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GENJŌKŌAN
La Realizzazione del Risveglio
Letteralmente il significato di Genjōkōan è “Legge dell’Universo realizzata” e quindi indica il Dharma del Buddha o lo stesso Universo reale. In questo primo capitolo, fondamentale, il Maestro Dōgen tratta gli aspetti basilari del rapporto tra studio della Via e risveglio. La parola kōan esprime una legge, un principio Universale; essa nasce dalla contrazione di kofu-no-antoku che, nella Cina antica, indicava una specie di bacheca su cui erano affissi gli editti e le nuove leggi, affinché la gente ne venisse a conoscenza. Questo primo capitolo si conclude con il commento ad un kōan del Maestro Hōtetsu.
Quando tutte le cose sono il Dharma del Buddha, si ha illuminazione, illusione, prassi, vita, morte, Buddha ed esseri senzienti. Quando tutte le cose sono percepite come non aventi alcuna sostanza, non vi sono né illusione né illuminazione, né Buddha né esseri senzienti, né nascita né distruzione. Fin dall’origine, la Via del Buddha trascende se stessa e qualsiasi idea di abbondanza o penuria; tuttavia vi sono nascita e distruzione, illusione e risveglio, esseri senzienti e Buddha. Eppure la gente odia vedere i fiori che appassiscono e non ama il crescere delle erbacce.
È un’illusione cercare di realizzare la nostra prassi e illuminazione attraverso se stessi, ma realizzare prassi e illuminazione attraverso i fenomeni, questo è il risveglio. Avere una grande illuminazione circa l’illusione è essere un Buddha. Avere una grande illusione circa l’illuminazione è essere un essere senziente. Inoltre, alcuni sono ininterrottamente illuminati, al di là del risveglio, mentre altri aggiungono illusione ad illusione.
Quando i Buddha diventano Buddha, non è necessario che siano consapevoli di essere Buddha. Essi sono, nondimeno, Buddha risvegliati e ininterrottamente realizzano il Buddha. È mediante corpo e mente che possiamo comprendere la forma e il suono delle cose. Essi operano insieme come una cosa sola. In ogni caso, non è come il riflesso di una immagine in uno specchio, o la luna riflessa in una pozza d’acqua. Considerando un solo lato, l’altro rimane oscuro. Studiare la Via del Buddha è studiare se stessi. Studiare se stessi è dimenticare se stessi. E dimenticare se stessi è percepire se stessi come tutte le cose. Realizzare questo è lasciar cadere mente e corpo di se stessi e degli altri. Una volta che avete raggiunto questo stadio, sarete distaccati anche dall’illuminazione e la agirete ininterrottamente, senza pensare ad essa.
Quando la gente comincia a cercare il Dharma,[1] immediatamente si allontana da dove esso si trova veramente. Quando il Dharma è stato ricevuto attraverso la corretta trasmissione, il proprio sé reale appare immediatamente. Se vi trovate su di una barca e guardate solo la riva del fiume, penserete che la riva si muove. Ma se guardate la barca, scoprirete che è la stessa barca che in realtà si sta muovendo. Analogamente, se cercate di comprendere la natura dei fenomeni solo mediante la vostra confusa percezione, penserete erroneamente che la vostra natura è eterna. Inoltre, se vi addestrate correttamente e tornate alla vostra origine, allora vedrete chiaramente che tutte le cose non hanno un sé permanente.
Una volta che la legna da ardere sia stata ridotta in cenere, non può ritornare legna; ma non dovremmo considerare le ceneri come lo stato potenziale della legna da ardere, o viceversa. La cenere è completamente cenere, la legna da ardere è legna da ardere. Esse hanno un loro proprio passato, futuro, ed esistenza indipendente.
Allo stesso modo, quando gli esseri umani muoiono non possono tornare alla vita; ma nell’Insegnamento del Buddha non diciamo mai che la vita si trasforma in morte. Questo è un insegnamento consolidato del Dharma del Buddha. Lo chiamiamo il non-divenire. Similmente, la morte non può mutarsi in vita. Questo è un altro principio della Legge del Buddha. Esso è chiamato la non-distruzione. Vita e morte hanno un’esistenza assoluta come il rapporto tra inverno e primavera. Ma non pensate che l’inverno si trasformi in primavera, o la primavera in estate.
Quando gli esseri umani raggiungono il risveglio, è come la luna riflessa nell’acqua. La luna appare nell’acqua ma non si bagna, né l’acqua è perturbata dalla luna. Inoltre, la luce della luna copre la terra e tuttavia essa può essere contenuta in un secchio d’acqua, in una goccia di rugiada e perfino in una minuscola goccia d’acqua.
Proprio come la luna non perturba in alcun modo l’acqua, non crediate che il risveglio causi difficoltà alla gente. Non considerate il risveglio un ostacolo nella vostra vita. Le profondità di una goccia di rugiada, possono contenere le altezze della luna e del cielo. Quando la vera Legge non è completamente conseguita, sia fisicamente sia mentalmente, c’è la tendenza a pensare che possediamo l’intera Legge e che il nostro lavoro sia finito. Se il Dharma è totalmente presente, allora c’è percezione delle proprie carenze. Ad esempio, se conducete una barca in mezzo all’oceano, fuori della vista di qualsiasi montagna, e guardate nelle quattro direzioni, l’oceano appare rotondo. Ma l’oceano non è rotondo e la sua virtù è illimitata. È come un palazzo o un ornamento di preziosi gioielli. A noi, però, l’oceano appare come un vasto cerchio d’acqua. E così ci rendiamo conto che questo può valere per qualsiasi cosa. Secondo il punto di vista, percepiamo le cose in modi differenti. La corretta percezione dipende dalla quantità del proprio studio e prassi.
Per comprendere i diversi tipi di punti di vista, dobbiamo studiare i numerosi aspetti e virtù di monti e oceani, più che i cerchi perfetti. Dovremmo sapere che è così non solo tutto attorno a noi, ma anche dentro di noi, e perfino in una singola goccia d’acqua.
I pesci nell’oceano considerano infinita l’acqua, e gli uccelli pensano che il cielo sia senza limiti. Pure, né i pesci né gli uccelli sono stati separati dal loro elemento. Quando il loro bisogno è grande, il loro utilizzo è grande, quando è piccolo, l’utilizzo è piccolo. Essi utilizzano pienamente ogni aspetto fino in fondo, liberamente, senza limiti. Pure, dovremmo sapere che se gli uccelli sono separati dal proprio elemento, muoiono. Dovremmo sapere che l’acqua è vita per i pesci, ed il cielo è vita per gli uccelli. Nel cielo gli uccelli sono vita, e nell’acqua i pesci sono vita. Si possono trarre molte altre simili conclusioni. Ci sono prassi e illuminazione. Anche una volta chiarito acqua e cielo, vediamo che, se ci sono uccelli o pesci che cercano di penetrare nel cielo o nell’acqua, non trovano né una via né un luogo. Comprendendo questo punto, c’è la realizzazione del risveglio nella nostra vita quotidiana. Se conseguiamo questa Via, tutte le nostre azioni sono la realizzazione dell’illuminazione. Questa Via, questo luogo, non è né grande né piccolo, né se stessi né altri, né passato né presente: esiste esattamente per quello che è.
Così, addestrandosi e realizzando la Via del Buddha, si può padroneggiare e penetrare ogni dharma, ed affrontare e padroneggiare qualunque prassi. C’è un luogo in cui possiamo penetrare la Via e scoprire l’estensione delle percezioni del conoscibile. Ciò perché la nostra conoscenza coesiste simultaneamente con la realizzazione ultima del Dharma del Buddha. Dopo che questa realizzazione sia divenuta la base della nostra percezione, non pensate che la nostra percezione sia necessariamente compresa dall’intelletto. Benché la si possa rapidamente realizzare, l’illuminazione non sempre è completamente manifesta.[2]
Mentre il Maestro Zen Hōtetsu,[3] del monte Mayoku, si faceva vento, un monaco chiese: “La natura del vento non muta mai e soffia ovunque: perché dunque usi un ventaglio?” Hōtetsu rispose: “Anche se sai che la natura del vento non muta mai, non conosci il significato di soffiare ovunque.” Il monaco chiese: “Bene, cosa significa?” Il Maestro non rispose e continuò a farsi aria. Infine il monaco comprese e si prostrò profondamente innanzi a lui.
L’esperienza, la realizzazione e la vivente e corretta trasmissione del Dharma del Buddha è così. Poiché la natura del vento non cambia mai, non è necessario usare un ventaglio, e ci sarà vento anche se uno ritiene di non conoscere il reale significato di “Non muta mai”, o della natura del vento. Così come la natura del vento non muta mai, il vento del Dharma del Buddha trasforma in oro la terra e fa sì che nei fiumi scorra dolce latte fermentato.
Questo fu scritto a metà dell’autunno dell’anno 1231, dallo śramana[4] Dōgen, e dato al discepolo laico Yōkō-shū, del Kyūshū.
[1] All’esterno di sé.
[2] Essa è troppo profonda e inesauribile per il nostro limitato intelletto.
[3] Il Maestro Mayoku Hōtetsu (?), nella linea di trasmissione del Maestro Baso Dōitsu. [Ma-ku Pao-ch’e]
[4] Śramana (lett. “Colui che si sforza”) originariamente descriveva un mendicante itinerante che non apparteneva alla casta dei brahmāni, diversamente da un parivrājaka, mendicanti itineranti religiosi di origine brahmānica. Il Buddha applicò ai monaci buddhisti il termine śramana.