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BUKKYŌ
L’Insegnamento del Buddha
Questo capitolo tratta dell’importanza dell’aspetto teorico del Dharma del Buddha, naturalmente affiancato e sostenuto da una corretta e assidua prassi. Il Maestro Dōgen insiste ancora una volta, sulla non esasperazione né di un aspetto né dell’altro bensì sulla giusta integrazione delle due parti in una. Il capitolo contiene infine un’analisi dei Tre Veicoli e delle Dodici Divisioni dell’Insegnamento.
La realizzazione della Via di tutti i Buddha e Patriarchi è l’Insegnamento del Buddha. Tale insegnamento è correttamente trasmesso come Insegnamento del Buddha, in quanto espresso dai Buddha e dai Patriarchi per i Buddha e i Patriarchi. Esso è il girare della ruota della Legge.
Nell’ambito dell’intuizione illuminata questo girare è la realizzazione ed il nirvāna di tutti i Buddha e i Patriarchi. Sicuramente in un solo granello di polvere si manifestano tutti i Buddha e i Patriarchi; un granello di polvere nel nirvāna. Il mondo intero si manifesta, è il mondo intero del nirvāna. Un istante si manifesta, si manifesta il tempo illimitato. Anche un granello di polvere ed un singolo istante, non mancano assolutamente di virtù. Il mondo intero e il tempo illimitato non sono compensazioni di una mancanza di virtù né di qualche altra insufficienza. Dunque, non mancano di alcuna virtù anche tutti i Buddha che al mattino hanno conseguito la Via ed alla sera sono entrati nel nirvāna.
Se pensate che un giorno non possieda sufficiente virtù, allora neppure una vita di ottant’anni sarà sufficiente. A confronto con dieci o venti kalpa,[1] una vita di ottant’anni equivale ad un giorno. È molto difficile comprendere la differenza tra questo Buddha e quel Buddha. Se paragoniamo la virtù di una vita di ottant’anni con quella di una vita di durata illimitata, non vi è dubbio che tra di esse non c’è una differenza sostanziale. Dunque, insegnare è l’Insegnamento del Buddha; è l’assoluta virtù di tutti i Buddha e Patriarchi. I Buddha sono alti e immensi, e certamente l’insegnamento del Dharma non è piccolo e limitato. In verità dovremmo sapere che quando il Buddha è grande, anche l’insegnamento è grande. Quando il Buddha è piccolo, anche l’insegnamento è piccolo. Di conseguenza, il Buddha e il Suo insegnamento non possono essere valutati in termini di grande e piccolo, non sono vincolati da attribuzioni di buono, cattivo o neutro, e non si limitano all’insegnamento di sé o altri.
È stato detto: “Śākyamuni trasmise a Mahākāśyapa uno speciale insegnamento, distinto dagli insegnamenti e dai sermoni contenuti nei sūtra. Questo è il supremo veicolo dell’unica Mente, trasmesso di generazione in generazione. Gli altri insegnamenti e discorsi sono utilizzati come espedienti e la mente è la reale natura della verità. La trasmissione dell’unica Mente è una speciale trasmissione al di fuori delle scritture. I tre veicoli ed i dodici insegnamenti non sono equiparabili alla corretta trasmissione dell’unica Mente. ‘Puntare direttamente al cuore dell’uomo, guardare nella propria natura e divenire un Buddha’, questo è il supremo veicolo dell’unica Mente.”
Una simile affermazione mostra una mancanza di comprensione del Dharma del Buddha, e come ciò sia utilizzato in modo inadeguato ed indegno. Coloro che la pensano così, indipendentemente dal fatto che siano o meno chiamati anziani, non hanno né chiarito né approfondito il Dharma e la Via del Buddha. Perché? Perché non conoscono il significato di Buddha, di insegnamento, di mente, né di interno ed esterno. Essi non sanno nulla di simili cose perché non hanno udito il Dharma del Buddha. Costoro sono chiamati Buddha ma non conoscono l’essenza del Buddha. Essi non hanno correttamente studiato il significato di andare e venire, dunque non possono essere chiamati discepoli del Buddha. Non conoscendo il vero Dharma, la gente ritiene che solo l’unica Mente sia stata correttamente trasmessa.
Coloro che non conoscono, o che mai hanno udito nulla dell’unica Mente dell’Inse-gnamento del Buddha, affermano che vi sia qualche altro insegnamento accanto all’unica Mente; questo è perché le loro menti non sono parte dell’unica Mente. Se vi è poi qualcuno che afferma che al di fuori dell’Insegnamento del Buddha esiste una unica Mente, il suo non è il vero Insegnamento del Buddha. Costoro insegnano un’errata interpretazione di: “Una speciale trasmissione, fuori delle scritture”, non conoscendo il significato di ‘al di fuori’ e di ‘all’interno’; di conseguenza, i loro princìpi non si accordano alle parole. Come possono i Buddha e i Patriarchi, che individualmente trasmettono l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge del Buddha, essere incapaci di trasmettere l’Insegnamento del Buddha? Inoltre, perché Śākyamuni avrebbe esposto un insegnamento che non può essere utilizzato come base da tutti i Suoi seguaci? Śākyamuni ha stabilito le basi dell’insegnamento del Dharma attraverso la trasmissione individuale; come può dunque, esistere un Buddha o un Patriarca che non segua un tale insegnamento?
Il supremo veicolo dell’unica Mente non è altro che i tre veicoli ed i dodici insegnamenti, vale a dire l’insieme dei sūtra Mahāyāna e Hīnayāna. Dovremmo sapere che la mente-di-Buddha è la visione illuminata dei Buddha. È un mestolo spezzato, è tutti i dharma e i tre mondi,[2] ovvero è montagne, oceani, terra, sole, luna e stelle. Il mondo fenomenico intero davanti a noi, è l’Insegnamento del Buddha. Al di fuori significa all’interno e venire all’interno. Poiché la corretta trasmissione è la corretta trasmissione da sé a sé, c’è un sé all’interno della corretta trasmissione. Il supremo veicolo dell’unica Mente è terra, pietre e sabbia. Poiché terra, pietre e sabbia sono l’unica Mente, ecco che terra, pietre e sabbia sono terra, pietre e sabbia. Considerando il supremo veicolo dell’unica Mente in tal modo, siamo sulla strada giusta.
Tuttavia, chi avesse un’errata opinione a proposito di: “Una speciale trasmissione al di fuori della scritture” non potrà mai afferrarne il punto essenziale. Dunque, credere che davvero esista: “Una speciale trasmissione al di fuori delle scritture” significa fraintendere l’Insegnamento del Buddha. È un grave errore. Chiunque parli in un simile modo dovrebbe chiedersi come è possibile affermare l’esistenza di una speciale trasmissione al di fuori della mente. Dire: “Una speciale trasmissione al di fuori della mente” è solo una frase senza senso; queste parole non potranno mai far sì che avvenga una trasmissione. Se non è possibile affermare l’esistenza di “Una speciale trasmissione al di fuori della mente” di certo non si può affermare l’esistenza di “Una speciale trasmissione al di fuori delle scritture.”
Mahākāśyapa, erede nel Dharma del Buddha Śākyamuni e Maestro nell’insegnare il Dharma, trasmise l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e preservò la Via del Buddha. Chiunque ritenga che la Via del Buddha Śākyamuni non fu trasmessa in questo modo, ha una preconcetta ed errata opinione di essa. Se anche un solo versetto è trasmesso, l’intero il Dharma è trasmesso. E se un solo versetto è correttamente trasmesso, anche le montagne e i fiumi sono correttamente trasmessi. Questo è un principio valido, in tutti i casi. L’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e la suprema illuminazione di Śākyamuni, furono correttamente trasmessi solo a Mahākāśyapa ed a nessun altro. La corretta trasmissione passò sicuramente a Mahākāśyapa. Dunque, chi voglia studiare la verità del Dharma del Buddha, nel passato e nel presente, e voglia stabilire quale sia il giusto insegnamento dovrebbe studiare ed addestrarsi sotto i Buddha e i Patriarchi. Non dovrebbe rivolgersi da nessun’altra parte.
Se non si possiedono i corretti parametri dei Buddha e dei Patriarchi, ciò significa che si è privi di qualsiasi corretto parametro. Chiunque voglia stabilire se un insegnamento è corretto o meno, dovrebbe utilizzare i medesimi parametri dei Buddha e dei Patriarchi. Questi sono i veri maestri della ruota della Legge che dovremmo consultare. Solo i Buddha e i Patriarchi sono capaci di chiarire esistenza e non-esistenza, o vacuità e forma, e solo essi sono capaci di trasmetterli correttamente. Perciò, utilizzate sia i Buddha antichi, sia i Buddha attuali.
Una volta, un monaco chiese ad Haryō:[3] “Lo spirito dei Patriarchi e lo spirito dei sūtra sono identici o diversi?” Il Maestro rispose: “Quando un pollo ha freddo sale su un albero, quando un’anatra ha freddo scende in acqua.” È necessario che studiamo questa risposta e che cerchiamo quale sia l’interpretazione dei Patriarchi circa la Via del Buddha. Ciò che il monaco chiede, riguarda la differenza tra lo spirito dei Patriarchi e quello dei sūtra. La risposta di Haryō “Quando un pollo ha freddo sale su di un albero, quando un’anatra ha freddo scende in acqua” sembra indicare l’esistenza di una differenza; tuttavia questa differenza non è la comune differenza intesa dalla maggior parte della gente. Ecco quindi perché dovremmo conoscere questa speciale differenza, pur comprendendo che essa va al di là delle limitate concezioni di uguale e differente. Dunque, non dovremmo porre simili domande circa uguale o differente.
Una volta, un monaco chiese a Gensha:[4] “I tre veicoli e i dodici insegnamenti sono superflui? E poi, qual è il significato della venuta del primo Patriarca da occidente?” Gensha rispose: “I tre veicoli e i dodici insegnamenti sono del tutto superflui.”
“I tre veicoli e i dodici insegnamenti sono superflui? E poi, qual è il significato della venuta del primo Patriarca da occidente?” è una domanda basata sull’assunto che ognuno dei tre veicoli e dei dodici insegnamenti rappresenta un aspetto dell’Insegnamento del Buddha, mentre la venuta del primo Patriarca da occidente avrebbe un distinto e più profondo significato. Queste due cose non sono considerate equivalenti. Dunque, come può il monaco sapere che le ottantaquattromila porte del Dharma equivalgono alla venuta da occidente del primo Patriarca? Dobbiamo considerare tutto questo più da vicino.
Perché i tre veicoli e i dodici insegnamenti sono superflui? E qualora fossero necessari, quale principio vi sta dietro? Se i tre veicoli e i dodici insegnamenti sono superflui, è ancora possibile attuare una corretta investigazione sul significato della venuta del primo Patriarca da occidente? La domanda del monaco non era maliziosa.
Gensha disse: “I tre veicoli e i dodici insegnamenti sono del tutto superflui.” Questa frase è la ruota della Legge. Quando questa ruota gira troviamo l’Insegnamento del Buddha. Qui, il punto è che i tre veicoli e i dodici insegnamenti sono la ruota della Legge dei Buddha e dei Patriarchi, e girano sia là dove i Buddha esistono sia là dove non esistono, sia prima della comparsa dei Patriarchi sia dopo. C’è una grande virtù nel girare dei Buddha e dei Patriarchi. Quando si manifesta il significato della venuta del primo Patriarca, tutte le ruote del Dharma diventano superflue.
“Del tutto superflui” non significa inservibili o rotti. Questa ruota del Dharma gira solamente come ruota di ‘del tutto superflui’. Non affermate che i tre veicoli o i dodici insegnamenti non esistono, cercate piuttosto l’opportunità di ‘del tutto superflui’ che diventa così i tre veicoli e i dodici insegnamenti. Poiché i tre veicoli e i dodici insegnamenti, non sono solo tre veicoli e dodici insegnamenti.[5] Dunque, i tre veicoli e i dodici insegnamenti sono ‘del tutto superflui’. Tracciamo ora un profilo dei tre veicoli e dei dodici insegnamenti.
I tre veicoli sono:
Il veicolo degli śrāvaka.
Questo è il veicolo di coloro che hanno conseguito la Via attraverso le Quattro Asserzioni Fondamentali, dette Nobili Verità. Queste sono: 1) Tutte le cose contengono sofferenza, 2) La causa della sofferenza, 3) La distruzione della sofferenza, 4) Il Nobile Ottuplice Sentiero. Udire queste verità ci conduce ad attuarle nella prassi e trascendere nascita, vecchiaia, malattia e morte, culminando nel nirvāna. Nello studiare le Quattro Nobili Verità, la sofferenza e la causa della sofferenza appartengono al mondo, mentre la cessazione e il Nobile Ottuplice Sentiero diventano il principio primo. Questa è l’opinione degli studiosi dell’abhidharma.[6] Quando la prassi si basa sul Dharma del Buddha, le Quattro Nobili Verità sono trasmesse da Buddha a Buddha e contengono la propria individuale condizione di risveglio. Nel loro insieme, queste Quattro Nobili Verità sono la forma della realtà e la natura del Buddha. Dato che anche le Quattro Nobili Verità sono ‘del tutto superflue’, non è dunque necessario utilizzare concetti come non-nato, non-creato, e simili.
Il veicolo dei pratyekabuddha.
È il veicolo di coloro che hanno raggiunto il nirvāna attraverso i dodici anelli della Catena della Originazione Interdipendente.[7] Essa è costituita da: ignoranza, azione, coscienza, nome e forma, formazione dei sei organi, contatti, percezione, desiderio, attaccamento, esistenza, nascita, vecchiaia e morte. Lo studio di questa Catena della Originazione Interdipendente è basato sul rapporto di causa ed effetto, nel passato, nel presente e nel futuro, e sulla distinzione tra osservatore e osservato. Eppure, investigando con attenzione il rapporto tra causa ed effetto, sarà possibile vedere che sia il samsāra[8] sia la causalità sono ‘del tutto superflui’. Dobbiamo sapere che se l’ignoranza domina la mente, anche l’azione, la coscienza, ecc. la domineranno. Se l’ignoranza è estirpata, anche l’azione, la coscienza, ecc.. lo sono. Se l’ignoranza diventa nirvāna, allora, lo diventano anche l’azione, la coscienza, ecc.. Questo lo posiamo affermare quando la ruota della vita è distrutta. L’ignoranza è un aspetto di questa verità; lo stesso vale anche per gli altri anelli della catena. Dobbiamo sapere che la relazione tra ignoranza, azione, ecc. è la stessa di: “Ho un’ascia e te la darò cosicché tu possa vivere tra le montagne” e “Stavo per partire e il mio Maestro gentilmente mi ha donato la sua ascia, che ho accettato con gratitudine.”[9]
Il veicolo dei Bodhisattva.
È il veicolo di tutti coloro che hanno conseguito la Via mediante l’insegnamento, la prassi e il risveglio dei sei pāramitā,[10] ed è la realizzazione della suprema e perfetta illuminazione. Questa realizzazione non è né intenzionale né non-intenzionale, non è esistente fin dall’origine, non è recentemente o precedentemente conseguita, non è né azione originaria né non-azione. Essa non è altro che la realizzazione della perfetta e suprema illuminazione.
I sei pāramitā sono: il donare, i precetti, la pazienza, il vigore, la concentrazione, la prajñā.
Questi sono la suprema e perfetta illuminazione, non concetti quali non-nato, o non-creato. Il donare non è necessariamente il primo dei pāramitā né la prajñā è l’ultimo. È detto nei sūtra: “Un Bodhisattva intelligente sa che la prajñā viene per prima e che il donare viene per ultimo, invece un Bodhisattva stupido pensa che prima venga il donare e poi la prajñā.” Comunque, anche il vigore o la concentrazione possono, parimenti, essere collocati al primo posto. Complessivamente i pāramitā hanno trentasei possibili permutazioni, interrelate e inscindibili.
Pāramitā significa “Passato su quell’altra sponda.” L’altra sponda non è originariamente caratterizzata da venire o andare. Passato significa realizzato, verità senza errore. Non pensate che si giunga alla sponda opposta dopo aver agito la prassi. Sull’altra sponda troviamo la prassi: è per questo che arriviamo là. Quella prassi, senza dubbio, ha in sé il potere di essere realizzata da un capo all’altro del mondo intero della relatività.
I dodici insegnamenti:
Sūtra (kaikyo): contengono gli insegnamenti del Thatāgata sugli aspetti relativi e assoluti dei mondi oggettivo e soggettivo.
Geya (jūju): versi lunghi da quattro a nove parole, basati sui sūtra.
Vyākarana (juki): contengono le predizioni della futura Buddhità da parte di tutti gli esseri senzienti, compresi rondini e piccioni.
Gāthā (geju): versi sciolti di lode all’Insegnamento del Buddha.
Udāna (mumon jisetsu): sono spiegazioni non sollecitate da domande dei discepoli.
Nidana (innen): sono narrazioni storiche sulle conseguenze delle azioni malvagie e sui vari precetti e proibizioni.
Avadāna (hiyu): allegorie che descrivono il mondo.
Itivrttaka (honji): che contengono le vite passate dei Buddha.
Jātaka (honshō): relativi alle vite passate del Buddha Gautama Śākyamuni.
Vaipulya (hōkō): sono sūtra che trattano ampi argomenti.
Adbhuta-dharma (mizou): descrivono i miracolosi processi del mondo.
Upadeśa (ronji): sono discussioni dottrinali.
Questi dodici insegnamenti sono forme di istruzione adatte a questo mondo, date per aiutare tutti gli esseri senzienti. Non è facile udire l’elencazione dei dodici insegnamenti. Possiamo sentir parlare di questa classificazione solo là dove il Dharma del Buddha è ben divulgato. Se il Dharma non è ben divulgato o è pressoché estinto, non è possibile udire simili insegnamenti. Solo coloro che hanno visto il Buddha e che hanno alle spalle una lunga storia di buon karma, possono udire i dodici insegnamenti. Avendoli uditi una sola volta, presto seguirà il supremo e perfetto risveglio. Ognuno dei dodici può essere chiamato sūtra o classificato come insegnamento. Ognuno dei dodici contiene tutti gli altri; vi sono così centoquarantaquattro tipi di insegnamento. Poiché ogni insegnamento implica tutti gli altri, ciascuno può essere considerato completo in se stesso, ma questo non dipende dall’ampiezza o dalla quantità. Ciascuno di essi è l’illuminata intuizione, ossa e midollo, azioni quotidiane, luce infinita, ornamento e terra di Buddha e Patriarchi.
Quando vedete i dodici insegnamenti vedete i Buddha ed i Patriarchi, e quando afferrate la pura essenza dei Buddha e dei Patriarchi siete in grado di comprendere i dodici tipi di insegnamento. Proprio per questo, dunque, sia il dialogo tra Seigen e Sekitō,[11] sia la frase di Nangaku: “Non posso spiegartelo a parole”,[12] non sono altro che i dodici insegnamenti. Lo stesso è per l’espressione di Gensha: “Del tutto superflui.” La condizione è quella dei Buddha e dei Patriarchi: esistevano prima dell’esistenza. Proprio in quest’istante, com’è? “Del tutto superflui” dovremmo dire.
Esiste poi un’altra classificazione, detta dei nove insegnamenti: sūtra, gāthā, itivrttaka, jātaka, adbhuta-dharma, nidāna, avadāna, geya e upadeśa. Queste nove suddivisioni contemplano nove possibilità di interscambio, per un totale di ottantuno divisioni. Ognuna di queste è completa in se stessa. Se anche una sola delle nove suddivisioni non possiede la virtù di poter essere ricondotta ad una suddivisione unica, non ci possono essere nove suddivisioni. Se ogni suddivisione possiede la virtù di essere ricondotta ad un’unica suddivisione, ognuna di esse è completa. Dunque abbiamo ottantuno suddivisioni: questa suddivisione, la mia suddivisione, e ancora quella di uno scacciamosche, quella di un bastone e quella dell’Occhio e Tesoro della Vera Legge.
Il Buddha Śākyamuni disse: “Io ho proclamato le nove suddivisioni della Legge in rapporto alla capacità degli esseri senzienti. Esse sono la base dell’ingresso nel Grande Veicolo, perciò sono stati proclamati questi sūtra.”
Dobbiamo sapere che questo Io è il Tathāgata.[13] Questo è il manifestarsi del Suo volto, corpo e mente originari. Io è le nove suddivisioni della Legge, e viceversa. Anche questo versetto contiene le nove suddivisioni della Legge. Qui, il Buddha Śākyamuni predica in rapporto alla capacità degli esseri senzienti. Questo è il motivo per cui si manifestano vita, morte, e attività quotidiane di tutti gli esseri senzienti, ed è il motivo per cui questi sūtra furono proclamati. Tutti gli esseri senzienti sono trasformati ed entrano nella Via del Buddha. Per questo i sūtra furono proclamati.
Gli esseri senzienti corrispondono alle nove suddivisioni della Legge proclamata da Śākyamuni. Corrispondono significa corrispondere ad altri, a se stessi, agli esseri senzienti, alla vita, a Io, a questi. Gli esseri senzienti sono senza dubbio Io, perciò sono ciascuna delle nove suddivisioni.
“La base dell’ingresso nel Grande Veicolo” è illuminare, agire nella prassi, udire, e proclamare il Grande Veicolo. Non possiamo affermare che gli esseri senzienti conseguono naturalmente la Via; questa è solo una parte. Entrare è la base; base significa corretto dalla testa alla coda. Il Buddha proclama il Dharma, il Dharma proclama il Buddha. Il Dharma è proclamato dal Buddha, il Buddha è proclamato dal Buddha. Il fuoco è proclamato dal Buddha e dal Dharma; Buddha e Dharma proclamano il fuoco.
Il motivo della proclamazione è già presente con questi sūtra; è per questo che essi sono proclamati. È impossibile non proclamare questi sūtra e questo è il modo in cui essi sono proclamati. Proclamati significa l’Universo intero, e l’Universo intero proclama. E questo Buddha e quel Buddha, entrambi chiamano sūtra queste suddivisioni. Anche questo mondo e altri mondi proclamano quei sūtra.
Perciò “Questi sūtra sono stati proclamati.” Quei sūtra sono l’Insegnamento del Buddha. Dobbiamo sapere che il vasto e illimitato Insegnamento del Buddha non è separato da uno shippei[14] né da uno scacciamosche. La vastità dell’Insegnamento del Buddha è manifestata in un bastone e in un pugno.
Dobbiamo sapere che i tre veicoli e i dodici insegnamenti sono la visione illuminata dei Buddha e dei Patriarchi. Se dobbiamo ancora aprire gli occhi, in che modo possiamo essere chiamati discendenti dei Buddha e dei Patriarchi? In che modo possiamo trasmettere il vero Occhio dei Buddha e dei Patriarchi? Se non padroneggiamo a fondo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge, non possiamo essere gli eredi nel Dharma dei sette Buddha.
Questo fu trasmesso ad una grande assemblea, nel Koshoji, il 14 novembre 1241, e fu di nuovo trasmesso, nello stesso luogo, il 7 novembre 1242.
[1] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 60.
[2] Il Dhammapada riporta la divisione in kāma-loka (il mondo retto dal desiderio dei sensi), rūpa-loka (il mondo della forma sottile), ed ārūpa-loka (il mondo privo di forma).
[3] Il Maestro Haryō Kōkan (?), uno dei successori del Maestro Unmon Bun’en (864- 949). [Pa-ling Hao-chien]
[4] Il Maestro Gensha Shibi (835-907), un successore del Maestro Seppō Gison. Noto anche come Sōitsu Daishi. [Hsüan-sha Shih-pei]
[5] Cioè, includono ogni cosa.
[6] L’Abhidharma, è il canestro dei commentari che assieme ai Sūtra (i discorsi), e al Vinaya (i precetti), forma il Tripitaka, i tre canestri dell’Insegnamento.
[7] Dal sanscrito Dvādaśānga-pratītya-samutpāda.
[8] Samsāra: l’erranza di esistenza in esistenza, il ciclo delle rinascite.
[9] Parole tratte da un colloquio tra il Maestro Seigen e il Maestro Sekitō.
[10] I pāramitā, o perfezionamenti sono sei: dāna, il libero donare; śīla, l'integrità morale, l'etica; ksānti, la pazienza; vīrya, il vigore; dhyāna, l'assorbimento (lett.: “Pensiero di riflessione”), la concentrazione; e prajñā, la saggezza trascendente. Il sanscrito pāramitā significa ciò che è arrivato alla sponda opposta, opera ben compiuta.
[11] Si riferisce ad una storia citata nel Keitoku-dentoroku, cap. 5, in cui il Maestro Seigen manifesta a Sekitō la condizione rilassata del samādhi, lasciando penzolare una gamba dal seggio di zazen.
[12] Parole del Maestro Nangaku Ejō al Maestro Daikan Enō. Si veda il cap. 57, Henzan.
[13] Lett. “Così arrivato”.
[14] Un piccolo scettro simbolico, di bambù.