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MAKAHANNYAHARAMITSU
La Realizzazione della Grande Saggezza del Buddha
Questo breve capitolo è dedicato esclusivamente al Mahāprajñā-pāramitā-hrdaya-sūtra, noto come Sūtra del Cuore, che rappresenta la summa dei seicento volumi del Mahāprajñā-pāra-mitā-sūtra. Pur essendo molto breve, il Sūtra del Cuore è la più estrema e profonda sintesi dell’Insegnamento del Buddha Śākyamuni ed è la vera essenza dello Zazen..
Quando il Bodhisattva Kanzeon,[1] sperimentò e comprese la verità mediante la prajñā-pāramitā,[2] percepì che l’esistenza è costituita dai cinque skandha:[3] materia, percezione, concezioni mentali o idee, volizione, e coscienza. Osservando i cinque aggregati mediante la prajñā, percepite la vacuità. Mediante tale osservazione, vedrete che gli skandha stessi sono vuoti; ogni skandha è isolato e ha origine nella prajñā.
Comprendendo ciò sarete in grado di capire l’affermazione: “La forma è vacuità. La vacuità è forma.” La forma è forma, la vacuità è vacuità. Essa è le cento erbe e tutti i fenomeni. Si può considerare la prajñā-pāramitā secondo i dodici e secondo i diciotto metodi di analisi. I dodici metodi sono: occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, mente, forma, odore, suono, gusto, sensazione e ragionamento. I diciotto metodi sono i dodici precedenti, più le sei percezioni: visiva, auditiva, olfattiva, gustativa, tattile e mentale.
Vi sono quattro generi di prajñā-pāramitā, e precisamente: la sofferenza, la causa della sofferenza, la distruzione della sofferenza, e il Nobile Ottuplice Sentiero.[4] Vi sono sei azioni del Bodhisattva, chiamate sei pāramitā: il donare, la pura osservanza dei precetti, la pazienza, il vigore, la contemplazione, e la prajñā.
Nella prajñā-pāramitā vi sono tre generi di comprensione mondana: passato, presente e futuro.[5] Vi sono poi sei generi di comprensione fisica e spirituale basati su: terra, acqua, fuoco, vento, aria e mente. Vi sono infine quattro comprensioni delle azioni della vita quotidiana, che sono: andare, sostare, sedere e giacere.[6] Ogni e ciascuna prajñā-pāramitā è realizzata nell’eterno presente, cioè, è suprema e perfetta illuminazione.
Tra i discepoli di Śākyamuni vi era un monaco costantemente assorbito dalla questione della prajñā. Egli, segretamente, tra sé pensava: “Rispetto la profonda prajñā-pāramitā. I suoi meriti vengono espressi dai cinque aspetti del dharmakāya[7] e cioé: i precetti, la contemplazione, la saggezza, il non-attaccamento e la comprensione intellettuale basata sul non-attaccamento. Vi è l’addestramento Hīnayāna dei quattro stadi: srotāpanna o abbandono di ogni falsa opinione; sakrdāgāmin o lo stadio in cui si nascerà ancora una volta sola prima del nirvāna; anāgāmin, o lo stadio del non-ritorno in questo mondo; e infine śrāvaka, o lo stadio del risveglio grazie all’ascolto del vero Insegnamento del Buddha. Conosco il pratyeka-buddhāyana o veicolo dell’illuminazione individuale, e anche il veicolo del Bodhisattva, nonché la suprema illuminazione, i Tre Tesori,[8] il volgere della ruota della Legge[9] e il voto di salvare tutti gli esseri senzienti.”
Śākyamuni comprese ciò che il monaco stava segretamente pensando e disse: “Ciò che pensi è esatto. Tuttavia, la profonda prajñā-pāramitā non potrà mai essere penetrata né analizzata dal nostro intelletto.” Il monaco aveva rispetto per tutte le varie forme dei fenomeni, specie per la prajñā che rivela il mondo di vita e morte. Quando rispettiamo sinceramente la prajñā, essa si manifesta. Questo è ciò che chiamiamo precetti, sāmadhi e penetrazione intuitiva, nonché il voto di salvare tutti gli esseri senzienti. In altre parole, essa è chiamata ‘mu’, il nulla. Sorge in conformità a quanto sopra. È chiamata prajñā-pāramitā, estremamente profonda, sottile e al di là di ogni misura.
Un giorno Indra chiese a Subhūti:[10] “O virtuoso! Come deve accostarsi alla profonda prajñā-pāramitā, volendola studiare, un Bodhisattva o Mahāsattva?” Subhūti disse: “O Indra! Se il Bodhisattva o Mahāsattva desidera istruirsi sulla prajñā-pāramitā, deve apprendere la vacuità. Apprendere la prajñā è apprendere la vacuità, e apprendere la vacuità è apprendere la prajñā.” Indra disse allora al Buddha: “O Universalmente Venerato! Come possono i devoti discepoli, uomini e donne, preservare correttamente la profonda prajñā-pāramitā che essi hanno ricevuto, e proclamarla ad altri? Abbi compassione di noi e mostraci il giusto modo.” Ma Subhūti rispose al posto del Buddha: “O Indra! È mai possibile proteggere completamente il Dharma?” Indra disse: “No, Virtuoso, non è possibile. Non vedo alcun modo sicuro per proteggerlo.” Subhūti allora disse: “O Indra! Se devoti discepoli, uomini e donne, seguono l’insegnamento, la prajñā-pāramitā proteggerà il Dharma e mai cesserà di farlo. Dovremmo sapere che tutti gli uomini e gli esseri senzienti ricercano il mezzo della prajñā-pāramitā e se pensi di perderlo proprio mentre cominci a cercarlo, non lo conseguirai mai. O Indra, se vuoi preservare il Dharma, devi seguire l’insegnamento. Non c’è differenza alcuna tra la prajñā-pāramitā, il Bodhisattva e la vacuità.”
Dobbiamo comprendere che ricevere, leggere e salmodiare i sūtra, assieme alla conoscenza razionale, protegge e preserva la prajñā. Proteggere il Dharma è ricevere, leggere e salmodiare i sūtra.
Il mio defunto Maestro, una volta disse: “L’intero corpo è la bocca sospesa nell’aria. Non ha importanza da quale direzione soffia il vento – nord, sud, est oppure ovest – la campana a vento sempre produce il suono della prajñā: ...Chin Ten Ton Ryan Chin Ten Ton[11] ....”
Questo è il suono della prajñā, nella trasmissione da una generazione all’altra di Buddha e Patriarchi, nell’intero corpo proprio e altrui, nel nord, nel sud, nell’est e nell’ovest.
Il Buddha Śākyamuni un giorno così disse a Subhūti: “Tutti gli esseri senzienti dovrebbero rispettare e venerare la prajñā-pāramitā così come ha fatto il Buddha. Ogni volta che esamini la prajñā-pāramitā, devi considerarla come atto di venerazione nei confronti del Buddha. Perché? Perché essa non differisce dal Buddha, e viceversa. La prajñā-pāramitā è il Buddha, e il Buddha è la prajñā-pāramitā. O Subhūti, non è forse vero che l’illuminazione del Tathāgata[12] proviene dalla prajñā-pāramitā? Inoltre, i Bodhisattva, i mahāsattva,[13] i pratyekabuddha,[14] gli arhat[15] e chi abbia raggiunto gli stadi di anāgāmin, sakrdāgāmin e srotāpanna, tutti essi provengono dalla prajñā-pāramitā. Le dieci buone azioni,[16] i quattro generi di meditazione,[17] le quattro specie di meditazione sulla vacuità,[18] e i cinque poteri miracolosi degli dèi,[19] derivano anch’essi dalla prajñā-pāramitā.”[20]
Dunque, tutti i Buddha non sono altro che la prajñā-pāramitā. Essa è l’intero Dharma del Buddha, e questo Dharma è la forma della vacuità: nessuna creazione, nessuna distruzione, nulla di puro o impuro, né il crescere né il decrescere. La manifestazione della prajñā-pāramitā è la manifestazione di un Buddha. Se cercate la verità, imparerete che onorare la prajñā-pāramitā è incontrare il Buddha, e non potete affermare di aver veramente incontrato il Buddha se non lo servite.
Questo fu trasmesso ai monaci nel Kannondōriin, durante l’addestramento estivo del 1233.
Trascritto da Ejō nell’alloggio del discepolo principale, il 21 marzo 1244, nel Kippōji, nella prefettura di Fukui.
[1] Avālokiteśvara, il Bodhisattva della compassione.
[2] Il perfezionamento della prajñā. La prajñā è la conoscenza intuitiva profonda, trascendente; è la forma più alta e completa di conoscenza, e non ha nulla a che vedere con la conoscenza concettuale.
[3] I cinque skanda o aggregati sono: rūpa (il corpo-forma), vedanā (la sensazione), samjñā (la percezione, la nozione), samskarā (le impressioni risultanti, gli elementi della coscienza, lett. “I formati e i formanti”), e vijñāna (la coscienza individuale, la conoscenza discriminante).
[4] Il Nobile Ottuplice Sentiero: retta visione, retta intenzione/pensiero, retta parola, retta azione, retto sostentamento, retto sforzo, retta attenzione, retta concentrazione/condizione di equilibrio. Il Nobile Ottuplice Sentiero lo si può considerare composto di tre parti: 1) retta parola, retta azione, retto modo di sostentamento, a formare la parte “Disciplina, mantenimento dei precetti”; 2) retta attenzione, retto equilibrio (concentrazione), a formare la parte “Purificazione, zazen”; 3) retta visione, retta intenzione, retto sforzo, a formare la parte “Controllo, saggezza”.
[5] I tre tempi o i tre mondi.
[6] Le quattro forme di comportamento.
[7] Dharma-kāya, il corpo della Legge, o corpo della realtà ultima, priva di forma e onnipervadente. La natura assoluta della mente-di-Buddha. È uno dei tre corpi di un Buddha, assieme al sambhoga-kāya, il corpo di ricompensa, ovvero la manifestazione sottile risultante dalla prassi, e al nirmāna-kāya, il corpo manifestato per il bene degli esseri senzienti.
[8] Buddha, Dharma e Samgha.
[9] Cioè, la predicazione del Dharma del Buddha.
[10] Uno dei dieci discepoli principali del Buddha. Si dice che egli avesse la migliore comprensione di śūnyatā, la vacuità.
[11] Queste parole cinesi rappresentano il suono di una campanella a vento.
[12] Lett. “Così arrivato”.
[13] Lett. “Grande essenza”, è un appellativo riservato ai Bodhisattva.
[14] Lett. “Buddha solitari”. Coloro che trovano la Via da sé e non insegnano.
[15] Arhat, lett. “Colui che ha valore”. Nel Buddhismo Hīnayāna, si dice che lo śrāvaka (uditore della voce) passi attraverso quattro stadi. Il primo stadio è srotāpanna (l'entrata nella corrente), il secondo è sakrdāgāmin (chi è soggetto a tornare una volta sola), il terzo è anāgāmin (chi non è soggetto al ritorno), e il quarto ed ultimo è arhat.
[16] Le dieci buone azioni sono: astenersi dall’uccidere, dal rubare, dal commettere adulterio, dal mentire, dall’utilizzare un linguaggio immorale, dal calunniare, dall’insultare gli altri, dal desiderare, dall’abbandonarsi all’ira e dall’avere false opinioni.
[17] I quattro generi di meditazione sono quelli che purificano e che chiarificano la mente e che conducono alla rinascita nei paradisi del dhyāna.
[18] Sono il samādhi dell’illimitata vacuità, dell’illimitata coscienza, della vacuità al di là della coscienza, e della pura non-concettuale vacuità.
[19] Sono: occhi e orecchie miracolosi, la chiaroveggenza, il ricordo delle proprie esistenze passate e la totale libertà dell’azione.
[20] Per un approfondimento di quanto qui espresso, vedi il Śūramgama Sūtra