli attraverso l’esempio, dà particolari consigli e adegua il suo insegnamento all’abilità individuale dei suoi allievi.
[11] Il Maestro Sōzan Honjaku (840-901), uno dei successori del Maestro Tōzan Ryōkai. [Ts’ao-shan Pen-chi]
[12] 860-873.
[13] Cioè, le dieci direzioni: i quattro punti cardinali, i quattro intermedi, l’alto e il basso.
[14] Lett. “Risvegliare la mente-Bodhi”. Il Maestro Dōgen utilizza i termini Hotsu-bodaishin e Bodaishin come sinonimi di “La mente che cerca il Buddha”. Bodaishin significa letteralmente “Mente-di-Bodhi” ed equivale al sanscrito bodhicitta o “Aspirazione alla suprema illuminazione”. Hotsubodaishin, che si può anche tradurre con “Dare fondamento al corpo-mente”, si sviluppa da hosshin che è l’iniziale risveglio della mente, vale a dire la decisione di pervenire al completo risveglio.
[15] Da sé si dà vita ed esistenza.
[16] Dal sanscrito dharmadhātu. Questa comprensione è la vera esperienza della mente.
[17] Il sanscrito asura indica i dèmoni che combattono gli dèi.
[18] Non possono essere definite da spazio o tempo.
[19] Il Maestro Nan’yō Echū (?-775), successore del Maestro Daikan Enō. Maestro Nazionale Daishō è il suo titolo quale insegnante dell’imperatore. [Nan-yang Hui-chung]
[20] La determinazione di raggiungere il supremo risveglio.
[21] Gli otto precetti: non uccidere gli esseri viventi, non rubare, non avere rapporti sessuali, non mentire, non assumere bevande alcoliche, non utilizzare abiti vistosi e trucco, non mangiare dopo mezzogiorno.
[22] Buddha, Dharma, Samgha.
[23] Il Maestro Hyakujō Ekai (749-814), il successore del Maestro Baso Dōitsu. [Pai-chang Huai-hai]
[24] Ovvero, il potere del Dharma annulla tutti gli altri falsi o limitati insegnamenti.
[25] Il secondo Patriarca Eka, che intendeva così dimostrare la sua determinazione al Patriarca Bodhidharma. Si veda il cap. 16, Gyōji.
[26] Dell’insegnamento di Bodhidharma.
[27] Relazione di tempo e spazio.
[28] I cinque skanda o aggregati sono: rūpa (il corpo-forma), vedanā (la sensazione), samjñā (la percezione, la nozione), samskarā (le impressioni risultanti, gli elementi della coscienza, lett. “I formati e i formanti”), e vijñāna (la coscienza individuale, la conoscenza discriminante).
[29] La Sala del Dharma.
[30] Cioè una cosa che inizia con un seme, cresce e muore.
[31] Il Maestro Engo Kokugon (1063-1135), nella linea di trasmissione del Maestro Yōgi Hōe. Ha scritto “La Raccolta della Roccia Blu”. [Yüan-wu K’o-ch’in]
[32] Vedi nota 2, pag. 15.