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SHIME
I Quattro Cavalli
Questo breve capitolo è incentrato sulla famosa storia dei quattro tipi di cavallo e, attraverso questa similitudine, il Maestro Dōgen non fa altro che indicarci le varie tipologie legate al carattere-personalità e quindi alla capacità intuitiva di ogni allievo.
Un uomo si avvicinò un giorno a Śākyamuni e gli chiese: “Che cosa vuol dire ‘domandare usando le parole’ e ‘domandare senza parole’?” Śākyamuni restò in silenzio. Dopo qualche momento, il visitatore si prostrò davanti al Buddha e disse: “Grazie al tuo grande e compassionevole insegnamento, ora sono libero da ogni illusione e vedo chiaramente la Via del Buddha davanti a me.” Prostratosi nuovamente davanti a Śākyamuni, si alzò e se ne andò. Una volta che quest’uomo si fu allontanato, il Venerabile Ānanda chiese al Buddha: “Che cosa ha permesso a quell’uomo di percepire la Via e renderti omaggio?” Śākyamuni rispose: “Un buon cavallo incomincia a galoppare quando vede anche solo l’ombra del frustino.”
Dall’epoca in cui Bodhidharma arrivò in Cina, molti maestri hanno usato questa analogia per condurre gli studenti alla Via. Alcuni impiegano molto a percepire la Via, altri hanno velocemente accesso all’illuminazione. Questo episodio è conosciuto come “Il dialogo tra il profano e il Buddha.” È noto che Śākyamuni proclamò la Via utilizzando sia il silenzio sia le parole. Coloro i quali sanno sfruttare entrambi i modi per realizzare l’illuminazione sono simili ad un buon cavallo che inizia a galoppare vedendo l’ombra del frustino, così come sono simili ad un buon cavallo coloro che realizzano il risveglio senza bisogno di alcun insegnamento.
Il Patriarca Nāgārjuna[1] disse: “Coloro che si risvegliano alla Via dopo aver sentito proclamare la Legge, si possono paragonare ad un buon cavallo che prende la giusta strada solo vedendo l’ombra del frustino del cavaliere. Un buon maestro è in grado di far trovare la Via del Buddha anche a coloro che sono profondamente impegolati in opinioni errate. Quando ci addestriamo sotto un buon maestro o incontriamo un risvegliato, qualsiasi cosa è l’ombra del frustino che ci conduce alla Via. Alcuni vedono subito l’ombra, mentre altri debbono attendere per tre, o addirittura innumerevoli kalpa. Alla fine, comunque, tutti trovano la vera Via.”
Il Samyuta Āgama Sūtra[2] racconta: “Il Buddha disse ai monaci riuniti: ‘Vi sono quattro specie di cavalli. Il primo è un cavallo che, senza timore, obbedisce al suo cavaliere semplicemente vedendo l’ombra del frustino, il secondo fa altrettanto solo quando lo scudiscio tocca la criniera, il terzo quando sferza la carne, il quarto solo quando il colpo giunge fin nelle ossa. Il primo cavallo è come chi diviene consapevole dell’impermanenza nel momento in cui apprende che è morto qualcuno nel villaggio vicino; il secondo è come un uomo che risveglia questa consapevolezza quando il decesso si verifica nel suo medesimo villaggio; il terzo è come chi non se ne accorge finché un lutto non colpisce la sua stessa famiglia, il quarto è come colui che ne diventa consapevole solo quando la sua stessa morte è imminente’.”
Questo racconto è noto come “I quattro cavalli dell’Āgama Sūtra.” Gli studenti della Via dovrebbero studiarlo a fondo perché sono le parole dei veri maestri, dei Patriarchi. Non possiamo considerarci guide spirituali degli uomini se non abbiamo chiarito questo insegnamento. Coloro che hanno accumulato molto merito inevitabilmente si imbatteranno in questa allegoria, mentre chi è lontano dal Dharma del Buddha non riuscirà mai a leggerla o udirla. I maestri Zen dovrebbero spiegare al più presto queste parole ai loro allievi e questi dovrebbero farne oggetto di studio.
Il Buddha ha utilizzato una parola per descrivere coloro che diventano consapevoli dell’impermanenza ed ognuno la interpreta sulla base del proprio individuale livello di comprensione. Ascoltando questa parola vi è chi si impaurisce, chi si rallegra, alcuni che non la apprezzano, altri ancora che sono liberati da ogni dubbio sull’impermanenza.
Il Mahā Parinirvāna Sūtra narra: “Il Buddha disse una volta: ‘Vi sono quattro modi per guidare un cavallo: percuotere la sua criniera, oppure la pelle, la carne o le ossa. Il cavallo comprende le intenzioni del cavaliere in base al colpo. Analogamente, il Buddha usa quattro espedienti per guidare sulla Via gli esseri senzienti. Il primo consiste nell’esporre la legge della nascita, e ciò equivale al cavallo che prende il giusto sentiero quando viene toccato sulla criniera. Il secondo modo consiste nello spiegare anche la legge della vecchiaia, e questo corrisponde al cavallo che obbedisce quando viene colpito sulla pelle. Nel terzo caso si aggiunge la legge della malattia, il che equivale a battere il cavallo nella carne. Il quarto include nella spiegazione anche la morte, ed è come percuotere le ossa del cavallo’. Un cavaliere, tuttavia, non sempre riesce a condurre il cavallo sul sentiero prescelto, mentre Śākyamuni non sbaglia mai nel condurre gli esseri senzienti alla Via. É per questo che è chiamato: ‘La grande guida degli uomini’.”
Questo insegnamento è conosciuto come “I quattro cavalli del Māhā Parinirvāna Sūtra.” Tutti coloro che si addestrano nella Via li studiano, e i Buddha non trascurano mai di trasmetterli. Quando gli studenti della Via li incontrano, il che è inevitabile, dovrebbero assicurarsi di averli compresi a fondo. Questa allegoria è sempre stata utilizzata dai Buddha per condurre gli esseri senzienti alla Via. Quando qualcuno consegue la Bodhi, dovrebbe proclamare questi quattro cavalli per la salvezza di tutti i Bodhisattva, degli śrāvaka, degli esseri umani e celestiali, come decise di fare quando risvegliò la mente che cerca il Buddha. Per questo motivo i Tre Tesori sono eterni e gli insegnamenti dei Buddha e dei Bodhisattva sono così diversi tra loro.
Ora sappiamo che esistono quattro modi per guidare un cavallo: percuoterne la criniera, la pelle, la carne e le ossa. Questi metodi sono stati spiegati in dettaglio, ma non ci è stato detto quale strumento venga utilizzato. I maestri della corretta trasmissione, tuttavia, ritengono si tratti di un frustino; in ogni caso, questo non è l’unico mezzo. Situazioni diverse richiedono strumenti diversi. Per esempio, il cavallo-drago e il cavallo-mille-ri[3] non si possono guidare col frustino. Il primo è alto circa due metri e mezzo, mentre il secondo ha fama di percorrere mille ri al giorno, sudando sangue per i primi cinquecento ri prima di rinfrescarsi e avere così un’andatura veloce e sciolta. Questo cavallo non esiste in Cina.[4] Pochissimi esseri umani sono riusciti a domare questi due cavalli e non ho mai letto, né sentito, che ciò sia stato fatto con un frustino. Gli antichi maestri, tuttavia, hanno affermato che per guidare un cavallo è necessario il frustino e che sarebbe inutile cercare di farlo senza. Come già detto, vi sono quattro modi specifici per guidare un cavallo: percuoterne la criniera, la pelle, la carne o le ossa. È ovvio che per far questo è necessario un frustino. Il fatto che il frustino non sia esplicitamente citato è di scarsa importanza; questo tipo di omissioni sono frequenti nei sūtra. Come ho ricordato, Śākyamuni, la grande guida degli uomini, non ha mai sbagliato nel condurre gli esseri senzienti alla Via.
Le persone più ricettive comprendono la Via semplicemente udendo l’insegnamento della legge della nascita, mentre altri sono in grado di farlo soltanto quando gli si spiega anche la legge della vecchiaia; per altri ancora è necessario aggiungere, uno dopo l’altro, gli insegnamenti relativi a malattia e morte. Così come gli ultimi tre metodi per guidare un cavallo si utilizzano solo dopo aver provato il primo, così gli ultimi tre insegnamenti di Śākyamuni, vecchia, malattia e morte, esistono in conseguenza del verificarsi del primo: la nascita.
È stato lo stesso Buddha Śākyamuni a proclamare per primo la legge di nascita, vecchiaia, malattia e morte. Non lo fece per separarle dall’esperienza umana e nemmeno per fissarle come parametro della Via; piuttosto, le utilizzò come mezzo per condurre gli esseri senzienti alla Via, un compito nel quale non ha mai fallito. Di qui il suo titolo: “La grande guida degli uomini.”
Annotato e trascritto da Ejō nell’estate del 1255.
[1] Nāgārjuna era il quattordicesimo Patriarca in India. Fu il successore del Maestro Kapimala e insegnò al Maestro Kānadeva. Visse tra il 150 e il 250 d.C.
[2] Uno dei quattro Āgama. Si tratta di traduzioni cinesi dei Sūtra raccolti dalla scuola Hīnayāna degli Sarvāstivādin. Non differiscono molto dai testi del Sutta Pitaka (il Canestro dei Sūtra) contenuti nel Canone Theravāda.
[3] Un ri equivale a circa 3,75 km.
[4] Si riferisce al fatto che un generale cinese di nome Chang Ch’ien si recò, nel 138 a.C., nell’attuale Uzbekistan per comperare dei cavalli che si diceva corressero così forte da sudare sangue. Il generale verificò che il loro sanguinare era dovuto alla presenza di parassiti della pelle.