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BUKKYŌ

L’Insegnamento del Buddha

 

 

Questo capitolo tratta dell’importanza dell’aspetto teorico del Dharma del Buddha, naturalmente affiancato e sostenuto da una corretta e assidua prassi. Il Maestro Dōgen insiste  ancora una volta, sulla non esasperazione né di un aspetto né dell’altro bensì sulla giusta integrazione delle due parti in una. Il capitolo contiene infine un’analisi dei Tre Veicoli e delle Dodici Divisioni dell’Insegnamento.

 

La realizzazione della Via di tutti i Bud­dha e Patriarchi è l’Insegnamento del Buddha. Tale insegnamento è cor­rettamente tra­smesso come Insegnamento del Buddha, in quanto espresso dai Buddha e dai Pa­triarchi per i Bud­dha e i Pa­triarchi. Esso è il gira­re della ruota della Legge.

Nell’ambito dell’intuizione illuminata que­sto girare è la re­a­lizzazione ed il nirvāna di tut­ti i Buddha e i Patriarchi. Si­curamente in un solo granello di polvere si manifestano tutti i Buddha e i Pa­triarchi; un granello di polvere nel nirvāna. Il mondo intero si manife­sta, è il mondo intero del nirvāna. Un istante si manifesta, si manifesta il tempo illimitato. Anche un granello di polvere ed un singolo istante, non man­cano assolutamente di virtù. Il mon­do intero e il tempo illimitato non sono compensa­zioni di una mancanza di virtù né di qualche altra insufficienza. Dunque, non mancano di alcuna virtù anche tutti i Buddha che al mattino hanno con­seguito la Via ed alla sera sono entrati nel nirvāna.

Se pensate che un giorno non possieda suf­ficiente virtù, al­lora neppure una vita di ottant’anni sarà sufficiente. A confronto con dieci o venti kalpa,[1] una vita di ottant’anni equi­vale ad un giorno. È molto difficile comprendere la diffe­renza tra questo Buddha e quel Buddha. Se paragoniamo la virtù di una vita di ot­tant’anni con quella di una vita di durata illimi­tata, non vi è dub­bio che tra di esse non c’è una differenza sostanziale. Dun­que, insegnare è l’Insegnamento del Buddha; è l’assoluta virtù di tutti i Buddha e Patriarchi. I Buddha sono alti e im­mensi, e certa­mente l’insegnamento del Dharma non è piccolo e limitato. In verità dovremmo sapere che quando il Buddha è gran­de, anche l’insegnamento è grande. Quando il Buddha è piccolo, anche l’insegnamento è piccolo. Di conse­guenza, il Buddha e il Suo insegna­mento non possono essere valutati in termini di grande e piccolo, non sono vincolati da attribuzioni di buono, cat­tivo o neutro, e non si li­mitano all’insegnamento di sé o altri.

È stato detto: “Śākyamuni trasmise a Mahākāśyapa uno speciale in­segnamento, distinto dagli insegnamenti e dai sermoni conte­nuti nei sūtra. Questo è il supremo veicolo dell’unica Mente, trasmesso di generazione in gene­razione. Gli altri insegnamenti e discorsi sono utilizzati come espedienti e la mente è la reale natura della verità. La trasmissione dell’unica Mente è ­una speciale trasmissione al di fuori delle scrit­ture. I tre veicoli ed i do­dici insegnamenti non sono equipara­bili alla corretta trasmissione dell’unica Mente. ‘Puntare di­rettamente al cuore dell’uomo, guardare nella propria natura e dive­nire un Bud­dha’, questo è il supremo veicolo dell’unica Mente.”

Una simile affermazione mostra una mancanza di compren­sione del Dharma del Buddha, e come ciò sia utiliz­zato in modo inadeguato ed indegno. Co­loro che la pensano così, indipendentemente dal fatto che siano o meno chiamati an­ziani, non hanno né chiarito né approfondito il Dharma e la Via del Buddha. Perché? Perché non co­noscono il significato di Buddha, di insegnamento, di mente, né di interno ed esterno. Essi non sanno nulla di simili cose perché non hanno udito il Dharma del Buddha. Costoro sono chiamati Bud­dha ma non cono­scono l’essenza del Buddha. Essi non hanno corretta­mente stu­diato il si­gnificato di andare e venire, dunque non possono essere chiamati di­scepoli del Buddha. Non conoscendo il vero Dharma, la gente ri­tiene che solo l’unica Mente sia stata cor­rettamente trasmessa.

Coloro che non conoscono, o che mai hanno udito nulla dell’unica Mente dell’Inse-gnamento del Buddha, affermano che vi sia qualche altro inse­gnamento accanto all’unica Mente; que­sto è perché le loro menti non sono parte dell’unica Mente. Se vi è poi qualcuno che afferma che al di fuori dell’Insegnamento del Buddha esiste una unica Mente, il suo non è il vero Insegnamento del Buddha. Costoro insegnano un’errata interpreta­zione di: “Una speciale trasmissione, fuori delle scrit­ture”, non cono­scendo il significato di ‘al di fuori’ e di ‘all’inter­no’; di conse­guenza, i loro princìpi non si accordano alle pa­role. Come possono i Buddha e i Patriarchi, che indi­vi­dualmente trasmettono l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge del Buddha, es­sere incapaci di trasmet­tere l’Insegnamento del Buddha? Inoltre, per­ché Śākyamuni avrebbe esposto un insegna­mento che non può essere utilizzato come base da tutti i Suoi seguaci? Śākyamuni ha stabilito le basi dell’insegnamento del Dharma attraverso la trasmissione individuale; come può dun­que, esistere un Buddha o un Patriarca che non segua un tale in­se­gnamento?

Il supremo veicolo dell’unica Mente non è altro che i tre vei­coli ed i dodici insegnamenti, vale a dire l’insieme dei sūtra Ma­hāyāna e Hīnayāna. Dovremmo sapere che la mente-di-Buddha è la visione il­luminata dei Buddha. È un mestolo spezzato, è tut­ti i dharma e i tre mondi,[2] ovvero è montagne, oceani, terra, sole, luna e stelle. Il mondo fenomenico intero davanti a noi, è l’Insegnamento del Buddha. Al di fuori significa all’interno e venire all’interno. Poiché la corretta trasmissione è la corretta trasmissione da sé a sé, c’è un sé all’interno della corretta trasmissione. Il supremo veicolo dell’unica Mente è terra, pietre e sabbia. Poi­ché terra, pietre e sabbia sono l’unica Mente, ecco che terra, pietre e sabbia sono terra, pietre e sabbia. Considerando il supremo veicolo dell’unica Mente in tal modo, siamo sulla strada giusta.

Tuttavia, chi avesse un’errata opinione a proposito di: “Una speciale trasmissione al di fuori della scritture” non potrà mai afferrarne il punto essenziale. Dunque, credere che davvero esista: “Una spe­ciale trasmissione al di fuori delle scritture” significa frainten­dere l’Insegnamento del Buddha. È un grave errore. Chiunque parli in un simile modo dovrebbe chie­dersi come è possibile affermare l’esistenza di una speciale trasmissione al di fuori della mente. Dire: “Una speciale trasmissione al di fuori del­la mente” è solo una frase senza senso; que­ste pa­role non potranno mai far sì che avvenga una trasmissione. Se non è possibile affermare l’esistenza di “Una speciale trasmissione al di fuori della mente” di certo non si può affermare l’esistenza di “Una spe­ciale trasmissione al di fuori delle scritture.”

Mahākāśyapa, erede nel Dharma del Buddha Śākyamuni e Maestro nell’insegnare il Dharma, trasmise l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e preservò la Via del Buddha. Chiunque ritenga che la Via del Buddha Śākyamuni non fu trasmessa in questo modo, ha una pre­concetta ed errata opinione di essa. Se anche un solo versetto è trasmesso, l’intero il Dharma è trasmesso. E se un solo ver­setto è correttamente tra­smesso, anche le montagne e i fiumi sono correttamente tra­smessi. Questo è un prin­ci­pio valido, in tutti i casi. L’Occhio e il Tesoro della Vera Legge e la suprema illumi­nazione di Śākyamuni, furono corretta­mente trasmessi solo a Mahākāśyapa ed a nessun al­tro. La corretta trasmissione passò sicu­ramente a Mahākāśyapa. Dunque, chi voglia studiare la veri­tà del Dharma del Buddha, nel passato e nel presente, e voglia stabilire quale sia il giusto insegna­mento dovrebbe studiare ed addestrarsi sotto i Buddha e i Patriarchi. Non dovrebbe rivol­gersi da nessun’altra parte.

Se non si possiedono i corretti parametri dei Bud­dha e dei Patriarchi, ciò significa che si è privi di qualsiasi cor­retto parametro. Chiunque voglia stabilire se un insegnamento è corretto o meno, do­vrebbe utilizzare i medesimi parametri dei Buddha e dei Patriarchi. Questi sono i veri maestri della ruota della Legge che dovremmo consultare. Solo i Buddha e i Patriarchi sono capaci di chiarire esi­stenza e non-esistenza, o vacuità e forma, e solo essi sono ca­paci di trasmetterli correttamente. Perciò, utiliz­zate sia i Buddha an­ti­chi, sia i Buddha attuali.

Una volta, un monaco chiese ad Haryō:[3] “Lo spirito dei Pa­triarchi e lo spirito dei sūtra sono identici o diversi?” Il Maestro ri­spose: “Quando un pollo ha freddo sale su un albero, quando un’anatra ha freddo scende in acqua.” È necessario che studiamo questa risposta e che cerchiamo quale sia l’interpretazione dei Patriarchi circa la Via del Buddha. Ciò che il monaco chiede, riguarda la differenza tra lo spirito dei Patriar­chi e quel­lo dei sūtra. La risposta di Haryō “Quando un pollo ha freddo sale su di un albero, quando un’anatra ha freddo scende in ac­qua” sembra indicare l’esistenza di una differenza; tuttavia questa diffe­renza non è la comune differenza inte­sa dalla maggior parte della gente. Ecco quindi perché dovrem­mo conoscere questa speciale diffe­renza, pur comprendendo che es­sa va al di là delle limitate con­ce­zioni di ugua­le e differente. Dunque, non dovremmo porre simili do­mande circa uguale o differente.

Una volta, un monaco chiese a Gensha:[4] “I tre vei­coli e i do­dici insegnamenti sono superflui? E poi, qual è il significato della ve­nuta del primo Pa­triarca da occidente?” Gensha rispose: “I tre vei­coli e i dodici insegnamenti sono del tutto super­flui.”

I tre veicoli e i dodici insegnamenti sono superflui? E poi, qual è il significato della venuta del primo Patriarca da occi­dente?” è una domanda basata sull’assunto che ognuno dei tre veicoli e dei dodici insegnamenti rappresenta un aspetto dell’Insegnamento del Buddha, mentre la ve­nuta del primo Patriarca da occidente avrebbe un distinto e più pro­fondo significato. Queste due cose non sono con­side­rate equiva­lenti. Dunque, come può il monaco sapere che le ot­tanta­quattromila porte del Dharma equivalgono alla venuta da occi­dente del primo Pa­triarca? Dobbiamo considerare tutto questo più da vicino.

Perché i tre veicoli e i dodici insegna­menti sono su­perflui? E qualora fossero necessari, quale principio vi sta dietro? Se i tre vei­coli e i dodici insegnamenti sono superflui, è ancora pos­sibile attuare una corretta investigazione sul signifi­cato della ve­nuta del primo Pa­triarca da occidente? La domanda del monaco non era maliziosa.

Gensha disse: “I tre veicoli e i dodici insegnamenti sono del tutto superflui.” Questa fra­se è la ruota della Legge. Quando questa ruota gi­ra troviamo l’Insegnamento del Buddha. Qui, il punto è che i tre veicoli e i do­dici insegna­menti sono la ruota della Legge dei Bud­dha e dei Patriarchi, e girano sia là dove i Buddha esi­stono sia là dove non esistono, sia prima della com­parsa dei Patriarchi sia dopo. C’è una grande virtù nel girare dei Buddha e dei Patriarchi. Quando si manifesta il significato della venuta del primo Patriarca, tutte le ruote del Dharma diventano superflue.

Del tutto superflui” non signi­fica inservibili o rotti. Questa ruota del Dharma gira solamente come ruota di ‘del tutto superflui’. Non affermate che i tre veicoli o i do­dici insegna­menti non esistono, cercate piuttosto l’opportunità di ‘del tutto su­per­flui’ che diventa così i tre veicoli e i dodici inse­gnamenti. Poiché i tre veicoli e i dodici in­segnamenti, non sono solo tre veicoli e dodici inse­gna­menti.[5] Dunque, i tre veicoli e i do­dici inse­gna­menti sono ‘del tutto superflui’. Tracciamo ora un profilo dei tre veicoli e dei dodici insegnamenti.



I tre veicoli sono:


Il veicolo degli śrāvaka.

Questo è il veicolo di co­loro che hanno conseguito la Via at­traverso le Quattro Asser­zioni Fondamentali, dette Nobili Verità. Que­ste sono: 1) Tutte le cose contengono sof­ferenza, 2) La causa della sof­fe­renza, 3) La distruzione della sof­ferenza, 4) Il Nobile Ottuplice Sen­tiero. Udire queste verità ci conduce ad attuarle nella prassi e tra­scen­dere nascita, vecchiaia, malattia e morte, culminando nel nirvāna. Nello studiare le Quattro Nobili Verità, la sofferenza e la causa della sofferenza appartengono al mondo, mentre la cessazione e il Nobile Ottuplice Sentiero di­ventano il principio primo. Questa è l’opinione degli studiosi dell’abhi­dharma.[6] Quando la prassi si basa sul Dharma del Buddha, le Quattro Nobili Verità sono trasmesse da Bud­dha a Buddha e contengono la pro­pria individuale condi­zione di risveglio. Nel loro insieme, queste Quattro Nobili Verità sono la forma della realtà e la natura del Buddha. Dato che an­che le Quattro Nobili Verità sono ‘del tutto super­flue’, non è dunque neces­sario utilizzare concetti come non-nato, non-crea­to, e simili.


Il veicolo dei pratyekabuddha.

È il veicolo di coloro che hanno raggiunto il nirvāna attraverso i dodici anelli della Catena della Originazione Interdipen­dente.[7] Essa è costituita da: igno­ranza, azione, coscienza, nome e for­ma, formazione dei sei organi, contatti, percezione, desi­de­rio, attac­camento, esistenza, nascita, vec­chiaia e morte. Lo studio di questa Catena della Originazione Interdipendente è basato sul rap­porto di causa ed effetto, nel passa­to, nel presente e nel futuro, e sulla di­stinzione tra osservatore e os­servato. Eppure, investigando con at­tenzione il rapporto tra causa ed effetto, sarà possibile ve­dere che sia il samsāra[8] sia la causalità sono ‘del tutto superflui’. Dobbiamo sa­pere che se l’ignoranza domina la mente, anche l’azione, la co­scienza, ecc. la domineranno. Se l’ignoranza è estirpata, an­che l’azione, la coscienza, ecc.. lo sono. Se l’ignoranza diventa nirvāna, al­lora, lo diventano anche l’azione, la coscienza, ecc.. Questo lo posiamo affermare quando la ruota della vita è distrutta. L’ignoranza è un aspetto di questa verità; lo stesso vale anche per gli altri anelli della catena. Dobbiamo sapere che la relazione tra igno­ranza, azione, ecc. è la stessa di: “Ho un’ascia e te la darò cosic­ché tu possa vivere tra le montagne” e “Stavo per partire e il mio Maestro gentilmente mi ha donato la sua ascia, che ho accettato con gratitudine.”[9] 


Il veicolo dei Bodhisattva.

È il veicolo di tutti co­loro che hanno conseguito la Via me­diante l’insegnamento, la prassi e il risveglio dei sei pāramitā,[10] ed è la realizzazione della suprema e perfetta illuminazione. Questa re­aliz­za­zione non è né intenzionale né non-intenzionale, non è esi­stente fin dall’ori­gine, non è recentemente o precedentemente conse­guita, non è né azione origi­naria né non-azione. Essa non è altro che la realizza­zione della perfetta e suprema illuminazione.

 

I sei pāramitā sono: il donare, i precetti, la pazienza, il vigore, la concentra­zione, la prajñā.

Questi sono la suprema e perfetta illuminazione, non con­cetti quali non-nato, o non-creato. Il dona­re non è necessaria­mente il primo dei pāramitā né la prajñā è l’ultimo. È detto nei sūtra: “Un Bodhisat­tva intel­ligente sa che la prajñā viene per prima e che il do­nare viene per ultimo, invece un Bodhisattva stu­pido pensa che prima venga il donare e poi la prajñā.” Comunque, anche il vigore o la con­centra­zione possono, parimenti, essere collocati al primo po­sto. Comples­sivamente i pāramitā hanno trentasei possibili permu­tazioni, interre­late e inscindibili.

Pāramitā significa “Passato su quell’altra sponda.” L’altra sponda non è origina­riamente caratterizzata da venire o andare. Pas­sato significa realizzato, verità senza errore. Non pensate che si giunga alla sponda opposta dopo aver agito la prassi. Sull’altra sponda troviamo la prassi: è per questo che arriviamo là. Quella prassi, senza dubbio, ha in sé il potere di essere realiz­zata da un capo all’altro del mondo intero della relatività.

 

I dodici insegnamenti:  

Sūtra (kaikyo): contengono gli insegnamenti del Thatāgata sugli aspetti rela­tivi e assoluti dei mondi oggettivo e soggettivo.

Geya (jūju): versi lunghi da quattro a nove parole, basati sui sū­tra.

Vyākarana (juki): contengono le predizioni della futura Bud­dhità da parte di tutti gli es­seri senzienti, compresi rondini e piccioni.

Gāthā (geju): versi sciolti di lode all’Insegnamento del Buddha.

Udāna (mumon jisetsu): sono spiegazioni non solleci­tate da do­mande dei disce­poli.

Nidana (innen): sono narrazioni storiche sulle conseguenze delle azioni malvagie e sui vari precetti e proibi­zioni.

Avadāna (hiyu): allegorie che descrivono il mondo.

Itivrttaka (honji): che contengono le vite passate dei Buddha.

Jātaka (honshō): relativi alle vite passate del Buddha Gautama Śākyamuni.

Vaipulya (hōkō): sono sūtra che trattano ampi argomenti.

Adbhuta-dharma (mizou): descrivono i miracolosi processi del mondo.

Upadeśa (ronji): sono discussioni dottrinali.

 

Questi dodici insegnamenti sono forme di istru­zione adatte a questo mondo, date per aiu­tare tutti gli esseri senzienti. Non è facile udire l’elencazione dei dodici insegnamenti. Possiamo sentir parlare di questa classificazione solo là dove il Dharma del Buddha è ben divulgato. Se il Dharma non è ben divulgato o è pressoché estinto, non è possibile udire simili insegnamenti. Solo co­loro che hanno visto il Buddha e che hanno alle spalle una lunga storia di buon karma, possono udi­re i dodici inse­gnamenti. Avendoli uditi una sola volta, presto seguirà il supremo e perfetto risveglio. Ognuno dei dodici può essere chiamato sūtra o classificato come insegnamento. Ognuno dei dodici contiene tutti gli altri; vi sono così centoquarantaquattro tipi di insegnamento. Poiché ogni insegnamento implica tut­ti gli altri, ciascuno può essere conside­rato completo in se stesso, ma questo non dipende dall’ampiezza o dalla quantità. Ciascuno di essi è l’illuminata intuizione, ossa e midollo, azioni quo­tidiane, luce infinita, orna­mento e terra di Buddha e Pa­triar­chi.

Quando vedete i dodici insegnamenti vedete i Bud­dha ed i Patriarchi, e quando afferrate la pura es­senza dei Buddha e dei Pa­triarchi siete in grado di com­prendere i dodici tipi di insegna­mento. Proprio per questo, dunque, sia il dialogo tra Seigen e Sekitō,[11] sia la frase di Nangaku: “Non posso spiegartelo a parole”,[12] non sono altro che i do­dici insegnamenti. Lo stesso è per l’espressione di Gensha: “Del tutto superflui.” La condizione è quella dei Buddha e dei Patriarchi: esistevano prima dell’esistenza. Proprio in quest’istante, com’è?  “Del tutto superflui” dovremmo dire.

Esiste poi un’altra classificazione, detta dei nove insegna­menti: sūtra, gāthā, itivrttaka, jātaka, adbhu­ta-dharma, ni­dāna, avadāna, geya e upadeśa. Queste nove sud­divisioni con­tem­plano nove possibilità di interscambio, per un to­tale di ottantuno di­vi­sioni. Ognuna di queste è completa in se stessa. Se anche una sola delle nove suddivi­sioni non possiede la virtù di po­ter essere ricon­dotta ad una suddivisione unica, non ci possono essere nove suddivi­sioni. Se ogni suddivisione possiede la virtù di es­sere ricondotta ad un’unica suddivisione, ognuna di esse è com­pleta. Dunque abbiamo ottantuno suddivi­sioni: questa suddivisione, la mia suddivisione, e ancora quella di uno scacciamosche, quella di un bastone e quella dell’Occhio e Tesoro della Vera Legge.

Il Buddha Śākyamuni disse: “Io ho proclamato le nove suddivisioni della Legge in rapporto alla capacità degli es­seri sen­zienti. Esse sono la base dell’ingresso nel Grande Vei­co­lo, perciò sono stati proclamati questi sūtra.”

Dobbiamo sapere che questo Io è il Tathā­gata.[13] Questo è il manifestarsi del Suo volto, corpo e mente originari.  Io è le nove suddivisioni del­la Legge, e viceversa. Anche que­sto versetto con­tiene le nove suddivisioni della Legge. Qui, il Buddha Śākyamuni pre­dica in rapporto alla capacità degli es­seri senzienti. Questo è il mo­tivo per cui si mani­festano vita, morte, e attività quotidiane di tutti gli esseri senzienti, ed è il motivo per cui questi sūtra furono pro­clamati. Tutti gli esseri sen­zienti sono trasformati ed entrano nella Via del Buddha. Per questo i sūtra furono proclamati.

Gli esseri senzienti corrispondono alle nove suddi­visioni della Legge proclamata da Śākyamuni. Corrispondono significa corrispondere ad altri, a se stessi, agli esseri senzienti, alla vita, a Io, a questi. Gli esseri senzienti sono senza dubbio Io, perciò sono ciascuna delle nove suddivisioni.

La base dell’ingresso nel Grande Veicolo” è illumi­nare, agire nella prassi, udire, e proclamare il Gran­de Veicolo. Non pos­siamo affermare che gli esseri senzienti conseguono natural­mente la Via; questa è solo una parte. Entrare è la base; base signi­fica cor­retto dalla testa alla coda. Il Buddha pro­cla­ma il Dharma, il Dharma proclama il Buddha. Il Dharma è pro­cla­mato dal Buddha, il Buddha è procla­mato dal Buddha. Il fuoco è proclamato dal Buddha e dal Dharma; Buddha e Dhar­ma proclamano il fuoco.

Il motivo della proclamazione è già pre­sente con questi sū­tra; è per questo che essi sono proclamati. È impos­sibile non pro­clamare que­sti sūtra e questo è il modo in cui essi sono pro­clamati. Proclamati significa l’Universo intero, e l’Uni­verso intero pro­clama. E questo Buddha e quel Buddha, en­trambi chiamano sūtra queste sud­di­visioni. Anche questo mondo e altri mondi pro­clamano quei sūtra.

Perciò “Questi sūtra sono stati procla­mati.” Quei sūtra sono l’Insegnamento del Buddha. Dobbiamo sa­pere che il vasto e il­limi­tato Insegnamento del Buddha non è separato da uno shippei[14] né da uno scac­ciamosche. La vastità dell’Insegnamento del Buddha è mani­festata in un bastone e in un pugno.

Dobbiamo sapere che i tre veicoli e i do­dici insegnamenti sono la visione illuminata dei Buddha e dei Patriarchi. Se dobbiamo ancora aprire gli occhi, in che modo possiamo es­sere chiamati di­scen­denti dei Buddha e dei Patriarchi? In che modo possiamo tra­smettere il vero Occhio dei Buddha e dei Patriarchi? Se non padro­neggiamo a fondo l’Occhio e il Tesoro della Vera Legge, non pos­siamo essere gli eredi nel Dharma dei sette Buddha.

 

 

Questo fu trasmesso ad una grande assemblea, nel Koshoji, il 14 novembre 1241, e fu di nuovo tra­smesso, nello stesso luogo, il 7 novembre 1242.



[1] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 60.

[2] Il Dhammapada riporta la divisione in kāma-loka (il mondo retto dal desiderio dei sensi), rūpa-loka (il mondo della forma sottile), ed ārūpa-loka (il mondo privo di forma).

[3] Il Maestro Haryō Kōkan (?), uno dei successori del Maestro Unmon Bun’en (864- 949). [Pa-ling Hao-chien]

[4] Il Maestro Gensha Shibi (835-907), un successore del Maestro Seppō Gison. Noto  anche come Sōitsu Daishi. [Hsüan-sha Shih-pei]

[5] Cioè, includono ogni cosa.

[6] L’Abhidharma, è il canestro dei commentari che assieme ai Sūtra (i discorsi), e al Vinaya (i precetti), forma il Tripitaka, i tre canestri dell’Insegnamento.

[7] Dal sanscrito Dvādaśānga-pratītya-samutpāda.

[8] Samsāra: l’erranza di esistenza in esistenza, il ciclo delle rinascite.

[9] Parole tratte da un colloquio tra il Maestro Seigen e il Maestro Sekitō.

[10] I pāramitā, o perfezionamenti sono sei: dāna, il libero donare; śīla, l'integrità morale, l'etica; ksānti, la pazienza; vīrya, il vigore; dhyāna, l'assorbimento (lett.: “Pensiero di riflessione”), la concentrazione; e prajñā, la saggezza trascendente. Il sanscrito pāramitā significa ciò che è arrivato alla sponda opposta, opera ben compiuta.

[11] Si riferisce ad una storia citata nel Keitoku-dentoroku, cap. 5, in cui il Maestro Seigen manifesta a Sekitō la condizione rilassata del samādhi, lasciando penzolare una gamba dal seggio di zazen.

[12] Parole del Maestro Nangaku Ejō al Maestro Daikan Enō. Si veda il cap. 57, Henzan.

[13] Lett. “Così arrivato”.

[14] Un piccolo scettro simbolico, di bambù.