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ANGO
Il Periodo di Addestramento
In India, i circa tre mesi della stagione monsonica erano utilizzati per l’addestramento intensivo allo zazen. Questo capitolo è interamente dedicato dapprima all’elogio di questa tradizione che lo stesso Maestro Dōgen aveva sperimentato in Cina, e poi ad una precisa descrizione delle regole e dei tanti aspetti formali relativi ad alcuni momenti del grande ritiro estivo di novanta giorni.
Una volta, durante il periodo di addestramento estivo, il mio defunto Maestro Tendō, un vecchio Buddha, disse: “In questo momento voi monaci state sviluppando la struttura della vera e corretta prassi, e state scavando una caverna nella vacuità universale. Completate questi due aspetti e otterrete un secchio di lacca nera.” Dunque, se facciamo l’esperienza dell’intima essenza del periodo di addestramento, siamo in grado di progredire e tutte le nostre azioni quali prendere cibo, spostare i piedi, e dormire, diverranno per tutta la nostra vita aspetti dell’addestramento. Comprendendo ciò saremo scrupolosi e non ci rilasseremo neppure per un istante. Agire in tale modo è il ritiro di novanta giorni. Questo è il punto chiave e il volto originario dei Buddha e dei Patriarchi; qui tocchiamo la loro pelle, carne, ossa e midollo.
I giorni e i mesi che compongono un ritiro estivo di novanta giorni recano in sé la visione illuminata e l’essenza dei Buddha e dei Patriarchi. Coloro che partecipano anche ad una sola sessione del ritiro estivo sono riconosciuti come Buddha e Patriarchi. Sia l’inizio, sia alla fine del ritiro sono Buddha e Patriarchi. Nulla esiste al di fuori di questo, né grande, né piccolo. Il periodo di addestramento estivo non è né nuovo né vecchio, né viene né va in alcun luogo. Il suo valore è quello di un pugno e la sua forma è torcere il naso.[1] Quando iniziamo un ritiro estivo, l’intero Universo è pervaso da questo ritiro e nient’altro, e quando lo terminiamo, la grande terra è stata capovolta. Dunque, quando il periodo di addestramento estivo inizia, si manifesta la realizzazione del risveglio e quando è finito tutti gli ostacoli sono rimossi; è lo stesso dall’inizio alla fine. Eppure, vi sono persone a cui questa prassi è familiare e che sviluppano un attaccamento per l’inizio e per la fine del periodo di addestramento. Ricordate che non si trovano erbacce, fin dall’origine. Non limitatevi ad un ritiro estivo di novanta giorni.
Il Sacerdote Shishin Ōryū[2] disse: “Il mio pellegrinare per trent’anni assomiglia ad un periodo di addestramento di novanta giorni, giorno più, giorno meno.” Questo è per dire che la comprensione intuitiva conseguita dopo trent’anni di prassi può essere condensata in un ritiro estivo di novanta giorni. E anche se aggiungiamo o togliamo un giorno, novanta giorni sono sufficienti e completi. Non cercate di evitare questi novanta giorni; concentratevi semplicemente su questi novanta giorni come novanta giorni. I novanta giorni di un periodo di addestramento estivo sono lo strumento della prassi. Esso è nato ben prima dei Buddha e dei Patriarchi, e da questi è stato correttamente trasmesso fino ad oggi.
Perciò partecipare ad un ritiro estivo è incontrare e vedere tutti i Buddha e i Patriarchi. La quantità di tempo in un singolo ritiro estivo è immensa, maggiore di uno, dieci o perfino cento kalpa[3] illimitati. Il tempo opera all’interno del tempo illimitato. Anche il ritiro estivo di novanta giorni opera all’interno del tempo illimitato. Perciò, chi si addestra in questo periodo e vede il Buddha, sicuramente va al di là del tempo illimitato. Per questo dobbiamo sapere che un periodo di addestramento di novanta giorni è l’assoluta visione illuminata e niente altro, e tale è esattamente il corpo e mente di colui che così si addestra. Dobbiamo sia utilizzare sia trascendere la vitalità e libertà proprie del ritiro estivo. Esso non sopravviene, né si svolge in qualche altro luogo, o momento. Se ne cercate la ragione o il fondamento, non troverete altro che novanta giorni. La gente comune e i saggi vivono al suo interno; è la radice della loro vita. Eppure esso va ben al di là dei condizionamenti mondani cui sottostanno sia i saggi sia la gente comune e non può essere penetrato né mediante il pensiero ordinario, né col non-pensiero, né è limitato alla condizione al di là di pensiero e non-pensiero.
L’Universalmente Venerato, nel proclamare il Dharma per tutti gli esseri senzienti, nel Magadha,[4] decise di istituire il ritiro estivo e così disse ad Ānanda: “Io proclamo ininterrottamente il Dharma per gli uomini, per gli dèi, per gli allievi più stretti e per tutti gli esseri senzienti, ma essi non lo tengono nella dovuta considerazione. Istituirò così la prassi del trascorrere i novanta giorni estivi meditando nella propria stanza. E se qualcuno vuole porre una domanda sul Dharma, si risponda al posto mio dicendo: ‘Tutte le cose non sono né prodotte, né distrutte’.” Detto questo, rientrò nella stanza e sedette in zazen.
Da allora sono trascorsi 2194 anni.[5] Tutti quei discendenti del Buddha che non hanno approfondito l’intima essenza di questo ultimo episodio, ritengono che il periodo di addestramento nella propria stanza sia un “Proclamare senza parole.” Anche oggi spesso questo tema viene frainteso e si pensa che il Buddha abbia istituito un periodo di addestramento speciale per evidenziare l’inadeguatezza delle parole nello spiegare il Dharma. In altri termini, le parole non sarebbero altro che mezzi abili. Si sostiene, anche, che la verità ultima non possa essere esposta a parole e che essa si manifesti solo quando sia cessato il lavorìo della mente. Per questo, “Nessuna parola, nessun pensiero” è la via verso la verità ultima. Parole e pensiero sono fuorvianti. Si dovrebbe perciò trascorrere il periodo di addestramento estivo completamente separati dagli altri.
Tale interpretazione non coglie affatto il vero intento del Buddha Śākyamuni. Vale a dire, se “Le parole non possono descrivere la verità”, e la verità stessa “Si manifesta solo quando la mente è stata arrestata”, allora anche le attività sociali ed economiche non possono essere spiegate a parole e appaiono solo dopo che la mente ha interrotto il suo lavorio. In realtà, “Al di là delle parole” include in sé tutte le parole, e “La mente cessa il suo lavorio” comprende ogni lavorio della mente. Inoltre, questo episodio che ha come protagonista il Buddha, non accenna minimamente ad una qualche proclamazione senza parole. Śākyamuni entrò nell’acqua sporca[6] e con il suo intero corpo proclamò la Legge, più e più volte, a tutti. Il suo unico intento era di far girare la ruota della Legge. Vorrei ora chiedere a questi discendenti che sostengono che il ritiro estivo di novanta giorni sia una proclamazione senza parole: “Fatemi vedere, per favore, questo ritiro estivo.”
Il Buddha Śākyamuni disse ad Ānanda: “Rispondete al mio posto dicendo: ‘Tutte le cose non sono né prodotte, né distrutte’.” L’intenzione del Buddha non deve essere presa alla leggera. Perché si sostiene che il periodo di addestramento estivo è una proclamazione senza parole? Mettiamoci per un momento nei panni di Ānanda, e chiediamoci quale sia l’essenza di “Tutte le cose non sono né prodotte, né distrutte”, e come dovremmo spiegarlo. È questo il modo in cui dovremmo ascoltare le parole di Śākyamuni. Qui, l’interesse del Buddha è incentrato sulla verità ultima e assoluta del far girare la ruota della Legge, più che sulla proclamazione senza parole. Considerare questo suo scopo come una proclamazione senza parole sarebbe una cosa meschina e inutile, equivalente alla spada lunga tre piedi di Ryūsen,[7] o a un’antica e costosa scultura. Per questo, dunque, il ritiro estivo di novanta giorni è l’eterno girare e proclamare la Legge degli antichi Buddha e Patriarchi.
“Decise allora di istituire il ritiro estivo.” Non possiamo evitare questi novanta giorni di addestramento estivo; chi lo fa è un profano. Il Buddha Śākyamuni trascorreva il suo ritiro estivo di novanta giorni nel paradiso delle trentatré divinità, o in un posto tranquillo sul Picco dell’Avvoltoio, con cinquecento monaci. In qualunque delle cinque regioni dell’India si trovasse, Egli sempre osservò il ritiro di novanta giorni nel periodo prescritto. Anche i Buddha e i Patriarchi dei giorni nostri, vi si applicano considerandolo il loro compito più importante. Questa è la suprema Via della prassi e illuminazione. Il Brama Jāla Sūtra[8] cita un periodo di addestramento invernale che, in realtà, non è mai stato istituito. Soltanto questo ritiro estivo di novanta giorni è stato tramandato, e questo è stato correttamente trasmesso fino al cinquantunesimo Patriarca.
Nello Shingi,[9] è scritto: “I monaci erranti che intendano partecipare ad un ritiro estivo devono fermarsi nel monastero prescelto una quindicina di giorni prima dell’inizio del periodo di addestramento. È molto importante che i responsabili del monastero valutino il comportamento del postulante nel momento in cui gli offrono il tè e lo autorizzano a fermarsi durante la notte.”
“Una quindicina di giorni prima” significa alla fine di marzo; bisogna dunque entrare nel monastero nel corso di questo mese. Dopo il 1° di aprile i monaci non possono più uscire e i cancelli sono chiusi per chiunque chieda di entrare. Entro tale data tutti i monaci dovrebbero aver scelto un monastero per l’addestramento. Avviene, talvolta, che un monaco trascorra il periodo di addestramento nella casa di un laico; questo è stato fatto dai Buddha e dai Patriarchi ed è perciò ammissibile che se ne segua l’esempio. Quindi, i monaci diligenti saranno capaci di scegliere un monastero adatto, o un altro luogo, per il loro addestramento. Certe persone affermano in mala fede: “Il punto di vista Mahāyāna è l’essenza del Dharma del Buddha e il ritiro estivo è solo una prassi e usanza degli śrāvaka.[10] Perciò non è necessario parteciparvi.” Coloro che la pensano così non hanno mai visto, né udito il Dharma del Buddha. La suprema e perfetta illuminazione non è altro che il ritiro estivo di novanta giorni, e le finalità ultime tanto del Mahāyāna che dell’Hīnayāna, non sono altro che i rami, le foglie, i fiori e i frutti del ritiro di novanta giorni.
La sessione di addestramento ha inizio dopo il pasto mattutino del 3 aprile. Il monaco incaricato di dirigere il ritiro deve preparare, entro il 1° aprile, una tabella contenente il nome e il rango di tutti i monaci. Terminato il pasto mattutino del 3 aprile, la tabella viene affissa nell’alloggiamento dei monaci, a sinistra della finestra, sul lato opposto dell’ingresso. Tutte le finestre devono essere munite di grate. La tabella rimane esposta da quel momento fino al 5 aprile, giorno in cui viene tolta, dopo il rintocco della campana hossu.[11] La tabella deve rimanere appesa dal 3 al 5 aprile, ed essere appesa e tolta nel medesimo momento della giornata. I nomi sono scritti sulla tabella secondo un ordine particolare. La loro posizione non dipende dall’eventuale carica di Chiji o di Chosu, [12] ma dipende solo dall’anzianità di ordinazione dei monaci. Se un monaco ha fatto una certa esperienza in qualità di Chiji o di Chosu, bisognerebbe scriverne la qualifica dopo il nome; ciò vale anche per il titolo di Seidō, che spetta a chi sia stato sacerdote responsabile di qualche tempio. Tuttavia, se questo tempio è molto piccolo e non è conosciuto dagli altri monaci, è d’uso non trascrivere Seidō dopo il nome. Inoltre, il nome di coloro che si stanno addestrando sotto il proprio maestro, non dovrebbe essere seguito da alcun titolo, anche se qualcuno è stato Seidō in un altro luogo. Talvolta, al nome di alcuni monaci segue il titolo di Jōza.[13]
I monaci responsabili del vestiario e dell’incenso dovrebbero assistere il maestro; questa è un’usanza antica e consolidata. Tutti gli altri monaci che hanno qualche responsabilità devono, inoltre, seguire sempre le istruzioni del maestro. Allievi di altri maestri, o monaci in possesso di qualche esperienza amministrativa, che giungono al monastero per unirsi alla sessione di addestramento, dovrebbero essere destinati a qualche incarico; questa è la prassi corretta. Non è di certo opportuno sottolineare di aver esercitato le funzioni di sacerdote in un piccolo tempio; ciò per non attirarsi la derisione degli altri monaci. Un buon monaco non ne farà cenno.
Le tabelle che ebbi modo di vedere in Cina erano siffatte:
Paese ... Provincia di ... monte ... Tempio di ...
I preparativi per il ritiro estivo di quest’anno sono stati ultimati. La lista dei monaci è la seguente:
Il Venerabile Ājñatā-Kaundinya[14]
L’Abate ...
Monaci che hanno preso i precetti nell’estate dell’anno ...
...jōza ...zōsu
...jōza ...jōza
Monaci che hanno preso i precetti nell’inverno dell’anno ...
...seidō ...ino
...shuso ...shika
...jōza ...yusu
Monaci che hanno preso i precetti nell’estate dell’anno ...
...shussui ...jisha
...shuso ...shuso
...keishu ...jōza
...tenzo ...dōshu
Monaci che hanno preso i precetti nell’estate dell’anno ...
... shoki ...jōza
... seidō ...shuso
... jōza ...jōza
Questa tabella è stata scritta con cura e rispetto; se contiene qualche errore, per favore informatemi.
3 aprile dell’anno ...
Scritto dal monaco ...
Questa tabella dovrebbe essere scritta su carta bianca, in stampatello, non in caratteri corsivi o in stile irregolare. La corda usata per appenderla è spessa circa come due chicchi di riso; la tabella, corredata di questa corda, potrà essere appesa come una tendina di paglia. Dopo il rintocco della campana che annuncia la conclusione delle cerimonie di apertura, il 5 di aprile, la tabella deve essere tolta e ritirata.
Il giorno della nascita del Buddha, l’8 di aprile[15] è ricordato con una cerimonia. Il 13 di aprile, dopo il pasto di mezzogiorno, tutti i monaci ritornano nei loro alloggi e viene servito un piccolo dessert. Si cantano poi cantati alcuni sūtra per l’acquisizione di meriti. I monaci assistenti devono approntare l’incenso e l’acqua calda. Le loro stanze dovrebbero essere ubicate nella parte centrale del monastero, mentre l’alloggio dell’istruttore anziano si troverà a destra della statua di Mañjuśrī. L’incenso deve essere preparato soltanto dai monaci assistenti e non dai responsabili di altri servizi. Il responsabile degli affari generali dovrebbe preparare in anticipo il cartello che annuncia il ritiro e appenderlo sulla metà superiore del muro orientale, cioè di fronte all’ingresso del monastero che sta sul lato occidentale, dopo il pasto mattutino del 15 di aprile.
È scritto nello Zenen Shingi: “Il responsabile degli affari generali deve preparare, per tempo, il cartello di avviso e ornarlo con fiori e incenso. Il 14 di aprile, dopo il pasto di mezzogiorno, davanti ad ogni edificio del monastero deve essere appesa una tabella contenente i nomi dei dieci Buddha. La sera stessa, davanti a questa tabella, nel Dōjidō,[16] i responsabili del monastero dovrebbero offrire fiori e incenso. Tutti i monaci devono lì riunirsi per salmodiare i nomi dei dieci Buddha,[17] secondo la modalità che segue. Dopo che i monaci si sono radunati, il sacerdote anziano offre dell’incenso. Quindi i diversi responsabili e addetti recano le loro offerte, come si usa fare nella cerimonia che ricorda la nascita del Buddha. In seguito, il responsabile degli affari generali si alza dal seggio, va davanti all’edificio, si inchina al sacerdote anziano ed entra nel Dōjidō. Egli poi, rivolto verso nord, salmodia i seguenti versi:
“Impercettibile, il vento d’autunno soffia dolcemente sui campi, e il Dio del Fuoco[18] domina tutte le direzioni. Il Re del Dharma non può andarsene. Questo è il giorno natale di Śākyamuni. Tutti i monaci si sono radunati qui e venerano gli spiriti degli dèi cantando i nomi dei Buddha che possiedono merito incommensurabile. Che il potere degli dèi che proteggono questo monastero e tutti i suoi edifici si trasferisca in noi. Chiediamo protezione per tutta la durata di questo ritiro e che esso giunga serenamente a conclusione. Salmodiamo insieme i nomi dei Buddha, con rispetto e venerazione:
Il puro, incontaminato corpo-di-Dharma, Buddha Vairocana.[19]
Il perfetto, integro corpo-di-beatitudine, Buddha Vairocana.
L’illimitato corpo-di-trasformazione, Buddha Śākyamuni.
Colui che verrà, Buddha Maitreya.
Tutti i Buddha delle dieci direzioni e dei tre mondi.
Il grande Venerabile Bodhisattva Mañjuśrī.
Il grande Venerabile Bodhisattva Samantabhadra.
Il Compassionevole Bodhisattva Avālokiteśvara.
Tutti i Venerabili Bodhisattva e Mahāsattva.
La Mahā-prajñā-parāmitā.[20]”
La virtù acquisita col salmodiare i nomi dei dieci Buddha protegge la vera Legge ed elargisce il trasferimento di meriti degli dèi della terra. Noi li imploriamo di voler spartire con noi il loro potere spirituale e di concedere che le nostre azioni rechino frutto, che la nostra gioia sia pura, che la nostra beatitudine eterna e disinteressata. Recitiamo di nuovo:
“Sia lode a tutti i Buddha delle dieci direzioni e dei tre mondi, a tutti i Venerabili Bodhisattva e Mahāsattva, nonché alla grande Perfezione di Saggezza.”
Viene poi suonato il grande tamburo, e i monaci tornano a sedere nella sala, mentre si offre del tè al Buddha. La preparazione e lo svolgimento di questa funzione sono responsabilità del segretario generale. I monaci devono entrare nella sala compiendo un giro attorno ad essa, in fila uno dietro all’altro, per poi prendere posto rivolti al centro. Questa parte della funzione è condotta da uno dei Chiji; questi si occuperà anche dell’incenso. È scritto nello Shingi: “Di norma le funzioni dovrebbero essere officiate dal direttore del monastero, tuttavia il segretario generale lo può fare, al suo posto, qualora necessario.”
Nello stesso giorno si svolge un’altra cerimonia per la quale viene predisposto e portato al discepolo principale uno speciale avviso. Il responsabile che porta tale avviso al discepolo principale, deve indossare un kesa e recare con sé uno zagu.[21] Prima che venga consegnato l’avviso, egli esegue una serie di prostrazioni sokurei e ryoten,[22] che verranno ricambiate dal discepolo principale, nello stesso numero. Questi poi prende l’avviso e lo pone in una cassetta con un panno sul fondo. L’assistente del discepolo principale prende quindi in consegna la cassetta, e il responsabile è congedato. Il testo dell’avviso deve essere redatto in questo stile: “Questa sera il segretario generale terrà una cerimonia del tè nel monastero. Il discepolo principale risponderà alle domande che i monaci vorranno porgerli, per dimostrare la sua capacità di succedere al maestro. Che la luce della compassione risplenda su tutti noi. Scritto il 14 aprile dell’anno... dal segretario generale, monaco ... ”
Il monaco responsabile apporrà su di esso le proprie iniziali. L’avviso, dopo essere stato mostrato al discepolo principale, deve essere affisso sulla facciata del monastero, sulla destra, da uno degli assistenti. Sul lato meridionale del cancello esterno c’è un’altra tavola per le comunicazioni; questa tavola dovrebbe essere dipinta. Lì vicino si trova una cassetta laccata[23] per contenere i documenti, appesa con un chiodo di bambù. I caratteri scritti sull’avviso non devono superare l’altezza di cinque bun.[24] Sul fronte della cassetta laccata deve esserci scritto: “Invito a tutti i monaci da parte del discepolo principale.” A questa scritta segue il sigillo del monaco. Quando la cerimonia del tè è conclusa, l’annuncio deve essere tolto.
Prima del pasto mattutino del 15 aprile, tutti i responsabili, gli addetti, i monaci anziani ed il discepolo principale, devono salutare l’Abate. Questi, se è molto indaffarato può ignorare la prescrizione di preparare una lezione formale e di comporre un gāthā.[25] In questo caso, la sera precedente egli farà apporre degli avvisi all’ingresso del suo alloggio, su entrambi i lati, nonché sulla facciata del monastero.
Il giorno quindici, una volta esposto il discorso sul Dharma, l’Abate scende dalla piattaforma dell’insegnamento e si ferma, in piedi, al centro del tempio vicino all’haishiki.[26] Allora tutti i responsabili si avvicinano ed effettuanot re prostrazioni ryoten. Nel dispiegare il loro tappetino per le prostrazioni, tutti recitano questi versi: “Abbiamo iniziato ora il periodo di addestramento, durante il quale è proibito uscire. Noi pratichiamo sotto di te come nostro maestro, per via della forza della tua Legge. Ci auguriamo sinceramente di completare il nostro addestramento senza difficoltà o inconvenienti.”
Seguono quindi un’altra prostrazione ryoten, i saluti per la nuova stagione e infine tre prostrazioni sokurei. Dopo la prostrazione ryoten, essi ripiegano il tappetino dicendo: “L’estate è cominciata, e fa sempre più caldo. Avete un ottimo aspetto, Abate, e ci pervade una profonda emozione nel pensare al significato di questo ritiro.” Eseguono quindi le tre prostrazioni sokurei e dicono: “È una grande fortuna che tutti noi, insieme, possiamo partecipare a questo ritiro. Auguriamoci che tutti i responsabili e gli addetti si aiutino l’un l’altro attraverso il potere del Dharma, e che non incontrino difficoltà alcuna.”
Tutti partecipano a questa cerimonia.
A questo punto, il discepolo principale, i responsabili, gli addetti, i monaci anziani e tutti gli altri monaci si volgono a nord e si prostrano; l’Abate è l’unico rivolto a sud. Il tappetino per le prostrazioni dell’Abate viene disteso sull’haiseki da un assistente. Il discepolo principale e gli altri monaci rivolgono quindi tre prostrazioni ryoten all’Abate, mentre i monaci anziani, gli allievi più importanti e i novizi stanno allineati, lungo il muro orientale della Sala del Dharma, e non si prostrano. Se sono già presenti dei laici, che siedono su questo lato, i monaci anziani e gli altri stanno in piedi vicino al grande tamburo o presso il muro occidentale.
Quando i monaci hanno terminato le loro prostrazioni, i responsabili rientrano nelle proprie stanze, rimanendo però in piedi; il discepolo principale e gli altri monaci ritornano ai loro posti e compiono tre prostrazioni sokurei. Contemporaneamente a ciò, i monaci anziani, gli assistenti e gli allievi più importanti rivolgono tre prostrazioni ryoten all’Abate, che ricambia le tre prostrazioni degli allievi. I monaci anziani, gli assistenti e gli altri eseguono nove prostrazioni, e i novizi nove o dodici prostrazioni che l’Abate non ricambia, limitandosi a fare gasshō.[27] Il discepolo principale si sposta poi sul lato frontale della sala, vicino ai posti riservati ai responsabili,[28] e si rivolge a sud, proprio di fronte all’assemblea. Tutti i monaci, che sono rivolti a nord, gli indirizzano tre prostrazioni sokurei. Allora il discepolo principale conduce i monaci tutto intorno alla sala, fino ai rispettivi posti.[29] In seguito, i responsabili rientrano nella sala e compiono tre prostrazioni daiten davanti all’immagine del Buddha Maitreya e tre prostrazioni sokurei davanti al discepolo principale. Tutti i monaci si prostrano di rimando. I responsabili fanno poi il giro della sala e raggiungono i loro posti, mantenendo la posizione shashu.[30] L’Abate entra, offre incenso all’immagine di Mañjuśrī, effettua tre prostrazioni daiten e rimane in piedi, lì dove si trova. In quel momento, i monaci anziani si trovano dietro la statua, in piedi, mentre gli altri monaci stanno alle loro spalle. Poi l’Abate rivolge tre prostrazioni sokurei al discepolo principale, e tutti i monaci si prostrano dopo di lui.
L’Abate percorre quindi il perimetro della sala ed esce, mentre il discepolo principale, recatosi all’ingresso meridionale, lo guarda allontanarsi. Quando l’Abate è uscito, il discepolo principale e gli altri monaci si scambiano a vicenda tre prostrazioni dicendo: “È una grande fortuna per noi condividere lo stesso periodo di addestramento; forse i nostri tre karma[31] non sono buoni, ma cerchiamo di essere compassionevoli l’uno con l’altro.”
Per queste prostrazioni si utilizza l’apposito tappetino. Il discepolo principale e i responsabili tornano poi ai rispettivi alloggi, mentre gli altri addetti e i monaci eseguono tre prostrazioni sokurei, dicendo le stesse parole. L’Abate, in seguito, ispeziona gli alloggi dei monaci ed essi lo accompagnano in questo giro finché egli giunge alla propria stanza; ognuno ritorna quindi nel proprio alloggio. Più in dettaglio, l’Abate visita in primo luogo le stanze dei responsabili porgendo loro il suo saluto; continua quindi l’ispezione seguito da questi. Essi procedono fino al corridoio orientale senza visitare l’infermeria, muovendosi da oriente ad occidente, attraverso l’ingresso principale. I monaci che si trovano attorno all’ingresso principale si uniscono poi alla processione che si muove lungo il corridoio meridionale e quindi verso occidente. A partire di qui, i diversi monaci che vivono nell’Anrō, nel Gonkyū, nell’Idō e nel Tairyō,[32] nonché gli altri responsabili e attendenti, si uniscono alla processione via via che passa dalle loro stanze. Questa è chiamata “Daishu Shōsō”, la Grande Processione.
L’Abate sale quindi quei gradini che, sul lato occidentale, conducono al suo alloggio e si ferma di fronte alla sua stanza, rivolto a sud e con le mani incrociate sul petto. I responsabili si pongono di fronte a lui, rivolti a nord, mentre gli altri monaci si allineano dietro a loro. Tutti fanno un profondo inchino all’Abate, che ricambia. In seguito, ognuno ritorna al proprio posto. Il mio defunto Maestro non guidava tutti i monaci fino alla propria stanza, ma raggiungeva con gli altri la Sala del Dharma e si fermava, rivolto a sud con le mani incrociate sul petto; i monaci eseguivano allora le loro prostrazioni. Questo è lo stile antico. Quindi tutti i monaci si inchinavano l’un l’altro.
A volte può capitare che monaci provenienti da uno stesso distretto si incontrino nelle sale o nei corridoi; in tal caso essi dovrebbero non solo inchinarsi l’un l’altro ma anche salutare gli altri monaci presenti, congratulandosi a vicenda per il fatto di intraprendere il medesimo ritiro. Si possono usare le forme di saluto già descritte, oppure un’altra di propria scelta. Se un giovane monaco incontra il suo maestro, deve effettuare nove prostrazioni; gli allievi anziani del abate e gli altri monaci eseguono invece tre prostrazioni daiten o ryoten. Inoltre, quando i monaci si incontrano tra di loro, devono eseguire il prescritto numero di prostrazioni. Prostratevi ogniqualvolta incontrate i monaci alloggiati vicino a voi, i vecchi e i nuovi amici. Per quanto riguarda coloro che vivono in stanze separate,[33] dobbiamo recarci nel loro alloggio e lì eseguire le prostrazioni. Se, nel momento in cui vi recate in visita, sono presenti troppe persone potete lasciare un messaggio, scritto su un foglio di carta bianca largo uno ts’un e lungo due ts’un,[34] con la scritta:
“... (il vostro nome), haiga.”
Altre forme consentite sono:
“... (il vostro nome) ... (il nome del responsabile), haiga.”
“... (il vostro nome), reiga.”
“... (il vostro nome), raihai.”[35]
In effetti, questi messaggi possono essere scritti in parecchie forme diverse anche se, generalmente, si seguono gli esempi succitati. Per questo presso ogni porta vi sono così tanti biglietti col nome; questi devono essere appesi non a sinistra ma a destra della porta, e tolti dopo il pasto di mezzogiorno.
A partire da questo giorno,[36] l’ingresso di tutti gli edifici, piccoli e grandi, e degli alloggiamenti deve essere chiuso con una tenda di canne. Spesso si serve un tè in onore dell’Abate, o del segretario generale, o dell’allievo principale. Tuttavia questa cerimonia può essere anche tralasciata se il monastero si trova in una località remota o isolata; essa viene tenuta in segno di rispetto e non è necessaria in modo assoluto. Se la cerimonia viene organizzata, gli anziani che partecipano al ritiro e gli allievi anziani devono attendere al servizio del tè.
Anche quando il periodo di addestramento estivo è terminato, lo studio della Via continua. Per quanto una persona possa vantarsi delle varie forme di ascesi cui si è sottoposta, se non ha affrontato un ritiro estivo non può essere un erede dei Buddha e dei Patriarchi. In un periodo di addestramento estivo sono manifestati sia il Parco di Jetavana, sia il Picco dell’Avvoltoio. Il dōjō[37] in cui si svolge questo addestramento è il cuore dei Buddha e dei Patriarchi, ed è il mondo in cui tutti essi dimorano.
L’addestramento estivo termina il 13 luglio. La sera del 14 luglio chi dirige il monastero in quel mese deve eseguire una cerimonia del tè. L’indomani l’Abate tiene una lezione nella Sala del Dharma. Vengono poi compiute le stesse cerimonie già effettuate all’inizio del ritiro: lo scambio dei saluti, l’ispezione del monastero e la cerimonia del tè. Cambiano solo il testo degli avvisi e i versi recitati:
“Questa sera terrò nel monastero una cerimonia del tè, per mostrare al discepolo principale e a tutti i monaci quanto io abbia apprezzato i loro sforzi nel corso della sessione di addestramento testé conclusa. Mi auguro sinceramente che tutti i monaci vorranno dimostrare la loro compassione e presenziare alla cerimonia.”
Le seguenti strofe devono essere poi recitate nel Dojido:
“Il vento autunnale soffia sui campi, la divinità dell’ equinozio d’autunno domina ogni direzione. Sorge il re dell’illuminazione e, in questo giorno, in ogni luogo tutto è conforme al Dharma. Niente ci ha disturbato per novanta giorni e tutti i monaci hanno vissuto in pace. Salmodiamo i nomi dei Buddha e inchiniamoci alla divinità che protegge questo nostro monastero.
Salmodiamo insieme ... .”[38]
Dopo che l’Abate ha terminato il suo discorso, i responsabili gli rivolgono alcune parole di ringraziamento: “Gioiosamente, ovunque si è adempiuto al Dharma, e nulla ci ha disturbato. Il potere e la virtù del vostro insegnamento ci hanno protetti e noi siamo profondamente grati, anche se incapaci di mostrare il nostro apprezzamento.” Al che l’Abate risponde: “Si è adempiuto al Dharma, e stimo grandemente gli sforzi di tutti i responsabili e di tutti gli addetti. Vi ringrazio dal profondo del cuore.”
Il discepolo principale e il direttore dei monaci si rivolgono poi all’Abate dicendo: “Tutti noi ci siamo qui riuniti per questo ritiro di novanta giorni. Il nostro karma non è buono e vi abbiamo arrecato disturbo, ma ora chiediamo la vostra compassione e il vostro perdono.” In seguito, i responsabili e gli addetti dicono ai monaci: “Noi tutti siamo affratellati nello stesso cammino. Il periodo di addestramento termina oggi. Terminata la cerimonia del tè, sentitevi liberi di andare dove più vi piaccia.” I monaci possono tuttavia restare nel monastero, se impossibilitati a muoversi per qualche motivo.
Questa cerimonia, tramandata da tempo immemorabile, è la più elevata forma del Dharma del Buddha ed è l’evento più significativo per tutti i Buddha e i Patriarchi. Profani e démoni non possono ostacolarla. Ogni vero discendente dei Buddha e dei Patriarchi nei tre Paesi[39] ha partecipato a questa cerimonia, mentre la gente comune non ne ha mai nemmeno sentito parlare. Dato che questa cerimonia è la principale opera dei Buddha e dei Patriarchi, il ritiro estivo contiene ogni cosa, dal conseguire la Via al mattino, all’entrare nel nirvāna alla sera. I monaci delle cinque scuole indiane possono anche non essere d’accordo, ma tutti coloro che hanno partecipato ad un ritiro di novanta giorni condividono la stessa prassi e illuminazione. In Cina vi sono nove scuole ma nessuna di queste trascura il periodo di addestramento estivo. Se non fate questa esperienza una volta nella vostra vita, non potete essere considerati monaci né discepoli del Buddha. Non si intraprende l’addestramento per divenire illuminati; è lo stesso addestramento che è prassi e risveglio, al di là del risveglio. Śākyamuni, l’Universalmente Venerato dalla grande illuminazione, senza saltarne uno nel corso della sua intera vita, in ogni ritiro estivo realizzò la prassi e il risveglio. Dobbiamo sapere che la prassi e l’illuminazione di Śākyamuni è l’illuminazione del Buddha, al di là di ogni illuminazione. Tuttavia, coloro che non comprendono la prassi e illuminazione del ritiro estivo di novanta giorni e che si considerano, ciò nonostante, discendenti dei Buddha, sono ridicoli, o peggio. Non dovremmo prestare ascolto a questi sciocchi, né parlare, sedere o viaggiare con loro. Nello stile del Dharma del Buddha, dovremmo persuadere questi disgraziati col silenzio.
Tenete a mente che il ritiro estivo di novanta giorni non è altro che Buddha e Patriarchi. La corretta trasmissione è stata ininterrottamente tramandata a partire dai sette Buddha fino a Māhākashyapa, e poi passata ai ventotto Patriarchi Indiani. Il ventottesimo Patriarca andò in Cina e trasmise la Legge al secondo Patriarca cinese, il Grande Maestro Taiso Shōshū Fukaku.[40] La trasmissione è poi continuata intatta e senza alcuna alterazione, dal secondo Patriarca fino ai tempi nostri. Io sono andato in Cina e ho portato in Giappone la corretta trasmissione dei Buddha e dei Patriarchi.
Vivendo il ritiro di novanta giorni come corretta trasmissione, esso diventa la corretta trasmissione. Ogniqualvolta il periodo di addestramento estivo viene trascorso in compagnia di monaci esperti, è un vero periodo di addestramento. In verità, è proprio il ritiro che esisteva al tempo di Śākyamuni che è stato rettamente e direttamente trasmesso, viso a viso, dai Buddha e dai Patriarchi. Poiché il corpo e mente dei Buddha e dei Patriarchi è donato nell’interiorità, vedere un ritiro è vedere il Buddha. Illuminare l’essenza del ritiro è illuminare il Buddha, addestrarsi durante il ritiro è addestrare il Buddha, udire il ritiro è udire il Buddha, comprendere il ritiro è comprendere il Buddha.
Il periodo estivo di novanta giorni è l’unica cosa che tutti i Buddha e i Patriarchi devono curare in modo particolare. Perciò, i re, Indra, Brahmā e tanti altri si fanno monaci e partecipano almeno ad un ritiro estivo; in altre parole, essi vedono il Buddha. Chiunque, uomo, divinità o drago, si faccia monaco o monaca, e partecipi almeno ad una sessione estiva di addestramento, può vedere il Buddha proprio così come lo vedono coloro che si uniscono ai Buddha e ai Patriarchi, e passano novanta giorni ad addestrarsi. È una grande fortuna aver partecipato almeno ad un ritiro estivo, poiché ciò significa che la pelle, carne, ossa e midollo di Buddha e Patriarchi diventano la nostra pelle, carne, ossa e midollo. I Buddha e i Patriarchi vengono a noi e ci fanno addestrare nel ritiro estivo. La nostra individuale prassi del ritiro estivo, e il ritiro estivo stesso, ci fanno addestrare. Si può dunque affermare che il periodo di addestramento estivo è l’origine di innumerevoli Buddha e Patriarchi. Il ritiro estivo è la pelle, carne, ossa e midollo dei Buddha e dei Patriarchi, e contiene il loro corpo, mente, testa, visione illuminata, pugno e narici, nonché la loro completa e perfetta natura-di-Buddha.[41] Il periodo dell’addestramento estivo è uno scacciamosche, un bastone, uno shippei,[42] un cuscino per lo zazen. Il periodo di addestramento estivo non è fatto di cose nuove, né utilizza solo cose antiche.
L’Universalmente Venerato, durante una grande assemblea di monaci, rivolgendosi al Bodhisattva della Perfetta Illuminazione e a tutti gli esseri senzienti, disse: “Chiunque faccia l’esperienza del ritiro estivo conseguirà, fin dall’inizio, la condizione di un puro e incontaminato Bodhisattva. La sua condizione mentale è diversa da quella degli śrāvaka. Senza fare assegnamento sul potere altrui, una volta giunto il giorno in cui inizia il ritiro estivo, ci si può porre di fronte al Buddha con fiducia e dire: ‘Noi tutti, monaci e monache, laici e laiche, viviamo come Bodhisattva e stiamo studiando la Via della Liberazione. Siamo entrati nella condizione pura ed incontaminata, e in essa dimoriamo. La grande e perfetta illuminazione è la nostra casa, questo corpo e mente è il luogo in cui compiamo il ritiro. Siamo in uno stato di equanimità; la nostra saggezza e il nirvāna sono privi di attaccamento. Noi rispettiamo la virtù e, senza seguire gli insegnamenti degli śrāvaka, ci uniamo a tutti i Tathāgata[43] e ai Bodhisattva delle dieci direzioni, in questo ritiro estivo di novanta giorni.’ Se vogliamo realizzare il supremo e perfetto risveglio e conseguire un grande karma, non dobbiamo seguire gli sciocchi. O gente virtuosa! E' così che si realizza il ritiro estivo dei Bodhisattva.”
Ecco perché monaci e monache, laici e laiche, che si addestrano nel ritiro di novanta giorni, sicuramente realizzano la suprema e perfetta illuminazione e il grande karma, assieme a tutti i Tathāgata e Bodhisattva delle dieci direzioni. Notate che qui si afferma chiaramente che anche i laici e le laiche dovrebbero partecipare al ritiro. La grande e perfetta illuminazione esiste là dove ha luogo il ritiro. Perciò, la grande e perfetta illuminazione del Tathāgata si trova sia nel Parco di Jetavana, sia sul Picco dell’Avvoltoio. Tutti i Tathāgata e i Bodhisattva delle dieci direzioni si addestrano insieme, durante il ritiro estivo, secondo le istruzioni del Buddha Śākyamuni.
Una volta, l’Universalmente Venerato tenne un ritiro estivo di novanta giorni; durante l’ultimo giorno, nel quale tutti chiedono perdono agli altri, giunse il Bodhisattva Mañjuśrī che si unì alla sessione di addestramento. Allora Mahākāśyapa chiese: “Dove hai trascorso il periodo di addestramento, quest’estate?” Mañjuśrī rispose: “Quest’estate l’ho effettuato in tre luoghi.”[44] Mahākāśyapa stava quindi per suonare il byakusui[45] per mandare nelle celle i monaci ed espellere Mañjuśrī, quando all’improvviso innumerevoli stūpa e templi apparvero dal nulla. Mañjuśrī e Mahākāśyapa erano visibili in ognuno di questi edifici, Mahākāśyapa nell’atto di suonare il byakusui. Allora Śākyamuni chiese a Mahākāśyapa: “Quale Mañjuśrī stai per espellere?” A ciò Mahākāśyapa fu incapace di rispondere.
Il Maestro Zen Engo[46] interpretò così questa storia: “Se la campana non è percossa, non c’è suono. Se il tamburo non è battuto, non possiamo udire nulla. Mahākāśyapa afferrò il punto, cioè che Mañjuśrī realizzava un illimitato zazen. Entrambi manifestarono quella comprensione intuitiva propria del Dharma, ma manca una cosa. Ovvero, quando il vecchio e saggio Śākyamuni chiese: ‘Quale stai per espellere?’ avrebbe dovuto suonare lui stesso il byakusui, dicendo: ‘Guardate! C’è qualcuno qui che possa uccidere Mahākāśyapa tanto quanto Mañjuśrī?’”
Engo compose poi questi versi:
“Un grande elefante non può calcare le orme di un coniglio.
Come possono rondini e passeri sapere qualcosa di un grande cigno?
Entrambi i monaci osservano le regole,
Come uno scalpellino al lavoro o un arciere
che prende la mira e frantuma il bersaglio.
Questo mondo di relatività è Mañjuśrī, è Mahākāśyapa.
Entrambi sono di fronte al Buddha,
tra loro non vi è differenza. Perchè Mañjuśrī
deve essere esplulso quando si suona il byakusui?
Il Buddha Dorato[47] lascia cadere ogni impedimento.”
Perciò il ritiro condotto da Śākyamuni in un singolo luogo, e la prassi di Mañjuśrī in tre luoghi diversi, sono la stessa cosa. Senza il periodo di addestramento estivo non vi sono né Buddha, né Bodhisattva. Tutti i discendenti dei Buddha e dei Patriarchi devono addestrarsi nel corso di un ritiro estivo. Partecipando al ritiro estivo siamo i discendenti dei Buddha e dei Patriarchi.
Addestrarsi in un ritiro estivo è possedere corpo e mente dei Buddha e dei Patriarchi; è la loro visione illuminata ed è la radice della loro vita. Se non partecipiamo ad un periodo di addestramento estivo non siamo gli eredi nel Dharma dei Buddha e dei Patriarchi, e non possiamo neppure diventare dei Buddha e dei Patriarchi. Tutti i Buddha e i Bodhisattva fatti d’argilla, legno, oro, o con i sette preziosi gioielli, sono presenti in un periodo di addestramento di tre mesi. Durante tale periodo viviamo all’interno dei Tre Tesori: Buddha, Dharma e Samgha. Questa è la nostra giustificazione e questo è il nostro metodo d’insegnamento. Chiunque intenda essere un vero discepolo dei Buddha e dei Patriarchi sicuramente partecipa al ritiro estivo di tre mesi.
Trasmesso ai monaci del Daibutsuji nell’Echizen, il 13 giugno 1245 durante il ritiro estivo.
Trascritto da Giun, nel Shinzenkōji, a Nakahama nell’Echizen, il 20 maggio 1279, durante il periodo di addestramento estivo.
[1] Si veda il cap. 70, Kokū.
[2] Il Maestro Shishin Goshin (1043-1114), nella linea di trasmissione del Maestro Ōryū Enan. Noto anche come Ōryū Shishin. [Ssu-hsin Wu-hsin]
[3] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 60.
[4] Un antico regno la cui capitale era Rājagrha. È nel Magadha che il Buddha realizzò il risveglio e mise in moto la ruota della Legge.
[5] Correndo l’anno 1245.
[6] Cioè, in questo mondo.
[7] Si riferisce ad una storia cinese che narra di un uomo che pescò, dal lago Rai-taku, quello che credeva essere la spoletta di un telaio. Portatala a casa, la appese al muro. Un giorno, durante una tempesta, questa si trasformò in un drago che salì al cielo. Si trattava infatti della preziosa Spada Drago-di-Primavera.
[8] Una raccolta di precetti per monaci e monache.
[9] Si tratta del Ch’anyüan Ch’ing kuei (Criteri per monasteri Zen), un testo scritto nel 1103 dal Maestro Chōro Sōsaku (?) [Ch’ang-lu Tsung-tse]
[10] Lett. “Colui che ascolta”, in origine si riferiva a tutti coloro che avevano udito direttamente l’insegnamento dalla voce del Buddha. Più tardi, la parola śrāvaka fu utilizzata più genericamente per distinguere gli studenti Hīnayāna da quelli Mahāyāna.
[11] Una campana per i segnali, che annuncia lo scadere del tempo dedicato ai colloqui con il maestro.
[12] Oltre all’Abate, in un monastero Zen esistono sei Chiji (responsabili) e sei Chosu (addetti). I sei Chiji sono: Tsūsu (il segretario generale), Kansu (il priore, segretario), Fūsu (l’assistente priore, responsabile delle finanze), Ino (il responsabile degli affari generali), Tenzo (il responsabile della cucina), e Shissui (il responsabile della manutenzione). I sei Chosu sono: Shuso (l’addetto all’addestramento), Shoki (l’addetto ai documenti del monastero), Zōsu (l’addetto ai sūtra), Shika (l’addetto agli ospiti), Dōshu (l’addetto agli edifici del monastero), e Yusu (l’addetto ai bagni). Vi sono poi due altre posizioni: Jisha, il sacerdote assistente, e Keishu, il direttore degli affari esterni.
[13] Anziano.
[14] Ājñāta-Kaundinya era uno dei cinque monaci che furono i primi allievi di Śākyamuni dopo il suo risveglio. Conseguì il Dharma prima che Śākyamuni terminasse il suo primo discorso ed è citato come esempio per i monaci. Gli altri quattro sono: Aśvajit, Mahānāman, Bhadrika e Vāspa.
[15] Si tratta di una data convenzionale, che cambia secondo le varie tradizioni.
[16] La Sala in cui è custodita l’immagine di colui che protegge il monastero.
[17] Questa tradizionale recitazione è detta Jubutsu-myo, “I Nomi dei Dieci Buddha”. Vedi oltre.
[18] Il Sole.
[19] La recitazione di ogni nome è seguita da un colpo di campanella (inkin).
[20] Si veda il cap. 2, Makahannyaharamitsu.
[21] Tappeto per le prostrazioni.
[22] Sokurei è la prostrazione eseguita poggiando la fronte sullo zagu steso a terra e piegato in quattro; nella prostrazione ryoten lo zagu è piegato in due, e nella prostrazione daiten è invece completamente disteso.
[23] Korosu.
[24] Un bun equivale a circa un centimetro e mezzo.
[25] Una composizione poetica.
[26] L’haishiki è una particolare stuoia di paglia che l’abate usa per le prostrazioni.
[27] Lett. “Con il palmo delle mani unito”. Si tratta di un saluto tradizionale, nei monasteri. Le mani giunte sono tenute all'altezza del petto, con la punta delle dita grossomodo allineata con le narici.
[28] Sul lato destro.
[29] Fissati in ordine di anzianità.
[30] In questa posizione, le mani sono tenute all’altezza del plesso solare, con le dita della mano destra adagiate sul pugno sinistro.
[31] Relativi a corpo, parola, e pensiero.
[32] Si tratta rispettivamente degli alloggiamenti dei monaci anziani, dei responsabili e degli addetti, dei monaci ultracentenari e dei monaci che vivono ritirati.
[33] Per esempio, il discepolo principale, i vari responsabili e addetti, ecc.
[34] Circa tre centimetri per sei.
[35] Haiga, reiga, e raihai indicano diversi tipi di prostrazione.
[36] Il 15 di Aprile.
[37] Lett. “Luogo della Via”. È il luogo dedicato alla prassi e all’addestramento.
[38] Si ripetono qui i versi già recitati il primo giorno.
[39] India, Cina e Giappone.
[40] Il Maestro Taiso Eka (487-593), il successore del Maestro Bodhidharma. Noto anche come Jinkō Eka. [Shen-kuang Hui-k’o]
[41] La natura-di-Buddha è la ‘Natura propria’, o ‘Vera natura’, o ‘Volto originario’ (comunque si voglia chiamare) di ogni essere, anche se questi lo ignora.
[42] Un piccolo scettro simbolico, di bambù.
[43] Lett. “Così arrivato”.
[44] Un mese in un palazzo, uno in un asilo d’infanzia, uno in un bordello.
[45] Un piccolo blocco di legno, dotato di un batacchio, anch’esso di legno, che si utilizza per dare dei segnali all’interno del tempio.
[46] Il Maestro Engo Kokugon (1063-1135), nella linea di trasmissione del Maestro Yōgi Hōe. Ha scritto la “Raccolta della Roccia Blu”. [Yüan-wu K’o-ch’in]
[47] Mahākāśyapa.